La solitudine necessaria

Un altro post di lifestyle blogging, categoria di articoli che vedo affascina tanto voi quanto me.
Che poi eh, le definizioni e le etichette, utili più che altro per mettere ordine tra gli articoli che non per altri motivi particolari. Ma va bene così. Oggi tra l’altro parliamo di una cosa che in pochi sceglierebbero come stile di vita, almeno apparentemente: la solitudine.
Una condizione umana – come la definisce il dizionario – che fa paura e che quasi tutti rifuggono. Infatti i momenti per stare soli con noi stessi sono ridotti al lumicino. Pensateci: fin dalla mattina siamo proiettati in uffici (o aule scolastiche) in cui siamo costretti a interagire con persone che spesso e volentieri mal sopportiamo. La sera ci facciamo coinvolgere in uscite a volte poco desiderate, ma in cui conta esserci per confermare – a se stessi e al prossimo – di avere amici, persone che gradiscono la nostra presenza.
Non dimentichiamoci dei social network: trascorriamo ore a condividere status con persone che non abbiamo mai visto in faccia, pur di non rimanere soli e con cervello concentrato su chissà cosa.
Ma questi rituali anti-solitudine faranno poi bene?

Non lo so. Comunicare è importante – altrimenti che saremmo qui a fare, su questi blog, su Twitter e altrove? Allo stesso tempo credo che ritagliarsi dei momenti da dedicare a noi stessi, senza avere nessuno con cui interagire, sia altrettanto importante. Innanzitutto perché in occasioni di solitudine il cervello lavora con parametri differenti. Si concentra su pensieri e faccende che vengono escluse di default se e quando parliamo con altre persone.
Inoltre, rifletteteci, in molti casi l’interazione col prossimo ci spinge a comportarci in modo da essere accettati. Che questo processo sia conscio o inconscio non cambia la sostanza del discorso. Quando invece siamo soli con noi stessi siamo più predisposti a essere naturali, spontanei, sia nei pregi che nei difetti.
Non solo. Per chi si occupa di lavori creativi ritagliarsi dei momenti di solitudine è necessario per innescare quei meccanismi che generano idee e progetti. Regalare al nostro cervello diverse ore “libere” per poter elaborare dati e suggestioni è importante tanto quanto collaborare con tutti quelli che, in un secondo tempo, completano e perfezionano il nostro lavoro. 

Secondo molti psicologi la solitudine è una condizione necessaria e strettamente correlata all’individualità umana. Rinunciare a essa vuol dire dunque perdere identità. Non a caso gli esempi che ho riportato in precedenza denunciano una progressiva incapacità dell’uomo moderno di metabolizzare la solitudine stessa. La paura dei momenti trascorsi soli con noi stessi denuncia debolezza d’animo e un carattere incline a piegarsi al giudizio altrui. La volontà di sentirsi accettati a ogni costo è – appunto – una perdita d’identità.
Non sbagliava Charles Baudelaire nel dire che chi non sa popolare la propria solitudine, nemmeno sa esser solo in mezzo alla folla affaccendata.

Molti creativi che conosco – scrittori, musicisti, artisti – anelano momenti di solitudine da alternare con quelli di normale vita sociale e/o di coppia. Essi vedono in questa condizione un elemento indispensabile per lavorare, ma anche un’orgogliosa rivendicazione d’indipendenza.
Stare soli non vuol dire diventare eremiti o ambire a una vita fatta di totale isolamento ed esclusione. Certo, ci sono persone che non desiderano altro, ma non è di loro che sto parlando in questo articolo, quanto piuttosto della necessità di imparare di nuovo a stare con nei stessi.

E voi? Qual è il vostro rapporto con questa condizione umana?

33 commenti

  1. Mi rispecchio alla perfezione dei primi tre righi del terzo paragrafo.
    La solitudine è necessarie e utile.
    Quando scrivo (Non prendere appunti per un’idea, o scrivere qualcosa di getto eh xD), ovunque sia, mi chiudo nella mia stanza con il pc, stando in totale solitudine anche per ore. O quando leggo.
    Ci sono cose che necessitano di solitudine e, sinceramente, stare perennemente insieme ad altri non mi va.
    Ho bisogno di un po’ di solitudine, silenzio totale, al limite rotto da un po’ di buona musica, in modo da poter stare con i miei pensieri.

