Nonostante tutto, lo strumento principe per comunicare col pubblico – anche quando questo non esiste ancora – è il blog.
Non è una contraddizione con quanto ho detto in precedenza.
È vero: i blog hanno perso mordente. Le discussioni si svolgono soprattutto su Facebook e su Twitter. Pochi commentano gli articoli su piattaforme come WordPress e Blogger. Eppure io vi consiglio di avere sempre un blog su cui parlare dei vostri lavori, della vostra scrittura.
Molti autori tendono oramai a spostare ogni attività proprio sui social network, oppure su una mailing list. Nulla però vieta di fare queste cose, tutte valide, e al contempo gestire un blog.
Un blog personale offre la più completa libertà di espressione, ma anche una vetrina per le vostre pubblicazioni.
Questo è quanto affermo nel manuale Come pubblicare su Amazon e sopravvivere agli Stronzi (disponibile, a differenza dei miei ebook più recenti, anche per gli abbonati a Kindle Unlimited).
Tuttavia noto una sempre maggiore disaffezione per lo strumento del blog per creativi/artisti.
Cosa c’è dietro questa crisi?
In pratica l’ho appena detto: il blog per autori, grafici, esperti di cinema e di fumetti, è messo in seria difficoltà dai social network.
I lettori preferiscono dei pareri espressi con poche parole, in maniera diretta e facilmente raggiungibile (Facebook, Twitter, Instagram e altri social sono sempre a portata di mano, grazie agli smartphone).
Anche per avere news relative ai loro “artisti” di riferimento si rivolgono quasi esclusivamente ai social media. Non è un caso che attori, registi, cantanti (etc etc) comunichino oramai da anni prevalentemente tramite Twitter, e non sui blog. Oramai anche gli scrittori sono parte di questo processo.
Al contrario, funzionano bene quei blog che offrono “lezioni” (blog di cucina, blog di fitness, blog di trekking o di viaggi) oppure quelli che esprimono opinioni politiche non allineate ai grandi media nazionali. Evidentemente si tratta di contesti molto diversi da quelli creativi che, come ho scritto poc’anzi, sono definitvamente incanalati su uno standard comunicativo fatto di messaggi diretti tra l’artista e il pubblico.
Messaggi che tra l’altro devono essere brevi ed esprimere pareri personali.
Tutte cose che il blog, nella sua concezione standard, tende a dilatare.
Un blog offre approfondimenti e dissertazioni (per esempio). Ma quanti navigatori hanno il tempo e la voglia di leggere articoli lunghi?
Pochi giorni fa, parlando di questa questione con dei colleghi, mi è stato fatto notare che il vecchio modello di blog, che offre per esempio recensioni di libri o film, è obsoleto e farraginoso.
È preferibile – così si dice – commentare un libro appena letto tramite un post di Facebook, o con le immancabili stelline su Amazon.
Idem per gli articoli che dissertano del making of di un racconto appena scritto. Molto meglio (così si dice, mi ripeto) postare una foto su Pinterest o un tweet con, che ne so, un’immagine o una foto che si riferisce al racconto medesimo.
Ma quindi dobbiamo abbandonare i blog? Non vale più la pena gestirli, migliorarli, aggiornarli?
Vedendo il numero crescente di blog abbandonati a se stessi viene da pensare che la risposta è sì.
Invece io confermo quanto ho scritto nel mio manuale, e pongo il blog sul podio degli strumenti più utili per uno scrittore (e per artisti affini).
Certo, occorre cambiare l’approccio al blogging.
Qualche consiglio rapido (magari un domani amplieremo il discorso):
- Non sentitevi in obbligo di aggiornare tutti i giorni, magari con articoli riempitivi, ma di scarso impatto/interesse. Meglio pubblicare solo quando avete qualcosa in grado di incuriosire il vostro pubblico. Articoletti quali “i post del mio blog più cliccati nel mese di dicembre” – per esempio – sono inutili e noiosi.
