Non ho più voglia di scrivere, che faccio?

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No, non sono io quello che non ha più voglia di scrivere, quindi smettetela di festeggiare.
In realtà questo post è ispirato/dedicato da/a un’amica che, poco prima delle feste, mi ha confidato questa cosa, ossia di non aver più voglia di scrivere. Perché le storie non le vengono più spontanee, e quindi vede la ricerca dell’idea vincente come un peso, una cosa in più a cui pensare, che le ruba tempo ed energie.
Si tratta di un atteggiamento sbagliato?
In realtà credo di no. Scrivere è una passione e al contempo un lavoro, ma è anche un’attività anomala, che non risponde alle comune regole del fare/non fare. Di certo si può scrivere anche senza avere voglia di farlo (anzi, a volte è necessario imporsi di farlo proprio in queste condizioni di apatia), ma non ci si può costringere a stare ore davanti al foglio bianco, nell’attesa che il nostro cervello partorisca qualcosa di decente.
Quindi, come si può rispondere alla domanda che dà il titolo a questo post?

Risposta 1: Non scrivere.
Brutale, ma essenziale. Se il gesto di scrivere, o la sola idea di farlo, causa fastidio, forse è giunto il momento di fare una pausa. Di dedicarsi ad altro. Non occorre quantificare la pausa: può essere di una settimana, di un mese, di tre anni. Solo distaccandosi da qualcosa ci si accorge quando teniamo a essa. Vale per le persone, vale per le passioni.
Senza dimenticare che le pause sono spesso ottime per lasciar spazio a nuovi stimoli, ad attività trasversali, che magari poi riconvergeranno verso la scrittura, ma non necessariamente. Come si suol dire: se deve accadere, accadrà.

Caffeina e teina, care amiche di chi scrive.
Caffeina e teina, care amiche di chi scrive.

Risposta 2: Cambiare l’approccio.
Se fissare la pagina bianca di Open Office o di Word causa malessere, nervosismo e inquietudine, probabilmente può risultare utile un modo diverso di approcciarsi alla scrittura. Comprare un bloc notes o un quaderno e prendere appunti sparsi, magari senza l’intento di volerli classificare in un racconto/romanzo, è un buon metodo per non smettere del tutto di scrivere, senza però patire l’obbligo illusorio di dover per forza produrre qualcosa di senso compiuto.

Risposta 3: Non pensare, bensì agire. Una cosa nociva è pensarsi scrittore, senza però scrivere. No, non è un paradosso. Per esperienza personale posso confermare che i colleghi più produttivi sono quelli che dicono “oggi ho scritto un nuovo racconto, anche se non mi convince molto“, che non quelli che per mesi e mesi dicono “continuo a pensare al racconto che ho in mente“.
Per dirla in maniera più semplice: meglio scrivere cose brutte, ma perfezionabili, che non aspettare una sorta di ispirazione divina, che esiste solo nelle sterotipo dell’artista vanesio che si vede in tanti film.

Risposta 4: Cambiare amici immaginari.
Mi rifaccio all’immagine pubblicata a inizio post. Uno degli errori più frequenti che commette uno scrittore è quello di immaginarsi saldamente legati a un singolo genere: horror piuttosto che fantascienza, romance piuttosto che racconti autobiografici. Spesso e volentieri il tentativo di variare campo di gioco può rivelarsi illuminante, terapeutico. Non parlo di stravolgere le proprie (presunte) attitudini, bensì di non porre limiti alla sperimentazione. Magari non funzionerà, ma se lo farà, ve la spasserete.

– – –

(A.G. – Follow me on Twitter)

29 commenti

  1. Ho in programma anch’io un post sul blocco dello scrittore. Secondo me non esiste. E parlerò di questa mia idea.
    Concordo con l’approccio, ma in modo diverso. Certe volte non riuscivo ad andare avanti – nemmeno a iniziare un racconto – perché avevo in mente un incipit preciso con una specifica scena. Ho capito che non funzionava. Ho così cambiato radicalmente scena, punto di vista, e il racconto si è scritto “da solo”.

    1. Il mio approccio è ancor più radicale: è necessario scrivere? Se diventa un peso non è meglio evitare e dedicarsi ad altro?
      Se la risposta – sincera – è no, allora possiamo passare alle altre soluzioni 🙂

  2. in effetti per quanto mi riguarda non scrivo costantemente, ma seguo le maree. a volte mi impegno per due-tre settimane di fila e poi sto fermo anche un mese, in cui magari mi limito a rileggere/editare testi vecchi. in quelle fasi cerco di non forzare perché tanto so che sarebbe frustrante e controproducente. ormai mi conosco e so che quando riparto riesco a concludere qualcosa, quindi non mi scoraggio.

