Sulla lunga, estenuante e stucchevole questione dello stile “perfetto” da utilizzare nella narrativa si è detto tutto, senz’altro anche troppo. Le scuole di pensiero sono ben delineate, tra estremismi di tutti i tipi, dai talebani dei manuali ai superficiali che pensano che la scrittura sia solo arte e istinto, senza regole.
Nemmeno farlo apposta la verità sta nel mezzo. Scrivere è un mestiere e come tale deve essere imparato, raffinato e costantemente migliorato. Come in tutti i mestieri creativi non esiste però un’unica via dogmatica che porta alla perfezione. Perché, di fatto, la perfezione non esiste.
Anzi, vi dirò di più: cercarla ossessivamente causa danni irreversibili. Lo dicono diversi autori con un certo pedigree, come per esempio H.G.Wells e John Ruskin. Lo dice uno dei più grandi esperti mondiali di marketing, Joe Vitale, eminenza grigia dietro al successo di alcuni clamorosi bestsellers internazionali. Controverso e senz’altro molto astuto, Vitale è innegabilmente il maestro di quella che lui stesso definisce “scrittura ipnotica”. Vale a dire una scrittura che coniuga contenuto e vendibilità. Questi, in breve, sono i suoi cinque comandamenti per quel che riguarda l’equilibrio tra perfezione e imperfezione della scrittura.
- Continuate a scrivere senza fermarvi.
Finito un progetto mettetelo da parte per un periodo che va dai 3 giorni (minimo) alle 3 settimane. Nel frattempo iniziate a scrivere qualcos’altro, magari un semplice racconto che non finirete mai. Serve per mantenere l’allenamento, per non arrestare la creatività. Ray Bradbury scrisse oltre 2000 racconti, di cui solo un decimo venne poi effettivamente pubblicato. Uno dei suoi metodi per non smettere mai di scrivere era abbozzare parole a caso su un foglio bianco, procedendo per associazione di idee. Ogni tanto ne saltava fuori un lavoro degno di essere sviluppato.
- Eseguite un numero limitato di revisioni.
Dopo il periodo di decantazione che vi siete imposti (dai 3 ai 21 giorni circa) riprendete in mano il vostro manoscritto ed eseguite un primo editing. Quindi eseguitene un secondo e un terzo. Secondo certe scuole di pensiero dovreste ad arrivare al punto di cancellare una parola ogni sei per ottenere un buon risultato. Se avete amici sinceri e capaci approfittate di loro per avere un certo numero di beta-letture esterne. Contando che non si può piacere a tutti, ritenetevi soddisfatti quando il 60% circa dei vostri beta-lettori si dichiarerà entusiasta di quanto ha letto.
Una volta ottenuto ciò, imponetevi un numero massimo di revisioni extra. Ancora due o tre al massimo. Non cercate la continua limatura del vostro lavoro. Otterrete solo manoscritti inediti la cui pubblicazione ritarda di settimane, mesi o addirittura anni.
- La quantità conduce alla qualità.
Vale l’aneddoto su Ray Bradbury riportato al punto uno. Non limitatevi a scrivere solo quando avete in mente una storia fatta e finita. Scrivere racconti incompleti, obiettivamente brutti o solo abbozzati è comunque un modo per scavare nel subconscio, per generare idee. Partite anche dal presupposto che nessuno tranne voi vedrà gli “orrori” che scrivete nell’attesa che vi arrivi l’ispirazione per qualcosa di più concreto. L’idea perfetta – così come la scrittura perfetta – non esiste. In compenso esistono degli spunti embrionali, grezzi, che possono trasformarsi in buone storie dal momento in cui provate a “modellarli” sul foglio/file. La quantità conduce alla qualità era anche uno dei motti dello scrittore e poeta britannico John Ruskin.
- L’editor non è Dio.
Non c’è passione uguale a quella che spinge a modificare il testo scritto da un altro. Lo dice H.G.Wells, non io. La valenza di un buon editor è assoluta e imprescindibile. Tuttavia tenete conto che la storia che lui corregge è pur sempre la vostra. Quando va a toccare idee e concetti non ha necessariamente sempre ragione. Casomai discutete le obiezioni che vi fa ma, se a fine conversazione non siete convinti di quel che vi ha proposto di cambiare… beh, non cambiatelo.
Per quel che invece concerne le correzioni a livello di refusi, di grammatica etc, non battete ciglio: ringraziate e sistemate i danni.
- La percezione è vostra nemica
Molti scrittori sono perennemente insoddisfatti di quel che scrivono perché lo percepiscono “sbagliato”, incompleto o insoddisfacente. Per quanto fare autocritica sia giusto, anzi, sacrosanto, sappiate che proprio la percezione può essere la vostra più grande nemica. Proprio per questo, come suggerito nel punto 2, ricorrere a lettori esterni è indispensabile per evitare di essere troppo severi con se stessi, alla ricerca di quella perfezione che comunque non raggiungerete mai, specialmente se siete scrittori ipercritici.
