Sette generi letterari che (dicono) non vendono

Clochard 2

A novembre ho postato un articolo molto cliccato: generi letterari che vendono.
Nessuno si è sognato di smentire quell’elenco, anzi, semmai è stato ampliato e allungato con altre voci. Oggi faccio il percorso opposto, ovvero vi elenco alcuni generi che, a dire degli editori tradizionali italiani, da noi non vendono. Non vendono, e quindi non vengono pubblicati. Spesso pregiudizialmente, visto che ho il sospetto che molti “esperti” di marketing al servizio delle case editrici non sia esattamente aggiornati sulle attuali tendenze di mercato.
Che poi il discorso si ricollega idealmente alla faccenda dell’editoria digitale che deve/dovrebbe coprire le nicchie che l’editoria tradizionale snobba, almeno finché incidentalmente non fiuta l’affare. Inciampandoci sopra.
Ma veniamo a noi.

Sette generi letterari che (dicono) non vendono

  • Fantascienza supereroistica. Che in America vende bene, mentre qui da noi stenta a sdoganarsi. “I supereroi non fanno parte del DNA italiano e bla bla bla“. Cose sentite mille volte. Una spiegazione vera non l’ho ancora sentita, forse perché non esiste.
  • Il thriller con elemento esoterico. Va bene se è d’importazione – di solito americano o inglese – ma non se è italiano. L’editore vuole gialli standard, quelli col famoso “commissario Sticazzi”. Standard, rassicuranti nel loro schema noto e familiare. Realistici.
  • Il fantasy-non-fantasy. Ossia quello che rompe gli schemi e evita i cliché (predestinato-mago mentore-signore delle tenebre-nani-elfi-orchi). Un fantasy-non-fantasy può essere quello sui draghi di Pern, o il ciclo di Videssos di Turtledove, tanto per capirci. Figuriamoci cose ancor più complesse, come Il Mastino della Guerra.
  • Horror con elemento fantastico. Sì ai paranormal romance – romanzetti rosa in cui vampiri e mostri sono solo pretesti narrativi, no a tutto il resto. Anche qui, al limite si pubblica solo roba d’importazione. E nemmeno poi molta, a dire il vero.
  • Fantascienza ucronica. Il filone trova qualche spazio nella piccola editoria, mentre nella grande distribuzione è quasi sparita. E dire che nei paesi anglofoni ha interi settori a esso dedicati.
  • Space opera. Ok, forse faremmo prima a dire che nessun sottogenere della fantascienza viene giudicato pubblicabile, ma le space opera in particolare vengono viste come fumo negli occhi.
  • Libri pulp. Ossia, generalizzando molto, storie d’avventura old style. Cussler, Rollins e Steve Berry sì, ma qualcosa di più classico no. Specialmente se ci sono di mezzo dei “vendicatori mascherati” o simili eroi pulp. “Qui non funzionerebbero mai“. Per il resto, vedi il punto uno.

Ma sarà vero che questi generi “da noi non vendono“?
Questa frase l’ho letta e sentita decine di volte, e ogni tanto la uso anch’io, soprattutto nei momenti di scoramento.
Io vi conosco, cari lettori di Plutonia Experiment, e so che porvi una domanda del genere è superfluo. Soltanto qui dentro, in un piccolo angolino del web italiano, siamo in parecchi. Là fuori siete molto più numerosi, e sono pronto a scommettere che leggereste volenti una space opera, un fantasy in stile David Gemmell o un buon horror senza liceali innamorati come protagonisti.
Che poi era roba che una volta, vent’anni fa o poco meno, veniva regolarmente pubblicata anche in Italia. Ai tempi in cui i libri vendevano.
Per dire, eh.

Statistiche libri 2

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42 commenti

  1. Mi vien da ridere, o forse dovrei piangere. Ho scritto quasi tutto di quello che non vende 😀 Però io qualcosa l’ho venduto – e continuo a farlo – lo stesso, forse proprio a quei lettori che non cercano il bestseller pubblicizzato di turno ma qualcosa di più… ricercato. Una nicchia che, per quanto piccola ed elitaria, esiste.

  2. Hai fatto un elenco di tutte le cose che scrivo e che voglio scrivere! Confermo che i vendicatori mascherati pulp da noi non piacciono perché giudicati, come i supereroi, “infantili”. Aggiungi alla lista anche le spy story di ambientazione italiana.

