La storia vintage del circo

Da tempo volevo buttare giù un articolo sul mondo del Circo. Quando accennai la cosa su Facebook furono in molto a rispondermi “che noia!”, “lo odio”, “non l’ho mai sopportato”. Eccetera eccetera.
In effetti oramai il circo è un’attrazione che interessa a pochi. Contestati dagli animalisti, messi al bando dai palinsesti televisivi e spesso osteggiati dalle autorità locali, i circensi vivono tempi grami, tanto che alcune delle famiglie storiche di questo mondo iniziano a temere per il loro futuro.
In realtà non posso dare del tutto torto ai detrattori del circo. I tempi sono cambiati. Nell’epoca di Internet si fa davvero fatica a stupirsi per gli acrobati, i pagliacci e gli spettacoli con gli animali esotici. Con un paio di click e una connessione decente si possono vedere le meraviglie di tutto il mondo senza alzare le chiappe dalla poltrona. Ogni cosa è conosciuta. Anzi: ci si inventano cose sconosciute, che vengono a noia dopo un paio di giorni.
I quindici giorni di celebrità pronosticati Andy Warhol sono la maledizione del genere umano.
Visto che l’arte circense nacque proprio per stupire, non pare poi così strano che stia esaurendo ogni sua potenzialità in tempi rapidissimi. Nel corso dei secoli il circo ha già cambiato pelle decine e decine di volte. Così come lo conosciamo oggi ha sì e no 150-200 anni, ma in realtà è una forma d’intrattenimento già conosciuta nell’antico Egitto.
Quindi si prospetta un’altra mutazione? Questa volta pare difficile. I tempi sono grami.

Dunque, facciamo un passo indietro.
Dicevamo che ci sono indizi importanti che fanno risalire la nascita del circo ai cari, vecchi egizi, che la sapevano lunga. Raffigurazioni di acrobati e giocolieri si trovano addirittura in diversi geroglifici, quindi le origini storiche sono più che verificate.
Tuttavia, parlando di giochi circensi, viene subito in mente Roma antica. Competizione coi carri, spettacoli equestri, ricostruzioni e simulazioni di battaglie, esibizioni di animali feroci, gladiatori: il circo era questo. Ed era la fonte primaria d’intrattenimento per i romani, che a sua volta lo avevano importato proprio dall’Egitto e, in parte, dai greci.

Dopo la caduta di Roma, il circo visse tempi bui. Gli animali esotici vennero importati assai più raramente dall’Africa e dall’Asia, perciò i circensi si concentrarono su altre attività, quali l’acrobatica e la giocoleria. Ma, soprattutto, diventarono spettacoli itineranti. Compagnie più o meno organizzate giravano per città, paesi, fiere e corti, esercitando la loro professione in cambio di soldi e ospitalità.
Fu in quegli anni che si diffuse anche il fenomeno dei gypsie (gli zingari). Erano tra i pochi circensi a portare ancora con sé bestie feroci e/o esotiche, ma anche indovini e strani artisti dall’aria bizzarra. L’Europa del 14° secolo era percorsa da queste variopinte carovane, che si trascinavano dietro dicerie, superstizioni e fascino.

Il circo così come lo intendiamo noi oggi ebbe invece le prime avvisaglie attorno al 1770, in Inghilterra. Il primo vero e proprio impresario di settore può essere considerato Philip Astley, un innovatore. Fu infatti lui a mischiare le vecchie discipline (spettacoli equesti, acrobati) con nuovi generi d’intrattenimento, dai clown ai trapezisti. Non a caso Astley viene considerato il creato del circo moderno. Tuttavia fu un suo rivale in affari, Charles Dibdin, a adottare per la prima volta il nome “circo” per definire tale genere di attività.
Per anni gli imprenditori circensi furoreggiano in ogni ippodromo, anfiteatro e teatro del Regno Unito, diffondendosi presto anche nel resto d’Europa. In Italia vale la pena ricordare Antonio Franconi, storica figura del settore. Acrobata equestre e giocoliere, è senz’altro uno dei primi artisti nostrani a essersi imposto sulla scena mondiale.

