Zona Uno
di Colson Whitehead
Einaudi Editore
320 pagine, 18 euro (paperback) oppure 9.99 euro (ebook)
Sinossi
Una pandemia ha devastato la Terra, lasciando gli esseri umani divisi in due categorie: i vivi e i morti viventi. Guidati da un governo provvisorio stabilitosi a Buffalo, gli americani cercano di restaurare la civiltà. Il loro primo obiettivo è spazzare via da Manhattan le ultime sacche di resistenza, rappresentate da soggetti infetti che non si sono trasformati in zombie ma si trovano in uno stato semicatatonico. Mark Spitz fa parte di una delle squadre di civili che lavorano nella zona sud dell’isola. È un personaggio tortuoso, fosco, confuso. Il suo mondo, il mondo in cui si muove, è un inferno di ludica violenza dove le tracce della follia umana e i danni di un capitalismo aggressivo coesistono con il disperato desiderio di ritrovare la propria umanità. In Zona Uno Colson Whitehead prende il genere horror, ne distrugge gli schemi e ci restituisce un affresco allucinato e preciso di New York. Una celebrazione della modernità e insieme una veglia anticipata per la sua fine.
Commento
Cercherò di essere breve.
Quando un genere letterario solitamente considerato “spazzatura” inizia a vendere sorprendentemente bene, i grandi editori cercano subito di guadagnarci.
Giusto così: è il loro lavoro.
Sono le strategie a essere sbagliate. Non sempre, ma spesso sì.
Tra gli errori che più infastidiscono i veri appassionati c’è quello di voler nobilitare il genere in questione, affidandolo a un autore dotato di opportuno pedigree, che cercherà di sfruttare l’occasione per trattare i suoi consueti temi, banalizzando il resto.
Zona Uno è un romanzo di questo tipo. Il suo autore, Colson Whitehead, è senz’altro uno che sa scrivere piuttosto bene. Viene considerato una grande promessa della narrativa americana. Ci sarà un motivo, no?
In questo caso gli hanno chiesto di scrivere un romanzo sulla zombie apocalypse. Fico, va di moda! Ed eccolo qua. Trecento e passa pagine ben scritte, ma dominate da una profonda, radicata, irritante noia.
Esatto: Zona Uno è un romanzo noioso. Dall’inizio alla fine, tranne qualche apprezzato passaggio. Succede poco, succede male. Manca il pathos, mancano i momenti topici di un buon libro sugli zombie.
Whitehead approfitta della scusa della fine del mondo – che poi qui è un nuovo inizio, sulla falsariga di World War Z, per lanciarsi in un’analisi metaforica dell’uomo, di New York, dell’americano medio, del mondo moderno, e di tante altre cose.
Come ho già detto, il libro è scritto bene, ma non avvince. Non ha anima, non ha personaggi in grado di conquistare il lettore generalista, né validi argomenti per far presa sull’appassionato di horror e/o di fantascienza catastrofica.
Se dovessi utilizzare una sola frase per descriverlo direi che Zona Uno è un romanzo in buona parte inutile.
E ora, cari editori, lasciate spazio a chi queste cose le sa scrivere. In particolare consiglierei alle case editrici italiane, se proprio voglio pubblicare romanzi sugli zombie, di comprare i diritti dei romanzi di gente come Brian Keene, Max Brooks, Johnathan Maberry e David Moody.
Come dicono a Milano: Offelee, fa el tò mestee*
Fine della recensione.

* Pasticciere, fai il tuo mestiere.
– – –
(A.G. – Follow me on Twitter)
Segui la pagina Facebook di Plutonia Experiment
Alex, mi hai appena venduto il romanzo in originale, e ti spiego perché…
No, non solo perché la versione Kindle originale costa tre euro in meno.
La parte sulla “ludica violenza” e sulla “celebrazione della modernità” mi ha lasciato un po’ perplesso, e sono andato a leggere la quarta di copertina dell’edizione originale, ed è stato… interessante.
Perché la quarta originale parte esattamente identica, ma dove Einaudi deraglia sulla ludica violenza c’è solo un accenno più definito della trama.
E la chiusura…
“At once a chilling horror story and a literary novel by a contemporary master, Zone One is a dazzling portrait of modern civilization in all its wretched, shambling glory.”
… non cita veglie o quant’altro, ed anzi ha un significato opposto a quello della chiusura italiana.
Einaudi ci sta chiaramente vendendo un libro diverso, per un pubblico diverso.
Sarebbe bello ora dare un’occhiata all’originale… che è ciò che credo farò appena possibile.
Io ho l’originale in formato Kindle, ma non ho avuto il tempo materiale di leggerlo. Quando è uscita questa versione italiana, l’ho trovata quasi subito a pochi euro nell’usato (per “quasi subito” intendo dire tre giorni dopo l’uscita ufficiale per Einaudi!).
Di ludica violenza però non c’è traccia, forse giusto qualche accenno, comunque sottolineato in chiave negativa.
Sarebbe in effetti interessante leggere anche la versione inglese e ragionarci su.
Di questo autore mi è capitato di leggere “L’intuizionista” . Purtroppo devo dire che il giudizio di “noioso” e ” poco avvincente” li ho trovati molto calzanti. Buona scrittura ma …poca emozione.
Poi arriveranno i Lupi Mannari e tu hai già pronto il prodotto :))
Meno male! Oggi ero indecisa tra questo e Yellow Birds di Kevin Powers (sempre Einaudi), ma alla fine mi sono decisa per quest’ultimo! Mi sa che ho fatto bene!!!