Il secondo post oggi questo che trovo sulla scrittura. Utilissimo davvero! Il primo dei suggerimenti è quello che mi è piaciuto di più. Userò il tuo articoletto come piccola guida 😉
Devi ringraziare Joe Vitale: io ho avuto solo il merito di riprendere i suoi consigli e di schematizzarli 😉
Splendido, condivido tutto e tutto è essenziale, a meno che non si veda la scrittura come semplice atto voluttuario (o se ne parli solo, ma non si faccia nulla xD).
L’errore che faccio è che quando mi metto su un racconto, lo edito o lo ricorreggo subito, mi sa che prenderò questa cosa delle tre settimane di tempo .-.
D’accordo anche con l’ultimo punto, mi è capitato che trovassi quello che avevo scritto appena decente mentre a chi lo leggeva (fidati beta-reader xD) piaceva molto…meno male che ci sono loro, altrimenti finirei a correggere per l’eternità xD
Trovare il giusto bilanciamento tra i vari modus operandi non è semplice, ma necessario.
Fai conto te che io, dopo anni, ancora non ho trovato il sistema migliore per affrontare l’editing. Ma pian piano mi avvicino 🙂
Ecco, io devo lavorare ben bene sul’ultimo punto. ;D Scrivere articoli mi riesce naturale, ma nella narrativa sono ipercritico (nei confronti di me stesso, ovvio). Riuscirò a migliorare il mio atteggiamento prima o poi… e un sacco di gente rimpiangerà quando tenevo i miei capolavoVi nel cassetto! U_U
Non sono sempre d’accordo con te quando parli di scrittura, ma idealmente questo post lo quoto al 100%, punteggiatura inclusa. Certo, poi tra concordare e mettere in pratica c’è in mezzo il mare, ma è comunque qualcosa.
Beh, per fortuna abbiamo pareri diversi… Non c’è una verità assoluta quando si parla di scrittura (sebbene qualcuno la pensi così) ed è bello che ci siano scuole di pensiero differenti 😉
Non sono d’accordo al 100% ma… se esistesse la perfezione nella scrittura, allora tutti i libri sarebbero identici, e noiosi, e non adatti ai differenti gusti dei lettori. Insomma… la narrativa sarebbe assolutamente piatta e inutile!
Uhm, ribadisco che, pur trovandoli dei buoni punti che condivido in linea di massima, non sono miei, bensì del “guru” Joe Vitale 😉
Giusto per non prendermi meriti (o demeriti) ingiusti.
Che dire, condivido.
A prescindere dal fatto che sono contrario a tutti gli schematismi di sorta. Approvo soprattutto quanto Vitale dice circa gli editor.
Gli schemi di solito esistono per far nascere le eccezioni 😀
Però in linea di massima, quando non sono strangolanti, sono dei buoni punti di partenza.
Post stupendo. Mi piace moltissimo, è pieno di consigli azzeccati e molto utili 🙂 Per quanto riguarda la perfezione, se ci fosse, la vita non esisterebbe 🙂 Grazie! 🙂
Grazie a te 🙂
Reblogged this on Voglio scrivere in silenzio and commented:
L’ho trovato utilissimo, perciò lo re-bloggo per voi. Grazie ad Alessandro Girola per averlo postato 🙂
Condivido ogni punto, soprattutto quello sulla percezione: a me frega di continuo e sono sempre dell’idea che quello che scrivo sia una ciofeca.
Per fortuna che hgo un paio di lettori onesti e in grado di rimettermi sulla retta via… 😀
Approfitto di uno dei rari momenti in cui il frullatore familiare rallenta… 😉 per scrivere un commento oltre che leggere quello che scrivi sul blog…
Condivido tutti i punti anche se poi nella pratica ho problemi con il punto 2.
Non riesco a mantenere sotto controllo il numero di revisioni.
Alla fine mi piacciono i concorsi e le scadenze in genere perchè mi obbligano a smettere di rivedere continuamente il testo.
Quello che tipicamente mi accade è che nel tempo io cambio punto di vista e feeling rispetto alla storia e a forza di rivederla alla fine scrivo un’altra storia di solito meno fresca di quella iniziale.
E’ come una lunga e lenta metamorfosi senza fine.
E’ difficile fermarsi.
In questo senso la scadenza di un concorso o anche la promessa fatta ad una persona di fargli leggere la prima stesura di una storia aiutano molto.
Visto che mi ci trovo e non so quando riuscirò a commentare di nuovo ti ringrazio per i bei post dell’ultimo periodo sui misteri e sul lifestyle, tutti davvero molto interessanti.
Domandone: lo so che sei impegnato con 2MM(appena avrò un attimo leggerò gli utlimi ebook che hai rilasciato) ma che mi dici del Borgo?
Grazie del commento! 😉
Per il Borgo non ho scuse: al momento non ho ancora scritto i nuovi capitoli, vuoi per mancanza di tempo vuoi per mancanza di voglia. Rimedierò, prima o poi. Giuro!
Bel post.
