Il vampiro della porta accanto

Qualche giorno fa discutevo su Facebook a proposito dei film di vampiri degli anni ’80.
Non di tutti i film, non fraintendete, bensì di quattro titoli in particolare. Quattro cult, con un sacco di fan e con una grande influenza sulla cultura pop-horror moderna. I titoli sono presto detti:

  • Ammazzavampiri (Fright Night – 1985)
  • Vamp (Vamp – 1986)
  • Ragazzi Perduti (The Lost Boys – 1987)
  • Il Buio si Avvicina (Near Dark – 1987)

Per la cronaca: il mio sondaggio alla buona ha decretato che Near Dark è il titolo più amato tra quelli appena citati, seguito a poche spanne da Ragazzi Perduti.
Il mio film preferito è invece Ammazzavampiri. Diavolo, sono un grande fan di Peter Vincent! E sì, mi è piaciuto anche il remake, anche se per ovvie ragioni preferisco l’originale.
Ma sono tutti capolavori, nel loro piccolo. Li rivedrei ancora oggi, anche se li conosco a memoria.


Da quel post è poi nata un’analisi volante sulla figura del vampiro cinematografico degli anni ’80, che posso riassumere nel commento dell’autore ed editore Samuel Marolla.

Il pregio immenso di aver spostato il vampiro dall’epico-leggendario alla cronaca nera, alla porta accanto. Molto più spaventosa, a mio parere! O comunque, attualizzata a una narrazione moderna: il vampiro è il vicino di casa nel tuo palazzo o il tizio un po’ strano del bar all’angolo.

Concordo del tutto con quest’affermazione.
Il vampiro degli anni ’80 è in parte edonista, proprio come la gioventù rampante di quel decennio. Questo è il caso di Jerry Dendridge, il vampiro di Fright Night, latin lover e predatore assoluto, con nessuna sfumatura romance dei succhiasangue moderni.
Oppure può essere un giovane tossico, un ragazzo perduto in cerca di una famiglia putativa, come accade al branco di Lost Boys, che non a caso fa il verso agli omonimi giovani compagni del seguito di Peter Pan.
E che dire della banda di ribelli di Near Dark, metafora del rifiuto del mondo normale, della ordinata vita di provincia, tutta lavoro, casa e famiglia?

In tutti i casi presi in considerazione parliamo sempre e comunque di vampiri della porta accanto, che siano essi membri di una gang giovanile, vagabondi punk o accomodanti yuppie di successo.
Siamo lontanissimi dal fascino esotico dei conti transilvani dal marcato accento slavo e dagli svolazzanti mantelli, così come dalle nobildonne ungheresi assetate di sangue di vergine per preservare la loro immortalità.

Il vampiro degli anni ’80 è uno di noi, magari il tizio che gestisce il ristorante sotto casa, o il vostro capoufficio, o forse la bella ragazza immagine del locale che frequentate ogni sabato. Magari è l’universitario che avete conosciuto in treno, nella tratta di tutti i giorni per andare al lavoro, o il vostro amico di Facebook che non avete ancora incontrato di persona, ma è così affabile e simpatico…

In realtà questa nuova lettura non né meglio né peggio di come il vampiro veniva rappresentato tra gli anni ’20 e i primi anni ’60. Sono due differenti interpretazioni di una figura archetipa radicata nell’immaginario europeo (ma non solo) da secoli.
Entrambe – vampiro esotico e vampiro next door – sono funzionali ai tempi in cui venivano rappresentati sul grande schermo.

Detto ciò ci sarebbe da interrogarsi su come siamo arrivati al vampiro romance, il belloccio in età liceale o post-liceale che ha istinti predatori assai limitati e che mira invece al cuore della bella e indifesa fanciulla di turno. Questa viene spesso rappresentata ancor più come oggetto rispetto alle vittime dei “vecchi vampiri”, che almeno tentavano di resistere alla seduzione oscura dei non-morti e/o alle loro zanne.
Il vampiro della porta accanto è dunque diventato soltanto una variante vagamente horror del maschio bello e dannato, figura di richiamo erotico per molte donne (non per tutte, per fortuna).
Solo che di “dannato” in questi succhiasangue c’è poco, visto che l’aspetto più inquietante e affascinante dell’archetipo del vampiro – il suo essere un nostro superiore, nello schema della catena alimentare – è andato quasi del tutto a perdersi.

Sarò vecchio e poco aggiornato, ma io resto affezionato alle vecchie interpretazioni di questa creatura. L’unico romanzo breve che ho scritto in tema vampiresco, Il Testamento di Gionata Hutter, attinge da entrambe le tradizioni, un po’ come fa l’ottimo Le Notti di Salem, il mio romanzo preferito di Stephen King.
A proposito: sarebbe ora di considerare un buon remake di qualità, ammesso che i vecchi vampiri interessino ancora a qualcuno…


Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
Segui la pagina Facebook di Plutonia: https://www.facebook.com/PlutoniaExperiment/
Segui il canale Telegram di Plutonia: https://telegram.me/plutonia
Pagina autore: amazon.com/author/alessandrogirola

6 commenti

  1. Secondo me, la colpa è tutta di Anne Rice e, in seconda battuta, di Francis Ford Coppola. A me il suo Dracula, come esperimento cinematografico, piace anche molto, sia chiaro, ma è innegabile che abbia contribuito alla diffusione di una visione completamente distorta della figura del vampiro.

  2. In realtà la trasformazione del vampiro da mostro a eroe/figura tragica è il risultato di un lento processo iniziato quasi impercettibilmente proprio dagli anni 60 quando comparivano le prime storie con vampiri come protagonisti buoni. Quella che era un eccezione poi grazie ad autrici di infinite saghe come la Rice e la Yarbro è invece divenuta norma fino ad arrivare agli anni 90 quando la vampirologa Norine Dresser in un suo libro uscito contemporaneamente al film di Coppola lamenta di tale cambiamento. Io i vampiri li preferisco come mostri ma a giudicare dai commenti in giro non è quello che vuole la maggioranza.

    1. Purtroppo è come dici tu: la maggioranza tende a desiderare il nuovo tipo di vampiro, quello “soft”, che a me ripugna alquanto.
      E – fucilatemi pure – la Yarbro e la Rice non le ho mai amate.

  3. Con la caratterizzazione giusta, un vampiro diverso dal classico mostro inumano può starci, ma mantenerlo “morale” o sano di mente deve essere dura, viste le sue necessità alimentari.
    Se poi il risultato sono i tizi di Twilight, più zanzare che vampiri, allora c’è un problema… a ogni modo, potrebbero essere gargoyle anziché vampiri: finché le appassionate possono avere il bellino tenebroso su cui fantasticare… basta che poi non le sbrani 😛

  4. A dirla tutta negli ultimi anni abbiamo assistito anche all’archetipo del vampiro di stampo post apocalittico grazie a trilogie come quelle di Del Toro/ Hogan o quella di Justin Cronin ( con il terzo volume ancora inedito in Italia).

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.