Er ist wieder da

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Cosa succederebbe se Adolf Hitler, inghiottito da un anomalia spazio-temporale (o qualcosa del genere, poco importa), venisse trasportato, qualche istante prima del suo suicidio nel bunker di Berlino, nel nostro presente?
Come verrebbe percepito e accolto dalla società tedesca moderna?
Il mondo ha elaborato in nazismo, ho anche dimenticato come è nato, come si è sviluppato, quale genere di proselitismo ha generato?
A queste domande ha provato a rispondere Timur Vermes, autore del romanzo best-seller Lui è tornato (Er ist wieder da, in tedesco), da cui è stata tratto l’omonimo film, attualmente disponibile nell’immenso catalogo Netflix.

Opera provocatoria e sottilmente perfida, Lui è tornato funziona sia come romanzo/film, ma soprattutto come analisi politica. Anzi, per dirla fino il fondo, il libro di Vermes ha più lungimiranza di molti politologi da salotto radical chic, che non hanno più una credibile percezione della società in cui vivono.

Se Adolf Hitler comparisse in una qualsiasi delle nostre città, con l’apparenza di Adolf Hitler, il carisma di Adolf Hitler, la schiettezza di Adolf Hitler, verrebbe immediatamente arrestato?
La risposta che Vermes dà ai lettori è no.
Ed è un no logico, su due piani concettuali.

No perché parliamo di un evidente paradosso spazio/temporale, di un evento impossibile. Quindi, per quanto Hitler possa spergiurare di essere davvero se stesso, 99 persone su 100 lo prenderebbero per un sosia, per un attore o, come avviene nel romanzo, per un comico.
Il secondo “no” è più inquietante: anche in quel caso su 100 in cui Hitler venisse riconosciuto come tale, non è detto che verrebbe fermato o eliminato. Perché l’Hitler in carne e ossa degli anni 2000 dice cose che la gggente in fondo vuole sentirsi dire.
Sì, ma tipo?
Che il popolo tedesco si è imbastardito per colpa degli immigrati.
Che la disoccupazione che ha impoverito tutti è colpa di chi non ha a cuore il paese, bensì i propri interessi personali (politici, banchieri, multinazionali).
Che gli stranieri hanno rubato l’identità della Germania.
Che è possibile tornare a un mondo più rustico e eco-friendly (“la decrescita felice”), rinunciando allo sviluppo scientifico “indiscriminato”.
Che l’Unione Europea, così com’è concepita, è una stupidaggine.
Eccetera eccetera.

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Ora che siete arrivati a questo punto, forse vi sarà venuto un dubbio: “ma ci sono già dei politici che raccontano queste cose, raccogliendo facili consensi!”
Ma va?
A pensarci bene non serviva il romanzo di Timur Vermes per dimostrarlo. Però Lui è tornato ha il grandissimo merito di aver parlato (anche) a gente che non si è mai posta questi dubbi. A gente che non ha più aperto un libro di Storia dai tempi delle scuole superiori e che conosce Hitler probabilmente solo per i meme che ogni tanto girano su Facebook.
C’è da aggiungere che l’Hitler protagonista di questo romanzo, che parla in prima persona, rispecchia fedelmente il vero Hitler, il suo modo di fare, di pensare e di esprimersi. Questo perché Vermes ha compiuto un meticoloso lavoro di documentazione a proposito del Führer.

La cosa veramente inquietante è che, per 3/4 del libro/film, Adolf Hitler risulta essere una persona eccessiva, eccentrica, verbalmente aggressiva, ma simpatica.
Ebbene sì, zio Adolf è una sagoma di uomo, uno che dice cose vere nascondendole dietro quella che il pubblico percepisce come satira o sarcasmo.
Questo perché Hitler finisce a lavorare come comico satirico in un importante programma televisivo, inascoltato ogni qual volta ribadisce di non essere un attore, bensì il vero Adolf. E, dopo essersi stancato di ribadire ciò che per lui è ovvio, Hitler si fa una full-immersion di Internet, scoprendo che forse gli conviene davvero fingersi un commediante, perché la società moderna è più propensa a dare ascolto a un comico isterico che parla di politica, che non a un politico vero.

Vi ricorda niente?
No?
Che strano.

