La Bassa inquietante – Da Pupi Avati ai giorni nostri

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Fonti di ispirazione.
Ne ho sempre avute, in ogni cosa che ho scritto, a livello di narrativa del fantastico. Ne ho sempre avute e le ho sempre citate, perché è giusto così, e perché mi piace dare dei punti di riferimento ai miei lettori. Spesso la caccia al tesoro è spontanea, dove per “tesoro” s’intendono gli easter egg inseriti nei racconti e nei romanzi che pubblico. Comunque, per evitare antipatiche omissioni, di solito inserisco una lista di omaggi e citazioni e la pubblico in calce a molti dei miei ebook. Un’alternativa a tale soluzione è la pubblicazione degli appositi making of, qui sul blog.
Per la lavorazione de Il Testamento di Gionata Hutter le fonti di ispirazione sono state principalmente tre: Nosferatu di Murnau, Le Notti di Salem di King e La Casa delle Finestre che Ridono, di Pupi Avati. Più una moltitudine di omaggi molto più piccoli, ma comunque sentiti.
Oggi mi soffermo soprattutto sul film di Avati.

Parliamo di una produzione che è assolutamente un cult per gli spettatori italiani appassionati del fantastico e dell’horror.
L’anno è il 1976, il regista (l’abbiamo già detto) è l’ottimo Pupi Avati, con un aiuto fondamentale nella sceneggiatura da parte di Gianni Cavina e di Maurizio Costanzo. Si, proprio lui, il giornalista coi baffi.
Anche se in quel periodo la cultura del fantastico, in Italia, era molto più radicata rispetto a oggi, La Casa delle Finestre che Ridono è addirittura un prodotto di qualità superiore alla media.

Stefano (Lino Capolicchio), un restauratore, viene chiamato per occuparsi dell’affresco di una chiesa. Il quadro di Buono Legnani è inquietante: si tratta del martirio di San Sebastiano, morto suicida. L’atmosfera del paese è ostile e Stefano viene invitato ad andarsene. Il ragazzo è naturalmente spaventato ma continua ad indagare… (Da Cineblog.it)

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I quadri di Buono Legnani.

Sinossi stringatissima, per non rovinarvi la sorpresa (anche se penso che voi, lettori di Plutonia Experiment, l’abbiate visto tutti).
Avati ha costruito un film di grande atmosfera, un mistery con una decisa virata verso l’horror, che attinge a piene mani in quel gotico rurale all’italiana che da queste parti – lo sapete – amiamo tanto. Le atmosfere della Bassa ferrarese, la comunità del borgo coi suoi segreti, coi suoi pettegolezzi, un vero micromondo in cui le istituzioni statali non entrano nemmeno per sbaglio. Piccoli scorci di medioevo disseminati da nord a sud, che esistono ancora oggi.

Uno degli elementi più riusciti del film di Avati è la lente opaca attraverso cui mostra la bucolica campagna italiana, trasformandola dalla classica cartolina sole + buon cibo + paesaggi mozzafiato in uno scenario degno della tradizione anglosassone, o dei classici moderni, come per esempio il Maine occulto tanto caro a Stephen King.
La storia fila via che è un piacere, in un crescendo di tensione che ha bisogno di pochissimi momenti di azione e di splatter, visto che le suggestioni, il perturbante e le atmosfere della Bassa funzionano perfettamente col ritmo dettato da Avati.

La Bassa.

Ne Il Testamento di Gionata Hutter ho cercato di ricostruire parte di queste suggestioni. Tra l’altro siamo sempre nella Bassa, anche se nella mia novelette ci spingiamo di diversi chilometri più a nord, nel Lodigiano. Ho mantenuto l’impianto narrativo che riguarda il microcosmo del borgo di campagna, inteso quasi come realtà neofeudale, a sé stante. Orlavia – il paese immaginario dove è ambientato Il Testamento – si trova a una ventina di chilometri da Lodi, eppure è di fatto autonomo.
L’idea della comunità che ignora (o meglio manipola) le leggi per tutelare sé stessa è una tematica ricorrente del gotico rurale. Nel film di Avati sono proprio i rappresentanti delle istituzioni a tradire il loro ruolo: il parroco, il sindaco, i carabinieri. Quest’ultimi probabilmente sanno che il paesino della Bassa nasconde segreti oscuri, ma preferiscono ignorare, guardare dall’altra parte, lasciare le cose come stanno.

Ovviamente non ho la pretesa che Il Testamento valga un decimo del cult di Pupi Avati, ma nel mio piccolo ho tentato di ricrearne le suggestioni, anche se la trama del mio racconto va da tutt’altra parte.
Chiudo con una curiosità: sapete da dove deriva Orlavia, il paese del Lodigiano che ho inventato per Il Testamento di Gionata Hutter? Dalla cittadina di Orava, il Slovacchia, dove si trova il castello utilizzato per le riprese di Nosferatu di Murnau.

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Il castello di Orava (Slovacchia)

Se volete una copia de La Casa delle Finestre che Ridono, la potete trovare su Amazon a un prezzo veramente ridicolo.
Se volete leggere Il Testamento di Gionata Hutter, date un’occhiata qui (cosa poco più di un cappuccino).


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