Poi il circo varcò l’oceano, grazie a John Bill Ricketts, che esportò questa forma d’intrattenimento anche negli Stati Uniti, dove attecchì subito. Il primo, memorabile circo americano nacque a Philadelphia, con la benedizione di George Washington in persona.
Joshuah Purdy Brown, nel 1825, fu il primo a utilizzare i noti tendoni che oramai sono entrati nell’immaginario collettivo. Erano perfetti per le compagnie itineranti e costavano meno del noleggio degli anfiteatri.
Furono tuttavia due discussi individui, P.T. Barnum e William Cameron Coup, a cambiare di nuovo il volto del circo. Per prima cosa introdussero gli spettacoli dei freak alle consuete attività circensi. Donne cannone, gemelli siamesi, donne barbute, uomini scheletro e altri “scherzi della natura” attiravano migliaia di visitatori interessati a sbirciare quei fenomeni, non a caso ribattezzati “da baraccone”.
Barnum in particolare accumulò una vera e propria fortuna, creando un impero senza guardare in faccia a nessuno.

In quegli anni il circo si diffuse anche nel resto del mondo, dall’America Latina alla Russia, dalla Cina all’Australia. Le tradizioni locale dell’intrattenimento vennero omologate nei canoni del circo moderno, mantenendo quelle varianti esotiche che costitutivano l’unico tratto distintivo tra una compagnia itinerante e l’altra. Perfino Lenin, nel 1919, si dichiarò un fan entusiasta del circo, dichiarandolo “l’arte proletaria più vicina al popolo”. L’Unione Sovietica nazionalizzò i circhi, istituendo perfino una scuola acrobatica statale.

I primi guai arrivarono con la grande depressione. Molte compagnie americane si sciolsero, altre si fusero, nel tentativo di far fronte comune a un momento di crisi che colpiva più o meno tutti. I soldi per mantenere gli animali esotici erano sempre meno, tanto che molti furono lasciati morire di stenti. In compenso molti nuovi poveri – operai che improvvisamente si erano trovati senza lavoro e senza casa – cercavano asilo nelle compagnie itineranti, che offrivano loro un pasto e un tetto (spesso quello di un vagone ferroviario) sotto cui dormire.
Il circo non morì.
Sopravvisse e si riprese. Poi, nella seconda decade degli anni ’60, iniziarono altri guai, soprattutto a causa delle associazioni per il diritto degli animali, che puntavano il dito contro il modo in cui elefanti, tigri, leoni, orsi e cavalli venivano maltrattati durante l’addestramento. Circostanze quasi sempre negate dai circensi, anche se gli incidenti mortali non mancarono di certo.

Il circo ha prodotto poi delle vere e proprie star, delle celebrità. Nei tempi in cui la TV ancora non esisteva erano gli acrobati, i domatori e i trapezisti a essere ammirati e invidiati. Vi basti ricordare per esempio Mabel Stark, famosa addestratrice di tigri degli anni ’20, un’icona dei suoi tempi.
Il circo ha da sempre interessato anche scrittori e registi. Da Charlie Chaplin ai Fratelli Marx, fino ad arrivare al recente Come l’acqua per gli elefanti, sono molti i film che narrano la storia e la vita dei circensi. Attori importanti come Burt Lancaster, John Barrymore e John Wayne hanno interpretato acrobati, domatori, imprenditori itineranti. Senza dimenticare capolavori quali Le notti di Cabiria e I Clowns, di Federico Fellini, che traboccano di quello strano amore nostalgico e malinconico che il circo continua a trasmettere, specialmente quello di una volta.

