Allora, partiamo da uno straccio di sinossi e, siccome sono pigro, cito quella di Wikipedia Italia, ma solo per metà, evitando così spoiler grossolani.
Il film si apre con Andre Hayworth, un giovane afroamericano, che si è perso in un quartiere desolato a notte fonda. Improvvisamente gli si avvicina una macchina bianca dal cui impianto stereo si sente la canzone Run, Rabbit, Run. Andre si innervosisce ulteriormente e tenta di allontanarsi facendo finta di niente, ma un individuo vestito di nero mascherato con un elmo da cavaliere medioevale esce dalla vettura e lo rapisce.
Mesi più tardi, il fotografo nero Chris Washington va a passare il weekend con sua fidanzata Rose Armitage, che lo porta a incontrare i suoi per la prima volta. La famiglia di Rose è composta da suo padre Dean, neurochirurgo, sua madre Missy, ipnoterapista, e suo fratello Jeremy. La famiglia di Rose cerca di accogliere Chris con affetto, ma lui rimane innervosito dallo strano comportamento dei due domestici neri, Walter e Georgina. Di sera, quando Chris esce dalla camera da letto per fumarsi una sigaretta, incontra e si mette a parlare con Missy riguardo sua madre, che è morta in un incidente d’auto quando lui era bambino. Durante la conversazione, Missy ipnotizza Chris ponendolo in uno stato di paralisi nel quale la sua mente sprofonda nel “Mondo Sommerso”, dove egli non ha capacità di muoversi. Chris si risveglia al mattino nella camera da letto e crede di avere avuto un incubo, finché non scopre che Missy lo ha effettivamente ipnotizzato togliendogli la voglia di fumare.
Al raduno annuale della famiglia Armitage, varie coppie anziane di bianchi si mostrano molto interessate a Chris e gli rivolgono complimenti legati alla sua etnia, il che non fa altro che farlo sentire più alienato.
Stiamo parlando del film Scappa – Get Out, di Jordan Peele, del 2017.
Una vera sorpresa per me, che l’ho noleggiato quasi per caso su Google Play, spinto dalla singolarità della trama.
Mi aspettavo qualcosa di particolare e sono stato accontentato. Fin troppo, nel senso che il film di Peele trascende il genere thriller-horror, ibridandosi con la commedia dark, con un giallo complottistico e perfino con un’opera con pretese di denuncia.
Denuncia di cosa?
Qui direi che va fatto un primo distinguo.
Leggo che molti ritengono Get Out un film contro il razzismo. Ok, ci può stare, ma una lettura parziale, se vogliamo un po’ superficiale.
In realtà il razzismo che denuncia Peele mi pare essere quello più sottile, quello meno sbandierato e chiacchierato nei talk show.
Non parliamo dei redneck degli stati del sud, né dei naziskin di Fratellanza Ariana. No, Peele spernacchia piuttosto i bianchi della borghesia “buona”, quelli che vogliono a tutti costi dimostrarsi “amici dei negri”, spesso risultando posticci e surreali, in tutto il loro buonismo politically correct.
Eh sì, perché i bianchi da cui il protagonista deve scappare (letteralmente) appartengono a questa fascia sociale. A bianchi ricchi che invidiano il “corredo genetico” dei neri e che, pur disprezzandone le origini ancestrali, vogliono diventare come loro, fosse anche solo perché “il nero va di moda”, come dice uno dei bianchi in questione.
La tensione va in crescendo, fino a che tutti i nodi vengono al pettine. Gli inframezzi comici sono dosati a dovere e vengono inseriti al punto giusto, non risultando mai stupidi, insulsi o fuori contesto. Il risultato finale è infatti armonioso, nel suo essere difficilmente etichettabile e particolare.
Get Out è uno dei film più interessanti che mi è capitato di vedere nel 2017. Il fatto che sia passato un po’ in sordina – ma parlo solo dell’Italia – non deve affatto stupire. Comunque è facilmente rimediabile sul già citato Google Play, oppure su Amazon, come sempre.
Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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Questo film è costato meno di 5 milioni di dollari e ne ha incassati, in tutto il mondo, più di 250.
In Italia è uscito in sala, ma è stato poco. Forse è il miglior horror del 2017 e la dimostrazione che puoi battere i blockbuster con la qualità e una buona storia.
L’idea, se vogliamo, è vecchia quando il cinema stesso.
Ma è sviluppata bene, con le giuste dosi di ogni elemento. Da qui il meritato successo.
Un buonismo esponente di quel “razzismo inverso” di cui al cinema non si parla praticamente mai in modo approfondito! Grandissimo film comunque, tra i miei preferiti dell’anno, ormai già visto 3 volte!
Concordo, e presto lo rivedrò pure io!