Un maestro: Jean-Christophe Grangé (dossier)

Partiamo da una premessa rozza e di cui magari mi pentirò: i francesi mi stanno antipatici. Molto. A pelle, senza bisogno di un particolare perché.
Detto ciò reputo Jean-Christophe Grangé, nato a Parigi nel 1961, uno dei tre migliori thrilleristi viventi d’Europa (e forse del mondo). Lo stimo molto e lo reputo un maestro di scrittura.
Bizzarro come in questa nostra editoria isterica, in cui i libri sono considerati come soprammobili o figurine, molti mediocri autori scandinavi stiano facendo faville, forse più che in madrepatria. Non ho nulla contro di loro ma, se il mondo fosse un posto giusto, uno come Grangé dovrebbe vendere almeno un miliardo di copie.
Non che qui da noi vada male. I suoi libri sono sempre stati pubblicati da editori importanti, complici anche le non poche trasposizioni cinematografiche di alcuni romanzi (I fiumi di Porpora, L’Impero dei Lupi, Il concilio di pietra).
Tuttavia ha ricevuto meno attenzioni di altri autori obiettivamente più acerbi.
Vediamo di rimediare a questo torto.

Grangé nasce agente di stampa, per poi diventare giornalista e reporter. Dopo aver collaborato con Paris Match e National Geographic diventa un freelance, viaggiando moltissimo. Sarà proprio questo suo “nomadismo” ad aiutarlo in seguito nella scrittura. Non a caso i suoi romanzi più riusciti toccano diversi paesi esotici, pur avendo (solitamente) una trama franco-centrica.

Il suo romanzo d’esordio è Il volo delle cicogne (1994), in cui già si notano i cardini di quella che sarà la sua produzione:

  • Ambientazioni a metà tra l’esotico e l’urbano, con un mix dei due fattori.
  • Introspezione psicologica dei personaggi, senza mai perdere il ritmo della narrazione.
  • Thriller fortemente “inquinato” di venature horror, a volte anche paranormali.
  • Richiami a misteri storico/contemporanei.
  • Ricercatezza del dettaglio.
  • Richiami (seppur non invasivi) al noir e, di tanto in tanto, all’hard boiled.

Il volo delle cicogne tocca l’Africa, Israele, quindi la Bulgaria, per concludersi in un’India da incubo, ben lontana da quella di certi depliant turistici.

Già con secondo libro, I fiumi di Porpora, Grangé fa il botto. E’ il 1998 e il thriller europeo cerca nuove suggestioni. Il nostro buon ex reporter saprà dargliele, scrivendo una storia oscura e suggestiva.

Vicino a Grenoble viene rinvenuto un cadavere orrendamente mutilato. Nella vicina regione del Lot viene profanata la tomba di un bambino di dieci anni scomparso in circostanze misteriose. I due casi si intrecciano, e così i destini dei due poliziotti incaricati delle indagini, tra false piste, macabre scoperte, gelosie professionali e vendette familiari, fino all’orrore che ha dato inizio alla carneficina: un delirio scientifico che aveva condotto a un folle e crudele esperimento genetico.

Nel 2000 esce l’adattamento cinematografico, con Vincent Cassel come protagonista. Diventa subito campione d’incassi, consacrando Grangé come autore (giustamente) ambito dai registi in cerca di buone storie.

Sempre nel 2000 l’autore pubblica Il concilio di Pietra, una storia che unisce strani esperimenti medici, polimorfismo e animismo a una trama incalzante, che nel 2006 diventerà poi un film (L’Eletto) con Monica Bellucci come protagonista.
Siamo lontani dal miglior Grangé, anche se il romanzo è godibilissimo e per certi versi sorprendente, ricco di spunti che non esito a definire originali.

Tre anni dopo è il turno de L’impero dei Lupi, a sua volta trasformato in film. Intreggio tra spionaggio, terrorismo turco ed esperimenti di lavaggio del cervello, con solidi personaggi che non disdegnano caratterizzazione noir.
Ma il bello in realtà deve ancora venire. Dopo La linea nera, romanzo che mi ha convinto di meno e che si può forse trascurare, ecco una doppietta di titoli memorabili: Il Giuramento (2007) Miserere (2008).
Il primo è probabilmente il miglior romanzo di Grangé, nonché uno dei thriller più appassionanti che ho avuto la fortuna di leggere negli ultimi anni.

