Ogni giorno sono costretto a compiere una serie di scelte su cosa è bene o importante o divertente, e poi devo convivere con l’esclusione di tutte le altre possibilità che quelle scelte mi precludono. E comincio a capire che verrà un momento in cui le mie scelte si restringeranno e quindi le preclusioni si moltiplicheranno in maniera esponenziale finché arriverò a un qualche punto di qualche ramo di tutta la sontuosa complessità ramificata della mia vita in cui mi ritroverò rinchiuso e quasi incollato su un unico sentiero e il tempo mi lancerà a tutta velocità attraverso vari stadi di immobilismo e atrofia e decadenza finché non sprofonderò per tre volte, tante battaglie per niente, trascinato dal tempo. È terribile. Ma dal momento che saranno proprio le mie scelte a immobilizzarmi, sembra inevitabile, se voglio diventare maturo, fare delle scelte, avere rimpianti per le scelte non fatte e cercare di convivere con essi.
(David Foster Wallace, Una cosa divertente che non farò mai più)
Non so perché ma la GIF che ho trovato su Tumblr (la vedete a inizio post) mi ha fatto venire in mente questa citazione, da uno dei due libri di D.F. Wallace che ho letto.
Una cosa divertente che non farò mai più (Shipping out) è tra l’altro un saggio che racconta, in formato reportage, dell’esperienza fatta dall’autore su una nave da crociera, in qualità di turista.
Ci sono diverse considerazioni interessanti sullo status del turista medio, applicabili non soltanto ai croceristi (per la cronaca: ho fatto una crociera e mi sono trovato benissimo), ma a tutti quelli che vivono la vacanza con un ulteriore, involontario momento in cui accumulare stress, ignoranza ed egocentrismo.
Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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