Mi ha fatto venire in mente il cartello che tengo appeso in ufficio: il meglio è nemico del bene
complimenti un post interessante
Mmmh… per uno come me che ha sempre detto che la N. è priva di regole, non posso che ‘sentirmi chiamato in causa’ :-)… nulla di vitale, ovvio; ma per ribadire che in effetti a modestissimo mio parere (ognuno dell’esperienza della scrittura trae quel che più crede e vuole) la scrittura non ha regole… salvo quelle dettate dalla lingua parlata -ma anche qui dipende eccome: dall’idea- dal raziocinio (ti rivolgi ad esseri pensanti e, ad oggi, capaci di questa e quella comprensione; calcolando ovviamente che il Q.I. dell’umanità media va via-via salendo, incredibile ma vero…) e dalle fondamenta stessa dell’idea adescata.
Cioè: quando si apre un’idea, si apre anche un mondo… che è esso stesso fatto di regole, ma regole del tutto nuove, da decifrarsi e a volte anche nel mentre… non foss’altro perché in quel mondo non sei mai stato prima, lo devi ‘evolvere’ e ‘scoprire’ nell’atto stesso d’esplorarlo per la prima volta -lo puoi aver intuito, ma è cosa diversa.
Io suppongo che ‘regolarizzare’ a prori in che modo scrivere significhi, all’atto pratico, escludere dalle proprie idee cose che, siccome troppo estranee alle mie premesse stilistiche (eh sì: si creano premesse stilistiche, quando ci si incanala in un tracciato), mai le affronterò…
Più volte ho fatto, in blog sparsi per tutto il mondo virtuale, esempi legati a quelli che definisco due geni: Tolkien ed Ende. Esiste un parallelismo molto evidente, fra loro, ravvisabile nella stesura de ‘Lo Hobbit’ e ‘Il Signore degli Anelli’ e ‘Momo’ e ‘La Storia Infinita’…
Ebbene: entrambi gli autori si sono cimentati con lavori molto fanciulleschi pensando ai primi di questo paio di libri, e più seri e ‘dotti’ pensando agli ultimi…
Credo anche che se avessero adottato delle regole di scrittura, o uno o l’altro dei due mondi non sarebbe venuto fuori, o l’avrebbe fatto ‘storpiandosi’, mentre io li reputo affascinanti entrambi.
Insomma: posto non vi siano verità in tasca da regalare, in merito alla N. (e così sempre supporrò, credo), l’osservazione che ne traggo è che la N. sia un’arte da disciplinare, ma non da ‘trattenere’ con delle regole. O meglio: le si può anche adottare, ma come ‘modus operandi’ individuale, senza stare a pretendere che gl’altri debbano agire secondo il nostro conto…
Ende, ad esempio, affermava: “ho voluto scrivere pensando ad un linguaggio bambino, universale, perché i drammi che ho passato, e specie la guerra, hanno sviluppato in me la voglia di essere quanto più comunicativo per alcuni argomenti…”.
E questa è una sua osservazione e un suo modo di fare N.: non sarà però così per tutti… né lo poteva pretendere.
E ciò che ora ci riserbiamo di additare come ‘cose antipatiche’, persino ai nostri stessi occhi potranno apparire, a tempo debito, cose fantastiche…
Partendo da Ende, mai avrei creduto di far mia la parola più ‘astrusa’, eppure oggi le finezze di cui è tanto capace Alessandro Forlani le trovo ottime trovate.
In pratica: se un qualche tipo di ‘fedeltà’ la voglio ravvisare, in un lavoro, essa non è attribuibile a dei canoni estetici prefigurati, assoluti, ma all’idea stessa del libro, perché anche scrivere coi piedi può essere un’idea vincente -si prenda ad esempio ‘Fiori per Algernon’, noto bestseller di fantascienza.
Ma Fiori per Algernon non è scritto coi piedi.
Il solo fatto che riesca a modulare lo stile di scrittura alle fasi attraversate del protagonista, non è esattamente un espediente banale.
Nessuno ha ragione più di te… 🙂
Ma insomma, si sarà capito cosa voglio dire: persino scrivere con un frasario pieno d’errori può costituire un’idea più che valida… alla quale magari avrei posto ‘resistenza’ se avessi contenuto il mio ‘atteggiamento’ di fronte alla macchina da scrivere secondo precetti a me graditi. Direi, piuttosto, che ci si debba -parer mio- ‘svuotare’, piuttosto che confermare convinzioni… perché tu fai per ‘integrarti’ a qualcosa che ancora non conosci… è in te, ma è anche ‘estraneo’…
Un po’ come nel matrimonio: la persona la senti tua, ma la devi accettare, valutare, conoscere, ecc. A mio avviso la cosa prevede un ‘ammorbidimento’ delle proprie attitudini molto-molto simile. A meno di non essere sempre uguali nella scrittura, ma io i vari S. King non li sopporto… pur riconoscendo che hanno avuto idee meravigliose.
Un post molto interessante. A una pignola come me qualcuno lo deve pur dire che forse una decina (o più) di revisioni sono un po’ troppe, no?
Non cerco mai la perfezione (che non esiste e, se esistesse, non sarebbe alla mia portata), ma cerco di raggiungere il risultato migliore che posso e a volte ciò significa non arrivare mai alla fine!