Parigi. Nessun segno di colluttazione, blocchi di cemento legati in vita con il filo di ferro, la medaglia di san Michele stretta nella mano, come per proteggersi, e poi un tuffo nel fiume. Sembrano non esserci dubbi: il poliziotto Lue Soubeyras ha cercato di uccidersi ed è solo un miracolo se adesso giace in coma in un letto d’ospedale. Ma il comandante della Squadra Criminale Mathieu Durey, migliore amico di Lue dai tempi della scuola, non crede all’ipotesi del suicidio. Conosce Soubeyras meglio di chiunque altro, e sa che, da fervente cattolico qual è, non avrebbe mai potuto compiere un gesto così contrario alla sua religione.

Sinossi che dice poco, perciò vi rimando alla mia vecchia recensione, di cui ribadisco ancora oggi l’entusiasmo. Thriller con un retrogusto “esoterico”, con descrizioni e passaggi evocativi, in particolare tutta la parte ambientata in una Sicilia crepuscolare, con l’Etna che brontola e borbotta. Quasi un affresco dantesco.

Miserere (recensito qui) sposta l’attenzione altrove, ossia sui segreti e sui crimini perpetrati durante la dittatura cilena di Pinochet.

Parigi, chiesa armena di Saint-Jean-Baptiste. Nell’aria riecheggiano ancora le terrificanti grida dell’esule cileno Wilhelm Goetz, organista e direttore del coro di voci bianche, appassionato cultore del Miserere di Gregorio Allegri. Il corpo dell’uomo giace ormai inerte in una pozza di sangue, riverso sull’organo, i timpani perforati con indicibile violenza. Accanto al cadavere, le impronte di un bambino. Lionel Kasdan, parrocchiano di quella chiesa e poliziotto in pensione, segugio d’altri tempi, testardo quanto acuto, è il primo ad accorrere sulla scena del delitto, Un delitto apparentemente inspiegabile, considerata la reputazione di Goetz, un uomo tranquillo e riservato, dedito solo alla musica con una passione quasi maniacale. Ma dietro quell’immagine immacolata ben presto Kasdan, insieme a Cédric Volokine, poliziotto della Squadra protezione minori, capisce che c’è ben altro, Ci sono rapporti ambigui e oscuri che Goetz instaurava con gli allievi del coro, ma non solo. Ci sono anche verità inconfessabili, ferite insanabili risalenti agli anni della dittatura in Cile. E mentre prosegue l’indagine, gli interrogativi si rincorrono: Goetz era veramente un testimone contro i torturatori del regime di Pinochet o un attivo collaboratore dei fascisti? Le risposte vanno trovate, e in fretta, Perché i delitti si susseguono, uno dopo l’altro, tutti orchestrati secondo le stesse modalità.

Gli elementi tipici dei lavori precedenti non mancano, cambiano il contesto e il contorno. Ancora una volta Grangé è ottimo nel pescare in argomenti poco esplorati dalla narrativa di genere. Tornano anche i richiami alla fringe science e all’horror, anche se in modo assai meno mistico rispetto al romanzo precedente, Il Giuramento.
Mi manca la lettura de L’istinto del sangue (2009); mancanza a cui rimedierò presto, visto che nel 2012 è prevista l’uscita di Amnesia, il suo ultimo lavoro.  Grangé si rivela dunque piuttosto metodico in fase produttiva, tenendo il buon ritmo medio di un romanzo pubblicato ogni due anni, il che evita di farlo diventare uno di quegli autori bravi ma troppo prolifici, che spremono il limone della creatività fino a consumarlo del tutto. Per capirci meglio: non è Cussler o Rollins, ma è talentuoso almeno quanto loro.
Varrà ancora la pena seguirlo anche in futuro? Sono pronto a scommettere di sì.