  2. Io sono piuttosto solitario per inclinazione, quindi non ho problemi a star solo. Ovviamente non sono un eremita, trascorro comunque del tempo in compagnia e in genere non ho neppure particolari problemi a interagire col mio prossimo (purché il prossimo in questione lo meriti 😉 però spesso faccio le cose da solo, senza attendere che ci sia qualcuno a farmi compagnia.

  3. Ritengo che la necessità di solitudine sia direttamente proporzionale alla quantità di gente che sei obbligato a vedere (lavoro o altro), una specie di disintossicazione

    1. Il lavoro è senz’altro di stimolo per la ricerca di un po’ di solitudine, ma anche i rapporti umani a volte si fanno apprezzare se presi a dosi alterne…

  4. A volte hai un assurdo bisogno della gente e quando ricorri a questo bisogno il più delle volte rimani deluso e ti dici che è meglio stare da soli.
    siamo complessi, complicati.
    Vorremmo fare a meno di tutti e spesso abbiamo la sensazione di aver bisogno di tutti. Fa parte della nostra miseria, ma non voglio usare quella patetica frase di circostanza che ogni tanto si sente: “solo tra la folla”
    Bisogna sapere gestire bene i due confini:-)

    1. “Solo tra la folla” è però spesso una frase che identifica diversi miei momenti. Ecco, quella è una solitudine che non mi piace perché imposta dalle circostanze e non volontaria.

  5. Quand’ero più giovane ero anche più solitario.
    Invecchiando, le relazioni sociali assumono un altro peso, interagire col prossimo diventa una necessità e talvolta riesce addirittura a diventare un piacere.
    Ma mi riservo dei periodi di solitudine – solitudine vera, non il sentirsi soli in mezzo ad una folla – per riordinare le idee.
    Non è poi così difficile.

    1. In questo caso abbiamo un’evoluzione inversa. Io da ragazzo frequentavo le classiche “compagnie”, mentre ora disdegno qualunque uscita che non sia a due…
      Forse anche perché le esperienze di gruppo furono spesso deludenti sul piano umano.

  6. Io sono solitario di natura 😀
    Non riesco, inoltre, a leggere/scrivere/disegnare/ascoltare musica se c’è qualcuno nelle vicinanze. E aggiungo anche vedere un film, a meno che non stia in compagnia di un muto… c’è sempre quello che ha il vizio di commentare il film…

  7. Io sono un latro solitario per natura, ma anche di quelli un po’ troppo estremisti. Riprendendo la considerazione di Cristiano, potrei dire che è colpa del lavoro che faccio (viceresponsabile in un discount): troppa maleducazione, troppa arroganza, troppa gente convinta che tutto gli sia dovutop e che non ha il benchè minimo rispetto per il lavoro altrui, in poche parole troppi scassacazzi, che mi fanno desiderare la più completa solitudine e il minimo di contatti possibili con la gente. Ma in realtà sono sempre stato un solitario fin da prima. E lo dico sempre: prima o poi mi ritirerò davvero a vita solitaria completa.

    1. Sì, purtroppo più si frequenta il prossimo più si impara a evitarlo. Al lavoro come nella vita sociale.
      I grossi gruppi alzano sempre il livello di idiozia.

  8. Premessa: Non ho avuto il tempo di leggere gli altri commenti, magari qualcuno ha già fatto la mia osservazione… comunque:

    In questo post “giochi” molto sulle estremità dell’argomento. Parli di uscire forzatamente la sera per dimostrare che hai una vita sociale, e di eremiti che anelano alla solitudine completa. E’ giusto questo modo di affrontare l’argomento, ma credo sia in realtà molto superficiale. Il motivo te lo spiego con una domanda: Hai mai provato la sensazione di sentirti solo pur stando in mezzo a una folla?

    Io credo che la solitudine nasca dall’interiorità dell’individuo, e non da fattori esterni. La società può condizionare i nostri comportamenti, ma non il nostro carattere. L’immagine non è la realtà. Del resto il nostro mondo chiama 3D ciò che in realtà è un semplice effetto prospettico. Spesso viviamo di valori effimeri, e trascuriamo i valori reali. Ma ci vorrebbe Froid, o uno dei suoi illustri colleghi, per affrontare questo argomento in maniera solida e approfondita.

