Robottoni Risorgimentali – Il making of (1: gli alieni)

Mind Flayer. Il punto di partenza "estetico" per creare i Nekton.
Mind Flayer.
Il punto di partenza “estetico” per creare i Nekton.

In questi anni ho scoperto che i lettori amano anche i “dietro le quinte” di libri e racconti (oltre che dei film, ovviamente, ma in questo campo i making of esistono da decenni).
Merito senz’altro dei blog, che permettono di approfondire quelle storie che si svolgono in scenari molto più ampi rispetto a quanto viene mostrato in fase di narrazione.
Scenari che – a dire di molti – meritano approfondimenti tematici.
Approfondimenti che io amo fare.
Quindi pensavo di regalarvi due o tre articoli riguardanti il mio nuovo ebook steampunk risorgimentale, I Robot di La Marmora. Nel link che vi ho appena indicato trovate la sinossi e le informazioni minime indispensabili sulla novelette. So che molti di voi l’hanno già letta e apprezzata. Be’, che dire: grazie.
A loro, ma anche a chi è incuriosito dall’ebook senza averlo ancora comprato, dedico questi post d’approfondimento.
Partiamo oggi con una ricca appendice sui Nekton, gli alieni “naufragati” sulla Terra nell’anno (alternativo) 1864…

I Nekton

Innanzitutto il nome.
Immaginando una razza anfibia, ho cercato qualcosa che potesse richiamare a forme di vita acquatiche. Nekton non è altro che il termine greco per indicare “ciò che nuota”. Con questo nome si identificano i tre grandi grandi gruppi in cui si differenziano gli animali acquatici.
Che il nome sia di derivazione terrestre o adattato dai traduttori tecnologici degli alieni non è specificato né, per il momento, ci interessa particolarmente.

L’aspetto fisico.
Descrivendo per la prima volta il comandante Squood, uno dei Nekton di alto rango citati nel romanzo, si viene a sapere che:

Come tutti i Nekton, arrivava quasi a due metri d’altezza, distribuiti su un fisico longilineo, senza un filo di grasso. La testa dell’alieno era quella di un polpo, chiusa nel consueto casco di sopravvivenza. Questi era riempito del liquido vitale di colore bluastro, di cui avevano bisogno i Nekton per sopravvivere sulla Terra. I piccoli occhi grigi, senza pupilla, e il barbiglio di tentacoli attorno al viso biancastro attribuivano fattezze mostruose a Squood. Il comandante vestiva una tuta spaziale azzurra, completa di guanti a tre dita e stivali gommosi color ruggine.

Una descrizione sufficiente a far capire con cosa abbiamo a che fare.
In realtà avevo in mente un modello a cui ispirarmi per lavorare sulla genesi dei Nekton. Mi riferisco agli Illithid, detti comunemente Mind Flayer, una tra le razze più temute e odiate nei vari universi del gioco di ruolo Advanced Dungeons & Dragons.
Le similitudini sono però quasi esclusivamente a livello estetico.
In quanto a biologia e struttura sociale, i Nekton differiscono parecchio dagli Illithid. Quest’ultimi, pur avendo delle teste da piovre, non sono connessi all’elemento acquitico. Il loro elemento naturale è infatti l’Underdark.

Una Piovra Guerriera. Si tratta di uno dei mostri sviluppati dai Nekton grazie all'ingegneria genetica.
Una Piovra Guerriera.
Si tratta di uno dei mostri sviluppati dai Nekton grazie all’ingegneria genetica.

La struttura sociale, dicevamo.
Nel romanzo si deduce che la società Nekton è retta da un’Oligarchia, un governo dei pochi. Si intuisce anche che buona parte degli oligarchi è di estrazione nobile, laddove per “nobile” s’intende sia di nascita aristocratica, sia chi ha una particolare ricchezza (materiale o intellettuale) da offrire alla società.
Durante la lettura si viene anche a sapere che fino a quattro secoli fa i Nekton erano organizzati in un impero, la cui integrità era continuamente minacciata da due fazioni nemiche, in una perpetua guerra civile: il Gene Sovrano e la Meccanica Evolutiva.
Questi due gruppi sono da intendersi come ibridi tra dei partiti politici e dei movimenti filosofico-spirituali.
I leader del Gene Sovrano pensano che la migliore via per lo sviluppo e l’affermazione della civiltà Nekton sia l’ingegneria genetica, utilizzata senza particolari riguardi etico-morali.
I seguaci della Meccanica Evolutiva, come si intuisce dal nome stesso, sostengono invece l’utilizzo della scienza meccanica, informatica e cibernetica al fine di pacificare dapprima il pianeta e poi altri sistemi solari.
Le due fazioni hanno smesso di farsi guerra col passaggio dall’Impero all’Oligarchia, che funge da punto di concordanza ed equilibrio.

Probabilmente tra i Nekton esiste qualcosa di simile, quantomeno per concezione, alle caste. Una delle più importanti è quella militare/astronautica, il cui fiore all’occhiello è la Flotta. Pari a essa, per importanza e prestigio, c’è quella degli scienziati dell’Accademia, che conta rappresentanti di entrambe le fazioni.

Un nautiloide Nekton. Navetta da ricognizione.
Un nautiloide Nekton.
Navetta da ricognizione.