    1. Io invece provo a seguire il consiglio del vecchio King e mi impongo di scrivere almeno 300/400 parole, anche nei giorni peggiori, e non solo per quel che concerne l’ispirazione. Ma è dura…

  3. Io casomai ho il problema contrario (lo “sblocco” dello scrittore…) ma è perché non sono uno scrittore, sono *uno che ogni tanto scrive* – e basta.
    E forse è il caso di valutare se chi subisce questi “blocchi” in realtà non sia uno scrittore, ma uno che lo vuole essere e in realtà è “uno che ogni tanto scrive”…
    O forse dico una marea di cazzate 🙂

  4. Michael Moorcock diceva “quando la storia si ferma, calatevi in un personaggio secondario”.
    Naturalmente lui non aveva mai incontrato POV e i suoi profeti 😉

    Il mio sistema – che è brutale – è quello di incorporare il blocco nella scrittura.
    Nel momento in cui mi fermo e non trovo idee, comincio a scrivere del perché mi son fermato e perché non trovo idee.
    Il blocco fugge terrorizzato in capo a una mezz’ora…

    1. Anche io faccio così…
      Quando non riesco a scrivere mi obbligo a scrivere cosa mi sta demoralizzando, cosa non va ed effettivamente funziona sorprendentemente bene e anche rapidamente.
      Mi vengono sempre idee per risolvere le questioni. 🙂

    2. Beh, è un metodo!
      Io ho imparato a buttare tutto ciò che non va avanti da troppo tempo.
      Riesco a buttare fino a 20.000 parole, se lo ritengo oramai un peso 😛

  5. Credo che il mio trucco, sia proprio quello di scrivere e basta, per poi riporre fiducia nelle correzioni in fase di revisione. Non garantisco i risultati, però 😀

  6. Non sono uno scrittore, anche se posso comprendere quello che scrivi. Io direi che la risposta migliore sia quella di darsi una pausa e di non sforzarsi a scrivere , si finirebbe solo pee peggiorare le cose.
    O peggio, di scrivere racconti senza anima nè mordente.

    1. Ecco, io per esempio seguo il pensiero kinghiano e mi sforzo a scrivere una quota minima di parole tutti i giorni, anche quando il tempo è poco e la voglia ancor meno.
      Non so se è un buon metodo (non l’ho ancora capito), ma di certo molto del materiale prodotto poi non lo utlizzo 🙂

  7. Penso che i periodi altalenanti siano comuni preaticamente a tutti; personalmente quando mi manca l’ispirazione preferisco affrontare la fatica di sforzarmi di trovare un’idea nuova per scrivere. Ovviamente poi anche i risultati ne risentono e non sempre quello che si scrive è di buona qualità . . .

    Un saluto

  8. Io sono più o meno dell’idea: “Non riesci a scrivere? Scrivi lo stesso, e piantala di perdere tempo”. Più o meno quello che affermi nel punto 3. Rimanere lì seduti ad aspettare l’ispirazione serve solo a farsi venire le chiappe piatte.
    Anche a me capitano periodi di silenzio, soprattutto quando ho finito un racconto. quand’è così, ho imparato che bisogna subito iniziarne un altro, che poi bene o male riesco ad andare avanti. Non ricordo dove l’ho letto, ma so che ad esempio Ray Bradbury ha scritto molti più racconti di quelli che poi ha pubblicato. Non proprio l’ultimo arrivato.

  9. Le “ispirazioni” in genere si trovano dove meno te lo aspetti e quando non le stai cercando. Il mio consiglio è di non ostinarsi se l’idea non viene. Prima o poi arriverà qualcosa da una direzione inaspettata. Altra cosa è il “mestiere” che serve per lavorare con le parole in modo sciolto; qui pagano molto l’ostinazione e la perseveranza, la lettura e lo studio delle tecniche altrui. Comunque, se alla tua amica scrivere piace davvero, non smetterà mai, tutt’alpiù si prenderà una pausa.

  10. Come altre volte, il parallelismo con la mia attività di designer si adatta con la tua di scrittore. E i tuoi/vostri “rimedi” sono simili ai miei.
    Ad ogni modo, senza musica non riesco a combinare niente.

  11. Bel post, che arriva in un momento decisamente opportuno! ^_^”’
    Ho deciso, dopo un periodo mediamente lungo di “punto 1”, di passare ai punti 3 e 4.Questo mi da parecchia energia, che spero mi servirà per completare in tempi decenti tutte le cose che ho in mente, o almeno buona parte di esse.
    E’ brutto essere succubi “dell’ispirazione”… A volte si ha e si da la sensazione di non essere padroni delle proprie stesse idee!

  12. La nostra comune amica ringrazia per il post. Ringrazia anche tutti quelli che hanno commentato e detto la loro. Avrà un blocco creativo, un rifuito verso la scrittura perchè legata a una cosa brutta del suo passato – e non scendiamo in dettagli ^^ – ma è e resterà sempre un’amante della parola scritta e del dialogo in primis. Dice di dire a tutti che vi vuole bene…

  13. Sinceramente credo che se non si vive della propria penna (e lì il blocco dello scrittore è un problema serio) la soluzione sia solo la 1. Smettere. Perchè angustiarsi? A che pro? Meglio fare altro: se le storie e i personaggi vogliono vivere, troveranno il modo, altrimenti è solo tempo buttato via…

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