Raccontare una vita agli analfabeti funzionali

 

analfabetismo funzionale

Ho aspettato un po’ a scrivere questo post, perché volevo ragionarci su.
Anzi, per dirla tutta avevo quasi deciso di non pubblicarlo nemmeno, perché le critiche e le polemiche mi hanno annoiato a morte, e cerco di evitarle il più possibile, quantomeno qui sul blog, anche se portano visite (e poi – mi chiedo io – cosa se ne faranno i blogger di tutte queste visite?).
Però alla fine ha prevalso la voglia di dire la mia, infatti eccomi qui.
Qualche giorno fa Germano ha scritto un articolo molto interessante, che parla di scelte di vita personali, del suo percorso come uomo e come autore, e di come occorrerebbe seguire la propria strada, e non quella che ci indicano gli altri.
Molti hanno apprezzato il post, ma altri lo hanno interpretato in modo… bah… stupido.

C’è per esempio chi ha considerato le parole di Germano come una fuga dalle presunte responsabilità della vita.
Altri hanno detto che si tratta di una specie di ribellione di maniera, di un modo di fare i poser alternativi.
Qualcuno ha commentato che invece è bello sposarsi, avere due figli, fare un lavoro “normale”. Come se Germano si fosse preso la briga di insultare questa macrocategoria di persone

Questi commenti mi hanno confermato che l’analfabetismo funzionale è più diffuso che mai.
La gente (anzi, la gggente) interpreta ciò che legge secondo dei preconcetti, oppure, più semplicemente, non interpreta proprio, bensì procede a tentoni, ragionando di pancia.
Non è un caso che oramai gli articoli di molti media vengano condivisi semplicemente in base al titolo e all’anteprima.

Ciò che scrive Germano è del tutto personale. Ovvero ci ha raccontato la sua storia, senza pretendere che essa di giusta e le altre sbagliate.
Io, per esempio, mi ci ritrovo molto, avendo fatto un percorso per alcuni versi simile.
Il “vecchio del futuro”, a cui fa riferimento il titolo, è una figura molto diffusa anche a queste latitudini. È l’esistenza che cercano di ricamarti addosso i parenti, probabilmente pensando di fare il tuo bene.
Peccato che io sia da sempre perplesso dalla prospettiva di sistemarsi con moglie e figli, di trovare un lavoretto sicuro (perché, ne esistono ancora?), di acquistare una casa di proprietà, di andare ad agosto al mare e a Natale a pranzo coi parenti.
Infatti ho sempre cercato percorsi alternativi, che magari un domani mi chiederanno un pedaggio salato ma che, per il momento, mi stanno facendo invecchiare in modo abbastanza gagliardo. Sì, me lo dico da solo.
Non invidio gli amici “sistemati”, ma se loro sono felici evidentemente il problema non si pone nemmeno.
Si tratta di scelte, non di verità dogmatiche.
Il mondo è grande, c’è spazio per tutti.

Il commento più idiota, tra i tanti ricevuti su Facebook (parlo sempre del post su Book and Negative) diceva qualcosa del tipo “se uno è convinto delle sue scelte non scrive un lungo panegirico per giustificarle“.
Mi piacerebbe sapere quando esprimere un’opinione è diventato il sinonimo di “giustificare”.
Quindi a che serve bloggare? Anzi, a che serve scrivere?
Dovremmo limitarci a pubblicare articoli finto gggiovani, con le dot-list tipo Oltreuomo? “Dieci motivi per uscire con una donna con le ascelle pelose“, o altre robe del genere?
Certo, sono i post ideali per chi è felice di essere un ottuso analfabeta funzionale.
Peccato che alcune persone preferiscano ancora fare discorsi un tantino più complessi, partendo sempre dalla base che se io – per dire – scrivo che mi piace mangiare carne non sto automaticamente insultando i vegani.
Ma, a quanto pare, per qualcuno oramai il mondo funziona così.

zerocalcare


(A.G. – Follow me on Twitter)

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12 commenti

  1. Il fatto, scomodo, in un paese ipocrita come il nostro è che la verità fa male e quando questa mette in dubbio la resistenza del guscio d’uovo nel quale troppi si rintanano, scatta la reazione. Reazione naturalmente non supportata da ragionamento

    1. Esatto: ci si rintana in situazioni che hanno solo il sapore della normalità (sempre ammesso che la normalità sia necessariamente una cosa positiva).