Bibliografia

  • 1994 – Il volo delle cicogne (Le vol des cicognes)
  • 1998 – I fiumi di porpora (Les rivières pourpres)
  • 2000 – Il concilio di pietra (Le concile de pierre)
  • 2003 – L’impero dei lupi (romanzo) (L’Empire des loups)
  • 2004 – La linea nera (Le ligne noire)
  • 2007 – Il giuramento (Le serment des limbes)
  • 2008 – Miserere (Miserere)
  • 2009 – L’istinto del sangue (La Foret Des Manes)
  • 2012 – Amnesia (Le Passager)

Sito ufficiale: http://www.jc-grange.com/

23 commenti

  1. Rollins e Cussler ormai sono dei marchi di fabbrica, come prima di loro Clancy. Ci mettono il nome e qualche idea lasciando il resto del lavoro a qualche ghost writer o a un collaboratore scritto a corpo 8 nella copertina. Per l’idea che mi sono fatto Grangè è tuttora un autore al 100%. Il livello medio dei suoi lavori è impressionante, riesce anche a risaltare con traduzioni non eccezionali.

    1. Rollins nei primi anni era un grande. “Amazzonia” e “Artico” sono dei romanzi a loro modo memorabili. Poi si è “clancyzzato” e ora mi risulta quasi illegibile.
      Grangé è – per ora – sfuggito a questo meccanismo (forse perché non è uno yankee?).
      Speriamo che si salvi perché ha ancora ottime idee e quel ripudio dei personaggi seriali che io trovo ottimo.

  2. Bravo!
    Ottimo autore, che riesce ad essere “di cassetta” e “di qualità” allo stesso tempo.
    L’ho frequentato poco, anche perché io il thriller in generale lo frequento poco.
    Ma credo dovrò recuperarlo – magari con l’estate.
    Forse mi aveva un po’ raffreddato il pompaggio mediatico al tempo dei primi due o tre romanzi – poi erano arrivati i vichinghi, e Grangé era scomparso.

    Antipatie personali a parte (Catherine Deneuve, Isabelle Adjani, Sophie Marceau… ti dirò, a me non è che siano poi così antipatici, alla lunga), i francesi stanno facendo un ottimo spettacolo – buoni autori di gialli e thriller, un paio di fantasisti di prima classe, persino nel cinema si sono creati una loro nicchia fracassona e sciocca che però ci sta.
    Ci sarebbe solo da imparare.

    1. Dietro alle antipatie apparentemente non motivate si nasconde sempre un po’ di invidia… no?
      Gli italiani odiano francesi e tedeschi che, fatte le dovute distinzioni, hanno un amor patrio che noi ci scordiamo. E per “amor patrio” non intendo tifare al Sei Nazioni o ai mondiali, ma anche tutelare la creatività e la cultura, e qui ci riallacciamo al discorso dei thrilleristi transalpini, davvero molto in gamba.
      E non parliamo della produzione fumettistica francese, magari meno buona di quella americana (o almeno, io la reputo tale), ma a livelli di maturità che noi ci sogniamo.

  3. Di lui ho letto solo L’ Impero dei Lupi, e devo dire che mi ha catturato dalla prima all’ ultima pagina, anche se non frequento moltissimo neanche io i thriller letterari. Dovrò recuperare altro, se tu ne parli così bene 😉
    Sui francesi…io credo che, sempre al di là delle simpatie e delle antipatie, negli ultimi anni sono stati in grado di costruire un cinema di genere tutto loro e nell’ horror hanno fatto cose enormi. Sì, sono un po’ invidiosa, in effetti 😀

    1. Il thriller è venuto a noi anche a me 🙂 Per non parlare dei Gialli.
      Grangé mi piace perché ci butta dentro sempre qualche suggestione horror e paranormale, pur senza mai calcare troppo la mano.
      Magari Il giuramento potrebbe piacerti!