      1. Dev’essere perché la Panini, quella delle figu dei calciatori, li vende e non è in crisi sparata come gli editori coi blasoni. Non ci giurerei però.

  3. beh sì, forse porre qui questa questione ha poco senso, perché bene o male siamo tutti “addetti ai lavori” proprio di questo settore… bisognerebbe provare a proporre la stessa osservazione in un ambiente più mainstream (chessò, ai giudici di masterpiece?) e vedere cosa ne pensano.

  4. Beh, tanto è risaputo che scrivi per la gloria (tua) e per il sollazzo (nostro).
    Che altro vuoi, dei soldi?
    Cazzo, che avidità.

  5. Pensa che mi sono iscritta ad un concorso, pure grosso. Ancora non so se caricherò qualcosa ma intanto volevo dargli un’occhiata. Ora sono in crisi nera perché per classificare la tua opera i generi sono preimpostati da in menù a tendina. Il mio sarebbe Horror (aggiungiamo il tuo “elemento fantastico”). Non figura nel menù. Quindi dovrò caricarlo come mistery? Fantasy? Giallo? …viaggio c’è. Ammetto la mia ignoranza bestiale, non ho mai letto un libro “viaggio”, ne conosc pochissimi, ma di certo conosco più titoli solo di Stephen king! L’horror non è previsto “non vende”. Supereroi sfugge anche a me perchè, e io ne avevo scritto uno pure…non pensavo di aver preso in pieno tutti i generi “No”!

    1. Ah, sì, conosco la sensazione.
      Ci sono anche degli store online (italiani) in cui i generi mettono insieme “Giallo, thriller e horror”, poi c’è in fantasy e la fantascienza spesso manco viene citata…
      Sono soddisfazioni -_-

  6. Comparato al desiderio delle Grandi di avere un catalogo di best-seller, questi generi non vendono – percentuali minime. E gli altri generi – del tuo post di novembre – non vendono comunque, a dimostrarlo ci sono il grafico e le solite statistiche sull’Italia che non legge/compra – anche se questa dicotomia sarebbe un altro interessante discorso.
    Esclusa la cucina e i libri per l’infanzia, solo i più blasonati vedono i dobloni. Ci sono mille commissari sticazzi, ma a vendere è solo il vero Sticazzi, al massimo il commissario FuniculìFuniculà, il resto attende la resa libri.
    Pare che queste idiozie del vende-nonvende siano dovute a esperti di marketing ai quali le grandi c.e. si affidano. Gente che “le copertine rosse non vendono”, detto poco prima che uscisse Io Uccido – è un fatto realmente accaduto.
    Non so come abbiano fatto ad acquisire tanto potere, queste figure.

    Per rimanere sulla questione, ci sono casi indicativi:

    1 – Un paio di anni fa Giuseppe Genna lanciò un sondaggio rivolto ai lettori sul genere del suo nuovo romanzo. Vinse la fantascienza. La Einaudi se ne infischiò – di fatto ha ignorato il desiderio di una fetta di potenziali acquirenti.
    2 – In una intervista dell’anno scorso Alessandro Baricco confessò il suo desiderio di scrivere un romanzo di fantascienza. Magari un anno di attesa è poco, anche per lui. Azzarderei comunque che chiunque lo attenda possa mettersi l’animo in pace.

    (Gli esempi vanno al di là dei gusti personali. Li trovo notevoli in quanto i due personaggi presi in considerazione hanno una influenza oggettiva, anche forte, sul mondo editoriale)

    1. L’unico che c’è riuscito è Enrico Brizzi, che ha scritto ucronia pura (una trilogia!) mascherandola da saga familiare del dopoguerra (guerra ucronica, ma non diciamo troppo in giro), e ha pure venduto bene.
      Ah, poi c’è Avoledo, che scrive fantascienza da quindici anni, e che è stimato da lettori e critica. Solo che nessuno dice che scrive fantascienza. Meglio le etichette di facciata, come per esempio “thriller” o “romanzo sociale”, queste puttanate qui.
      Come se ci fosse da vergognarsi.

      Un libro di fantascienza di Genna lo leggerei ben volentieri.

  7. La cosa paradossale è che poi in ambito selfpublishing, di roba di questi settori, ce n’è a josa. E per tutti i gusti.
    (per fortuna)
    Vorrà pur dire qualcosa, no? 😀

    1. Come diceva Marco Parlato nel suo commento, le CE hanno dato troppo spazio a presunti esperti di marketing, guru che se la tirano ma che, all’effetto pratico, non sanno manco allacciarsi le scarpe.