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(A.G. – Follow me on Twitter)

16 commenti

  1. A me piaceva, tranne per quei poveri animali schiavizzati. Ho visto un libro sulla storia del circo, in italiano, non ricordo più il titolo, solo che costava parecchio…

  2. Sono più affascinato dall’idea del circo che non dal circo in sé, non so se rendo l’idea. Ok, mi spiego peggio. L’ultima volta che ci sono andato non saprei datarla, ero un bambino o un preadolescente, ma se da una parte mi piaceva la messa in scena e tutto quanto, dall’altra non potevo fare a meno di annoiarmi su alcuni numeri. I clown, per dire, non mi hanno mai fatto ridere. Li trovo anche un po’ irritanti, se vogliamo. Alla fine, da bravo bimbo cresciuto a pane e Quark, mi piacevano i numeri con gli animali e non mi ponevo questioni particolari sull’etica del tenere un elefante in gabbia o una tigre nel carrozzone. Facendo parte dell’esperienza circense, erano per me parte di quel – diciamo così – “ecosistema”, perciò davo per scontato che andasse bene così. Poi sono cresciuto, ho capito meglio la questione ma ti dico, non sarei rigido quanto certi ambientalisti. È vero che le specie esotiche al circo è meglio che non ci stiano, ma i numeri equestri o con cani ammaestrati, perché no? Sono animali domestici, cresciuti e allevati dall’uomo col quale sono abituati a interagire, quindi se ben trattati e addestrati in modo sano, possono – per me – continuare le loro carriere sotto al tendone. Soprattutto perché quando qualche invasato comincia a tuonare contro lo sfruttamento cdi cani e cavalli, mi viene voglia di fargli presente l’Agility Dog e il Dressage che invece non sono fuori legge ma riconosciuti come sport, e allora mi sembra di sentirli caricare d’ipocrisia i fucili a pompa mentre sparano alla cieca. Che anche quello sarebbe un numero da circo mica da ridere.

    1. Se vogliamo spostare il discorso sul presunto sfruttamento degli animali, direi che è impossibile generalizzare.
      Molti circensi hanno una cura amorevole delle loro bestie, altri li maltrattano in modo indegno.
      Aggiungo che hai tempi a cui il mio articolo fa riferimento non c’era traccia della “sensibilità” odierna nei confronti di certi temi.
      Figuriamoci, esponevano i freaks!
      Infine anch’io condivido più la tua fascinazione per l’idea del circo, più che per il circo in sé 😉

      1. Infatti ci sono discipline nell’equitazione, che fanno un baffo agli esercizi dei cavalli al circo, in quanto a costrizione… non dico altro sennò prendo insulti anche a casa.
        Ottimo post Alex, soprattutto per la parte storica e il fascino di un’epoca andata.

      2. Sì è impossibile fare un discorso generale, ma siccome molte specie oggi sono ormai protette, anche se trattate bene dovrebbero rientrare nel programma di riproduzione dei parchi naturali eccetera eccetera. Il discorso del circo però è un po’ diverso e soprattutto più ampio perché riguarda anche le persone che ci lavorano, anche se – guarda un po’ – quando scatta la polemica, una certa frangia animalista passa subito a inneggiare gli animali sono meglio degli uomini e altri simpatici slogan che fanno dubitare della salute mentale e del reale valore della vita che sbandierano questi interdetti.

        Comunque per cambiare un po’ discorso, le stampe che hai messo sono spettacolari, adoro quello stile e le rappresentazioni esagerate, tipo il mega gorilla furioso per attirare il pubblico. Il circo del passato doveva essere molto più crudo e inquietante, oggi invece – almeno da quello che ho visto quando passa qualcosa in TV, tipo quella competizione di artisti circensi a Monte Carlo che trasmettono tutti gli anni – ha più l’aria di uno spettacolo di varietà stile Las Vegas, e forse è per questo che mi lascia freddino.