  9. “Secondo molti psicologi la solitudine è una condizione necessaria e strettamente correlata all’individualità umana. Rinunciare a essa vuol dire dunque perdere identità.”
    Ecco, io se non mi ritaglio quel paio d’ore al giorno per me stesso, in totale solitudine, sto proprio male. Nel senso che non mi dispiace stare con gli altri in mezzo agli altri, ma poi il tempo per sè stessi è assolutamente necessario e scatta la “misantropia benefica”, paurosamente simile all’eremitaggio.
    Forse sono a metà strada: sto bene con gli altri, e sto benissimo pure da solo in compagnia di me stesso, in completa solitudine.

    1. Ps: ma sarà pure che la “solitudine necessaria” scatta come autodifesa del proprio “io” nel momento in cui non si sopportano un tot di rotture di zebedei (dettate proprio da quel “fin dalla mattina siamo proiettati in uffici (o aule scolastiche) in cui siamo costretti a interagire con persone che spesso e volentieri mal sopportiamo”?

      1. Sì, un paio d’ore al giorno sono necessarie anche per me, soprattutto perché per il resto della giornata sono gioco-forza obbligato a condividere il mio spazio con persone con cui devo essere diplomatico.
        Viceversa mi piace la compagnia, ma oramai devo essere io a sceglierla, a differenza che non in passato, dove nel “gruppo” sopportavi chi c’era.

  10. Io pur essendo nato in una famiglia numerosa- o forse, proprio per questo- sono un solitario di natura: non riuscirei mai a leggere, scrivere o guardare un film e godermelo allo stesso modo se fossi in compagnia degli altri.
    Ritengo, ma forse sbaglio che quelli che cercano la compagnia ad ogni costo, sono proprio quelli che hanno paura di non riuscire ad accettarsi per come sono.

    1. In effetti la famiglia è un fattore da considerare.
      Io sono figlio unico ma ho sempre vissuto a strettissimo contatto con la famiglia di mio zio (noi abitiamo nell’appartamento sopra, loro sotto). Poca privacy, molta invadenza etc hanno fatto nascere in me l’esigenza di ricercare un certo isolamento.

  11. Bell’articolo!
    La solitudine, annosa questione… Da ragazzino ne ero quasi terrorizzato, cercavo di rifuggerla con ogni mezzo, anche accompagnandomi con persone scelte a caso, con cui avevo poco in comune, alla fine.
    Poi, crescendo, ho cominciato ad apprezzarne il valore. Adesso gestisco in maniera equilibrata il rapporto tra solitudine e socialità, e mi sembra che mi riesca piuttosto bene. Diciamo che ho cominciato a gestire bene la cosa quando ho iniziato a scegliere volontariamente le persone di cui circondarmi, al lavoro come nella vita. Poi la “solitudine” acquista anche tanti altri significati quando c’è di mezzo una moglie. C’è una “solitudine di coppia” e una “solitudine individuale”, secondo me, e ad entrambi va dato il giusto spazio…
    Che poi tra “solitudine” e “isolamento” il confine spesso è labile, e se la prima la apprezzo e me la godo soprattutto in certi momenti, il secondo non so quanto sia produttivo, e cerco ancora di evitarlo.
    Comunque un articolo davvero interessante. ^_^

    1. Beh, grazie 😀

      Anch’io da ragazzo, più che da adolescente, ho temuto la solitudine. Diciamo nel periodo post-diploma, in cui temevo davvero di perdere amicizie, compagnie e abitudini. Che poi è andata proprio così, a voler ben guardare 😛
      Col senno di poi devo ammettere che aver cercato forzatamente la compagnia di persone che non avevano nulla a che fare con me mi ha fatto buttare molti anni della mia vita.
      Ora seleziono accuratamente le persone con cui dividere il mio tempo. Forse loro non se ne accorgono, ma è la condivisione della cosa più preziosa che ho 😉

  12. Da ex solitario, nel senso che per conto mio ci stavo spesso e volentieri, a persona-con-famiglia che vorrebbe avere qualche intermezzo per rimettere in sesto il cervello. Il mio biglietto da visita su questa tema potrebbe suonare così.
    Trovo che rimanere da soli sia un fatto fondamentale, anche per i non creativi. Per me il massimo era essere da solo in un bosco, camminare cercando di essere con i sensi il più vicino possibile all’ambiente attorno. Uscivo da 30 minuti di camminata con la sensazione di essermi riposato per una settimana.