  4. Girola, lei ci prosciuga il portafoglio con tutte queste robe buone! XD
    Non sapevo che I fiumi di porpora fosse tratto da un romanzo. Sarà pure che l’ho visto appena uscì, quindi non ci feci caso. E a parte il finale, mi piacque molto.
    Il Giuramento non sembra affatto malaccio, a giudicare dall’altra recensione. 😀

    1. Grangé è assolutamente da conoscere.
      I titoli migliori sono quelli che cito nel dossier, Il Giuramento su tutti. Anche Miserere, per te che ami la storia contemporanea.
      Tra l’altro oramai si trovano tutti i economica, forse anche in ebook!

  5. Ottimo suggerimento, visto il mio nuovo interesse per il trhiller. Non conoscevo l’autore e i titoli li ho sempre abbinati a film e non a libri. Un autore che sicuramente devo andare a scovare!

    1. Sicuramente Grangé propone personaggi molto lontani dai classici commissari all’italiana – bolsi, esistenzialisti, a volte involontariamente comici.
      La sua scrittura tende più ad atmosfere noir e hard boiled. A mio parere è davvero bravo.

      1. Ho appena acquistato “Il Giuramento” in edizione SuperPocket. Penso di iniziarlo fra qualche giorno, appena finito quello che ho sul comodino. Ti dirò qualcosa.

  6. Ecco io di Grangè non ho ancora mai letto niente. Tu da che titolo suggeriresti di cominciare?
    Io coi Francesi ho un rapporto odio-amore, cioè ho lontanissime origini francesi, ho dei buoni amici a Parigi e a Marsiglia, però alcune loro caratteristiche come la spocchia di una parte di quel popolo, e quel leggerissimo atteggiamento di superiorità che portano sempre ovunque fanno spesso evaporare la mia stima.
    Detto questo, però riconosco che stanno compiendo cose egregie per tutelare la loro cultura anche non mainstream. Parlo naturalmente anche io del loro cinema, ambiente letterario e fumettistico.
    Ciao.

    1. Inizia senz’altro da Il giuramento, che forse è il suo libro migliore. Oppure da I fiumi di porpora, che nell’usato riesci a portare a casa a uno o due euro.
      Penso che dovrebbe piacerti, anche per i vari richiami horror/soprannaturali o protoscientifici che inserisce in molti suoi romanzi…

  7. condivido che linea nera sia il meno valido, comunque le idee più innovative all’inizio, come spesso succede..Miserere non male , ottimo il giuramento.

  8. sai , pensavo che una delle sue caratteristiche è non utilizzare mai gli stessi protagonisti/personaggi più di una volta..singolare in effettiE credo tutto a suo merito..

  9. Eccetto il primo, “Il volo delle cicogne”, che però ho recuperato e leggerò presto e “Il giuramento ” di cui forse erroneamente mi ero fatto l’idea che fosse incentrato su temi religiosi (che mi fanno venire l’orticaria) di Grangè ho letto tutto il resto. Grande, grandissimo autore, che sa affrontare tematiche cupe e atmosfere inquietanti con una abilità non comune. Una capacità di tratteggiare personaggi vivi, reali, di cui dopo aver finito il libro ti ricordi per un pezzo. Se dovessi scegliere uno solo tra i libri di questo autore consiglierei la lettura de “La linea nera”, a mio parere uno dei migliori. Anche l’ultimo libro finora pubblicato “L’istinto del sangue” non è male, ma non raggiunge il livello del romanzo indicato in precedenza.
    Dopo aver letto questo post credo che sarò costretto a leggermi “Il giuramento” che ho in casa da anni, ma che ha letto soltanto mia moglie.
    Al riguardo del paragone con Cussler o Rollins (di quest’ultimo ho apprezzato soprattutto le prime opere), va precisato che Grangé non ha mai ceduto all’idea (magari comoda per lo scrittore) di personaggi seriali di una mostruosa supponenza come quelli ideati da Rollins, o stronzissimi palloni gonfiati come quelli di Cussler. Mi auguro che continui così!!

  10. Ottima descrizione di base sullo scrittore e i suoi figli; per me i libri li concepiscene pi cresce come figli Grangè.
    Mi permetto di dissentire su quel quasi definito “passaggio a vuoto” LA LINEA NERA, a mio modo di vedere il migliore dei suoi libri assieme a IL GIURAMENTO.

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