  8. Consideriamo tre punti.
    1. i costi della produzione e della distribuzione;
    2. la nicchia di mercato disponibile;
    3. le valanghe di nuova spazzatura da vagliare.
    Direi che no, non si vendono, finché ci si muove su carta. Sugli ebook tutto bene, costi e ricavi si spalmano diversamente, il libro di nicchia può usufruire di una “coda lunga” così come i classici latini o i romanzi russi dell’Ottocento.

    Ma su carta… forse ce ne sarebbe per qualche editore specializzato. Ma anche lì non ne sarei certo.

    Dovreste esserne contenti, significa che, finché il sistema editoriale rimane arroccato sul cartaceo, gli autopubblicati sono privi di concorrenza, esclusa quella che possono farsi fra di loro 🙂

    1. Sì, egoisticamente sono felice dell’esclusiva dell’editoria digitale su certi generi 🙂
      Però potrebbe essere vero anche il contrario. Se vendesse anche l’editoria tradizionale ci sarebbe più traino per tutti, credo.

  9. Il genere fantascienza superereroistica, tanto per dirne una va forte in Francia sia in narrativabche nei fumetti. Qui da noi invece sembra che siab” socialmente accettabile” solo il techno- triller o il connettivismo ( che in trenta anni di vita, sinceramente non è che abbia prodotto poi chi sa quali cose….)

  10. Per quanto riguarda la Fantascienza supereroistica sono fermamente convinto che sia tutta colpa di SuperCiuck! 😀

    A parte però l’ironia poco divertente di qui sopra, più che “generi che non vendono” sono “generi che gli editori italiani non sanno commercializzare”. Oddio… già fanno molta confusione tra i generi più canonici, tanto che a volte si trovano dei Fantasy bollati come Young Adult; della Fantascienza bollata come Horror, o addirittura Fantasy, e via discorrendo.
    Ma ciò che manda di più nel pallone i nostri editori sono le contaminazioni… manco fossero virus mortali da cui stare lontani.
    Io non credo che sia un problema nato dai lettori italiani (minchia! Leggono pure Fabio Volo e Moccia… non si può dire che abbiano ‘gusti difficili’), il problema è a monte, a una classe editoriale che ormai non osa più, ma soprattutto neppure ci prova più. La maggior parte dei colossi (perché i piccoli, ogni tanto, il tentativo lo fanno…) stanno a guardare le classifiche (le top ten generiche, non quelle divise per genere etc etc) di vendita all’estero, e di conseguenza poi pubblicano in Italia.
    E per gli italiani? I pochi che riescono a essere prodotti, di solito, hanno già una fama tutta loro, o se la stanno costruendo su altri media, oppure conoscono qualcuno, o vincono un qualche premio ormai blasonato – sicuramente valido, non sto a discriminare su giudici e giurie – come il Giallo di Cattolica (che però finisce per sfornare i soliti gialli) o robe già note.
    Se all’estero i talent scuot scavano nella melma, qui da noi il massimo che fanno per sporcarsi le mani è intrufolarsi sui gruppi di lettura in Facebook! Magari non è così… ma il risultato di quanto esce in libreria non confuta poi troppo la mia bislacca teoria.

    1. Che molti editori non siano in grado di commercializzare e promuovere e senz’altro vero.
      Anche perché a volte i mercati non si trovano, si creano.

  11. Sarebbe un bel post quello sul connettivismo. Siamo in parecchi a non averci capito niente. Quanto ai generi “invendibili” , mi piacerebbe molto che qualche illuminato scrittore nostrano facesse uno sforzo per tuffarsi in una avventura del tutto nuova. Qualcuno c’è. Il citato Avoledo, di Brizzi non sapevo.

  12. Vendere questi generi in Italia è fattibile, ma solo mascherandoli da qualcosa di mainstream. E scremando di brutto le cose più spigolose e difficili.
    Si dice che per vendere bisogna vendersi.
    Certo che se non li pubblicano, non possono vendere no.
    Così bypassano direttamente la questione.
    Poi capita che se viene fuori la moda te li ritrovi anche su per il cu*o ma questa è un’altra storia.

  13. Ho pubblicato un fantasy con personaggi dai caratteri distintivi enfatizzati (come nei manga o nella letteratura dei super eroi). Un fantasy atipico, quindi, con in più qualche nota umoristica. Effettivamente, vende male.

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