- Parlate del vostro lavoro, di cosa state scrivendo (o illustrando, etc etc), ma non perdetevi in lunghissimi articoli autoreferenziali. Imparate a essere brevi e a catturare l’attenzione dei lettori. Fate uso di immagini, sondaggi, preview.
- Il concetto secondo cui “i contenuti sono i re del blog” è ancora valido, tuttavia suggerirei di non abbondare con articoli di approfondimento e/o informativi. Pubblicatene uno ogni tanto (una volta alla settimana?) e fate in modo che raggiunga quanti più lettori possibile, attraverso i social. In altre parole: valorizzate i vostri post più “corposi”, senza accavallarli uno sull’altro.
- Usate dei post brevi, in “stile social network”, ma solo quando avete qualcosa di interessante da condividere, che possa attirare lettori sul vostro blog. Nessuno vi vieta di pubblicare articoli del genere, invece che postarli su Facebook e Twitter. Alternate l’utilizzo di tutti i vostri canali di comunicazione. Ricordate soltanto che gli articoli sui blog sono più persistenti rispetto a quelli dei media, quindi non utilizzate il vostro blog per condividere cose minime, che andrebbero meglio su media più frivoli, come Instagram o Facebook.
Il blog può infine essere utilizzato a mo’ di mailing list, o in concomitanza con la medesima.
Oppure, come faccio io, integrate il blog, i social e un canale Telegram, che in Italia pare funzionare leggermente meglio rispetto alle poco amate mailing list “libresche”. Il mio canale, Plutonia Telegram, lo trovate qui.
(Articolo di Alex Girola – Seguimi su Twitter)
Io in questi giorni ho sviluppato un’ipotesi radicalmente differente dalla tua, sul motivo di fondo della “decadenza dei blog”. Magari ci farò un post. Diciamo che a mio parere il vero problema non è solo nei contenuti offerti, o nella forma/formato degli stessi, ma nella motivazione degli utenti e nella natura della blogsfera, o di quel settore di blogsfera al quale il blog in esame fa riferimento.
Per fare un esempio altamente ipotetico, al limite della fantascienza: un blog sulla narrativa di genere esiste in un settore di blogsfera in cui o si fanno marchette e si è tutti amiconi, o si scompare, e viene letto da persone che vogliono un tornaconto di qualche genere (un calcio in culo dall’autore, o carpirne “i segreti”). Se il blogger non provvede a soddisfare queste aspettative, perde lettori, perde condivisioni e commenti, e il suo blog scompare.
Ma come dicevo, magari ci farò un post.
Quindi, se ho capito bene, un settore composto al 90% da leccaculo, non offre sufficienti motivazioni per bloggare e leggere blog.
Sì, potrebbe essere una delle motivazioni.
Io per esempio aspetto sempre con ansia la tua email che mi annuncia un nuovo articolo sul blog.
Siccome amo come scrivi spero sempre che sia lungo.
Commento poco perché come detto altre volte, ad ognuno il proprio mestiere il mio è quello di lettore 😉
Non sapevo avessi un canale Telegram, mi sono felicemente unita! 🙂
La decadenza del blog dipende da molti fattori, ed in realtà i principali sono più o meno quelli che hai elencato tu: i social network dano più immediatezza al lettore, che ora preferisce leggere 20 parole in croce, magari anche sgrammaticate, e farsi un’idea su quello. Abbiamo l’esempio con le testate online: sempre più spesso pubblicano articoli con un titolo sensazionalistico che però non rispecchia il contenuto (la pratica del discusso clickbaiting) ed i lettori che prima di condividere LEGGONO quanto scritto sono molto pochi.
C’è anche il fatto che… l’ambiente è ormai “saturo”. Ho visto blog stupendi con poche condivisioni e ancor meno commenti e diari virtuali in cui non si fa altro se non condividere copia&incolla da aforismi.net che, a detta dei leccafondoschiena che vi capitano sopra, dovrebbero vincere il Nobel per la Letteratura.
Scovare qualcosa di “valido” è parecchio difficile, ma non impossibile.