        1. Per dirla tutta a me fanno assia più raccapriccio quelle manifestazioni canine in cui si obbliga l’animale a fare cose assurde… Ma quelle sono sdoganate da TV e giornali, quindi vengono ritenute carine, pucciose.
          Cambiamo discorso, va 🙂

          Grazie per aver notato i poster! Io li adoro.
          Quelli esagerati, di vecchia scuola, rappresentavano il lato avventuroso e misterioso del circo, che (nell’immaginario dei ragazzini) andava a esplorare terre remote per scoprire bestie pericolose e inquietanti.
          Tutta suggestione e nulla più, ma erano davvero altri tempi.

  3. A me il circo mette malinconia proprio per questa sua aura di grandezza perduta.
    però il circo mi piaceva – abitavo esattamente di fronte ad un grande prato che il comune di Torino concedeva ai circhi di piccolo cabotaggio per la stagione invernale – per cui all’uscita da scuola, per tutte le elementari e le medie c’era il clown che distribuiva biglietti omaggio ai ragazzini.
    L’ultima volta che ci sono andato, al circo, sarà stato 15 anni or sono, proprio per Natale – uno spettacolo del Circo di Mosca nel quale lo sponsor (una casa produttrice d’automobili) era stato di una invadenza spaventosa.
    Era la prima volta che vedevo il circo con le interruzioni pubblicitarie.
    Ero inoltre in compagnia di una ragazza che non fece che lagnarsi di tutto (i posti, il rumore, i numeri, gli animali, gli acrobati) per tutta la durata dello spettacolo.
    L’avrei gettata in pasto alle tigri, ma io sono contrario alla crudeltà sugli animali.

    1. Anch’io non abito lontano da dove, anni fa, veniva ospitato il circo, qui in paese.
      Visto da vicino era un mondo meno affascinante rispetto a quello dei film. Forse era già in declino allora. Ricordo mestamente uno spettacolo di inizio anni ’90 in cui gli spettatori paganti erano 5 (tra cui me e mio padre).

  4. Io in realtà ero uno di quegli animalisti che protestava davanti ai circhi.
    Certo sono d’ accordo che non bisogna generalizzare e so benissimo anche io che alcuni circensi trattano benissimo i loro animali….anche se potrei citare tantissimi casi di maltrattamento o di animali fatti morire di fame e d’ inedia.
    Penso però che un compromesso ragionevole si possa trovare…magari con circhi con solo acrobati umani, del resto ce ne sono e non mi sembra che vadano poi così male.

    1. Proprio per questo mi sono limitato a parlare del circo in senso “vintage”. Non mi reputo all’altezza di gestire una polemica pro o contro i circhi. Di base penso che non protesterei contro di loro, ma so bene che ci sono alcune famiglie circensi che trattano male perfino i loro dipendenti, figuriamoci gli animali.
      Qui da me, negli anni novanta, arrivavano alcuni circhi dell’est che inducevano tutti a chiudersi bene in casa, visto le facce che si vedevano sulle carovane…
      Detto ciò, preferisco limitarmi a considerare la storia del vecchio circo che, come ho detto in precedenza, appartengono a un’epoca con una sensibilità del tutto diversa, tanto da poterne parlare senza esprimere giudizi di merito 😉

  5. Ottimo articolo Alex! Quando ero adolescente il mio migliore amico, che adorava il circo, spesso mi portava a vedere quello di Moira Orfei di cui aveva sempre (non so perchè) dei biglietti omaggio. Più che altro è l’aria un pò bhoemien che aleggia attorno al circo ad avermi sempre affascinato…e infatti mi divertivo più a gironzolare nel backstage che nel guardare lo spettacolo vero e proprio. Mentre per quanto riguarda il circo “moderno” adoro il Cirque du Soleil…ho visto saltimbanco e penso che sia stato lo spettacolo più bello che abbia mai visto in vita mia. Ma certo l’idea è abbastanza diversa da quella dei circhi tradizionali.

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