  2. Forse, come diceva un commentatore da me, oggi tutto è ridotto a tifo e fazioni opposte.
    Un modo molto sciocco di intendere la vita, che sottrae fascino alla discussione. Che non è litigio, ma confronto. Ma certe sfumature si sono perse con la morte di certi grandi personaggi della politica e non.
    Ma non voglio divagare. Volevo aggiungere che non ho niente contro le tappe fondamentali dell’esistenza, matrimonio, figli, lavoro. Cioò che contesto, e credo che lo farò sempre, è il conformismo, quello che fa di questo sistema di vita l’unico sistema possibile, e fa di chi non lo segue passivamente un emarginato sociale.
    Tutto il resto sono chiacchiere da tifosi. Non mi interessano.

    1. Certo che tutto è ridotto a fazioni… La situazione è talmente compromessa che sempre più spesso cado anch’io in questo giochetto.
      Solo che me ne accorgo e comincio a stufarmi.
      Anche perché la quotidianità è già stressante di suo, non posso passare ore a litigare con imbecilli che non interpretano quel che leggono.

  3. Ho letto quel post quando è uscito, e non mi ha dato per nulla fastidio: mi è piaciuto molto, al contrario. Forse è andata così perché anche io sono sempre stato anticonformista, e quello che gli altri volevano per me mi hanno sempre dato fastidio. Forse – e dico sempre forse, è una pura ipotesi senza prove – quel post ha irritato i più conformisti, che si sono sentiti criticati.

    Anche così, comunque, sono perfettamente d’accordo con il tuo post. Il post di Book and Negative non era critico verso nessuno, era semplicemente una riflessione personale. E anche se così non fosse, internet è pieno di polemiche, con toni ben più aggressivi. “Vivi e lascia vivere” non andrebbe bene?

  4. E come effetto secondario si finirà per parlare lingue diverse senza capirsi, con la cosiddetta gente da una parte e i blogger & affini dall’altra.
    Ma forse sta già accadendo.
    E’ la mia impressione o nei blog la maggioranza dei commentatori sono altri blogger?

    1. Sono tutti blogger.
      Così come tutti sono diventati scrittori, estinguendo i lettori. Scrittori che non si leggono tra loro per non favorire “la concorrenza”.
      Una babele di egoriferiti.

    2. Chi sostiene che i blog siano in via d’estinzione ha ragione.
      Non tanto nel numero di lettori, che almeno da queste parti è sempre ottimo, bensì come commenti.
      Del resto esiste Facebook, immediato e veloce. Perché guardare altrove?

  5. Per me, l’unico anticonformista è quello che fa quello che gli gira e ci riesce. Ci sono persone che falliscono come single, ce ne sono altre che falliscono come membro di una famiglia e come genitori. E falliscono come lavoratori autonomi, come c’è chi fallisce come dipendente.
    Se prendi una via e ti riesce meglio degli altri, sei fuori norma, quindi anticonformista.

  6. Non so se sono anticonformista…. io non sono una blogger, ma leggo e commento, anche se non spesso…solo quando mi pare di aver qualcosa da dire. Zitella, per scelta (e meno male)… ho cercato di fare quel che poteveo, al meglio, volta per volta, e non sempre ci sono riuscita, ma mi pare normale… e credo, spero, di rispettare sempre chi scrive, e ancor di più chi scrive di sè… Scusate. Buona giornata! mf

  7. Qualche settimana fa scrissi sul mio blog un articolo a proposito del pubblico che, quando legge un articolo, in particolare se è convinto di avere qualcosa da dire in merito (sottintendo intelligente perché credo sia la convinzione basilare di ogni persona al mondo che apra la bocca), più che a leggere quello che c’è scritto leggono ciò che vorrebbero ci fosse scritto, in modo da poterlo correggere. La prova è stata semplice: avevo scritto un articoletto veloce, di impressioni personali, e a distanza di tempo l’ho ripreso commentandolo passo passo, spiegando i nodi interpretativi – nel senso, le parti che su FB i lettori avevano interpretato a caso VS quello che effettivamente c’era scritto XD #mammamialaggente

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