  13. Io adoro la solitudine, anzi sempre più spesso la cerco e faccio di tutto per ottenerla.
    Sto bene con me stesso, cosa che invece non accade quando sono in compagnia di altre persone. Che dire, sono strano?
    Forse… ma non per questo mi sento inferiore. Su una cosa hai ragione, quando dici che oggi si ricerca il contatto ad ogni costo, con ogni mezzo…
    Be’, questo fa paura, soprattutto se visto da un lato più filosofico: insomma, dobbiamo per forza venir accettati dagli altri per accettare noi stessi?
    Io non credo, se a qualcuno non vado bene fatti suoi.

    Sul lato artistico e creativo, poi, la solitudine è una componente essenziale. Non potrei mai scrivere, tantomeno creare una storia, se ho persone attorno, nemmeno se fosse la mia fidanzata. No, certe cose sono mie, e solo mie. Non hanno bisogno di confusione, di chiacchiericcio e caos…
    Motivo per cui adoro passeggiare nei boschi o in mezzo alla natura: è rilassante e mette in pari la mia bilancia emotiva!

    1. La mania di essere accettati da tutti e a tutti i costi io la rifuggo come il peggiore dei mali. Io sono fatto in un determinato modo, conscio dei miei difetti. Non vedo perché dovrei snaturarmi per cercare l’approvazione di persone che hanno poco a che spartire con me.
      Sì, in passato l’ho fatto, e ho imparato 😉

    2. Non per scroccare il commento (vedo comunque che molti esprimono idee simili, ed affini alle mie), ma sottoscrivo quanto detto da Narratore74, qui.
      Non sarà un caso se solitudine e silenzio hanno la medesima iniziale, eh?

  14. Di solitudine si riesce a vivere. Ma è una dieta molto monotona. La solitudine aiuta la creatività. Ma senza qualcuno a cui importi, i suoi frutti valgono molto poco. La solitudine ci allontana da quello che non ci piace del mondo e degli altri. Ma in cambio esige un prezzo alto. La solitudine ci ridà forze. Ma, anche, ci prosciuga di qualcosa.
    Un bel dilemma per quelli che da un lato *vogliono* appartenere, eppure sembrano trarre una specie di cupa soddisfazione dal *non* appartenere. Il masochismo della specie umana non conosce davvero frontiere.

  15. Non solo necessaria, ma anche utile… Chi non è un “lone wolf”, è un animale da trivio, e dunque di poco spessore psichico e quasi zero intellettualmente. Esseri soli è bello e giusto. Il problema è quando la solitudine copisce chi ha effettivamente bisogno degli altri…

  16. Se permettete la mia… La solitudine è una vecchia amica che da sempre ha accompagnato la mia esistenza. Figlio unico, bambino e poi adolescente chiuso e taciturno… penso che sia un background che posso condividere con molti. Un particolare, nell’arco di dieci anni avevo perso entrambi i genitori, quindi sono andato a vivere da solo abbastanza presto per gli standard italici. Inevitabilmente ho sviluppato una convivenza pacifica anche se non sempre serena con questa condizione. La solitudine è una componente fondamentale della nostra esistenza. Senza solitudine non sarei quel che sono, probabilmente, non avrei scritto quel che ho scritto fin’ora ma è anche vero che si può rivelare un’arma a doppio taglio. Se da un lato è una fantastica dimensione creativa, che permette la fermentazione e la decantazione dei nostri pensieri, dall’altro rischia di diventare un gorgo nel quale si può esser risucchiati, alimentando paranoie, asocialità e quant’altro. Quando scrivo devo essere rigorosamente solo e in silenzio (condizione non sempre possibile) ma senza dimenticare che c’è un mondo la fuori al quale volente o nolente appartengo.

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