L’unica persona che in tutto il libro/romanzo riconosce immediatamente il Führer per quello che è, è un’anziana malata di Alzheimer. La sua reazione è ovviamente di incredulità e di disgusto. Il monito della vecchia suona, soprattutto a noi italiani, come una profezia oscura: Anche prima del ’33 ridevamo di lui! E guardate cos’ha fatto…

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(Articolo di Alex Girola – Seguimi su Twitter)

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10 commenti

  1. il film è anche più efficace del pur ottimo libro di Vermes, questo perché per goderlo appieno richiede un minimo di conoscenze su cosa è stato il nazismo e sulla figura di Hitler, e nelle nuove generazioni sto cogliendo approssimazione misto a disinteresse nel merito. Non è un caso che nello stesso film lo stesso Hitler viene visto quasi come un’icona pop non del tutto negativa, una maschera eccentrica con cui farsi i selfie. film coraggioso e intelligente se si pensa che è tedesco, dove fino a qualche tempo fa non solo non si poteva stampare il mein kampf, ma nemmeno il processo di san cristobal di Steiner, in quanto un Hitler ancora vivo in sud america, si difendeva dialetticamente fin troppo bene.
    Noi avremmo potuto fare una operazione simile con Mussolini? io credo proprio di no

    1. So che a molti il film non è piaciuto, invece secondo me ha proprio il pregio di parlare di Hitler a una generazione che, anche se pare inverosimile, sa a malapena chi è.

  2. Quando hai elencato le cose che la “gggente” vorrebbe sentirsi dire, e che perciò avrebbero un certo appeal, mi ha colpito un pensiero: anche la confutazione dei suddetti concetti ha perso ogni complessità, si è fatta spesso liturgia senza convinzione. Anche perché i famosi radical chic non hanno più una credibile percezione della società in cui vivono e quindi passano il tempo a minimizzare il disagio altrui con slogan uguali e contrari, non meno populisti. Così si ignora quel disagio per i cambiamenti non sempre “psicosomatico”, che richiederebbe risposte articolate. Questa colpa condivisa è tanto più più grave oggi, perché un Hitler c’è già stato e in teoria dovremmo ricordarcene. Alla fine, forse, non è solo mancanza di memoria, la nostra…è impoverimento e semplificazione della dialettica pubblica, una riduzione a slogan di tutto molto pericolosa.

    1. Quando Hitler prese il potere ebbe gioco facile: gli altri politici del suo paese, compresi quelli dello NSDAP, erano delle mezze calzette, che non sapevano vedere al di là del loro naso. Hitler invece parlava alla gente e, con qualche risultato roboante, pareva essere davvero in grado di mantenere le promesse. Poco importava se per farlo aveva violato le regole democratiche della Germania.
      Anche in questo la Storia tende a ripetersi.

  3. Penso se in Italia si provasse a fare con Mussolini.
    Credo sarebbe tragicomica solo la fase di ideazione della cosa.

    Basta vedere le reazioni a Quando C’era LVI di Antonucci & Fabbri

      1. A parole, moltissimi, perché, come diceva TeleSpalla Bob “votate democratico ma intimamente sognate di essere governati da un despota tiranno repubblicano”, salvo poi pentirsene subito o due secondi prima delle urne

  4. Sono totalmente d’accordo con quello che dici. Purtroppo la diffusione massiccia della cultura attraverso i nuovi mezzi d’informazione non ha portato ad un miglioramento della conoscenza nella popolazione (anzi forse c’è stato l’effetto opposto). La maggior parte della gente, oggi come ieri, vuole risposte semplici a problemi complessi, slogan brevi e facili da comprendere. Purtroppo la storia tende a ripetersi.

  5. Questo film di qualche anno fa é pensato come un monito; ora nel momento di ritorno alla riscossa dell’estrema destra a livello mondiale, il film é davvero profeticamente inquietante.
    Ciò che non apprezzo però, é questa “commercializzazione” pop della figura di Hitler, come hello kitty, Mao zedong, la monnalisa …. Cioè così la morale del film, con la carica comica, é facilmente travisabile da qualche spettatore meno attento. Alla fine temo che il risultato non sia altro che lo sfruttamento di una figura ormai commerciale, a fini di mercato.

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