La tecnologia.
I Nekton vengono da un pianeta situato da qualche parte nell’Ammasso delle Pleiadi.
Nel racconto non ci sono coordinate più specifiche per capire esattamente da dove, né per stabilire quanta distanza hanno percorso per arrivare nel nostro Sistema Solare. Contando però che ci sono circa 440 anni luce tra la Terra e le Pleiadi, è lecito supporre che i Nekton siano in possesso di una tecnologia in grado di “abbreviare” i viaggi interstellari. Tale segreto si cela sulla nave madre naufragata sul nostro pianeta, un massiccio incrociatore stellare in grado di trasportare comodamente oltre quattrocento membri d’equipaggio.
In un breve passaggio de I Robot di La Marmora si scopre anche che in passato i Nekton hanno già colonizzato altri due pianeti in grado di ospitare la vita a base di carbonio. Di essi si sa ben poco, ossia che sono:

Estremamente primitivi, popolati da creature selvagge, schiavizzate dalle armate spaziali degli oligarchi.

In uno scambio di battute tra il comandante Nekton Squood e il capitano umano Goffredo Gambara viene rivelato che la tecnologia aliena è di circa 240 anni superiore a quella terrestre. Considerando che il romanzo è ambientato nel 1866, se ne deduce che i Nekton giudicano di avere un’evoluzione tecnologica pare a quella che la civiltà umana avrà attorno all’anno 2110.

Per il momento si conoscono alcune delle meraviglie scientifiche possibili agli extraterrestri sbarcati sul nostro pianeta.
Sono in grado di manipolare la struttura genetica di animali e piante, dando vita a ibridi utilizzati sia in battaglia sia in locomozione.
Dispongono di potenti armi a raggi, utilizzate probabilmente nelle battaglie campali e/o spaziali.
Sono capaci di costruire esoscheletri molto avanzati, pilotabili tramite grezzi comandi manuali, oppure attraverso collegamenti sinaptici. Da quest’ultima annotazione si desume anche che i Nekton hanno a loro disposizione dei computer dotati di IA (intelligenza artificiale) di livello piuttosto avanzato.

Un’ultima curiosità: i pochi stralci di lingua Nekton che ho citato nel romanzo sono storpiature del Tamil.

Tutto il resto? Lo scoprirete leggendo il mio ebook e i sequel che arriveranno nei prossimi mesi.

I Robot di La Marmora. In versione Mobi (Kindle Store) ed ePub (Lulu Store).
I Robot di La Marmora.
In versione Mobi (Kindle Store) ed ePub (Lulu Store).

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I Robot di La Marmora (presentazione dell’eBook)

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20 commenti

  1. Interessante, i makingoff mi sono sempre piaciuti.
    Questo tuo risorgimento ucrnico è ben caratterizzato, senza troppa scienza steam, ma col giusto aporto anche di quella.
    Vedremo il seguito cosa ci riserverà.
    Piccola nota:Hai fatto bene ha metterlo a pagamento!!!!
    Hai fatto bene

    Hai fatto bene a

    1. Sì, uso il termine steampunk più per identificare il periodo storico che non in riferimento alla scienza steam 😉

      Riguardo al fatto del mettere l’ebook a pagamento, credo che d’ora in poi sarà quasi una costante…

  2. Tamil, non ci sarei mai arrivato! 😀 Ai Mind Fyer avevo pensato, e anche a qualche eventuale citazione lovecraftiana dei Deep Ones. Mi sta prendendo soprattutto la parte sugli alieni e la loro tecnologia, ma sono ancora poco dopo la metà quindi non spoilerarmi nulla. 🙂

    1. A Lovecraft ci arriviamo senz’altro coi prossimi volumi, almeno a livello di citazioni 🙂
      Che poi proprio esplorare la tecnologia aliena sarà una delle cose più divertenti da fare, per me in qualità di autore 😉

      1. Ecco, è una cosa che piace anche a me: i dettagli, la creazione del mondo, dei personaggi eccetera. Peccato che non mi venga in mente una trama o storia decente da anni, ormai. Leggerò con piacere anche i prossimi volumi, e naturalmente farò le copertine. 😀

  3. parlo da modellista, sarebbe carino avere qualcosa in pianta , anche non in scala..poi ci lavoro sopra , parlane con Giordano , quest’anno ho fatto 2 Galactica per un collezionista del veneto, sarebbe carino creare qualche cosa sulla base di quello che mi fate avere..vedi tu..poi te li regalo, ovviamente.

    1. Non me ne intendo molto, tuttavia m’informerò!
      Se escono, come credo, i modellini dei robot di Pacific Rim , sarà un bel punto di partenza per lavorare a qualcosa del genere 🙂

    2. Io come mecha designer faccio pena, davvero. Roba da far piangere le chiavi inglesi. Se non fosse stato per l’app di Alex non so cosa mi sarei inventato.

  4. Ti posso solo dire che questo making of ha dato una spintarella al tuo ebook nella wishlist. Non dico che lo leggerò subito, ma mi hai incuriosito. Quella dei making of è una buona idea, poiché una vasta fetta di lettori li apprezza così come magari passa le ore a guardare i contenuti speciali di un film.

    1. I making of sono opportunità per chi pubblica tramite blog.
      Possono incuriosire e ampliare quanto raccontato nel romanzo, senza ricorrere al tanto odiato infodump.

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