Io e la mia fantasia

Se c’è una cosa di cui non ho mai difettato è la fantasia.
Fin da bambino mi facevo trasportare dalle storie dei giochi di ruolo, dei librogame, dei fumetti. Poi sono subentrati romanzi e film.
Ogni cosa di cui mi appassionavo, sognavo poi di reinterpretarla in modo leggermenete differente, nella mia testa. Questa è un po’ la pena di tutti gli scrittori: per quanto apprezzino quel che leggono, si sentono sempre in dovere di realizzarne delle loro versioni. Magari più brutte, ma personalizzate.
Ed è così che da qualche anno a questa parte mi ritrovo a condividere con voi racconti, romanzi, scenari collettivi (etc etc).
Ho detto di avere molta fantasia. A differenza di altri non mi sognerei mai di giudicarla di par mio. Questo tocca farlo a chi legge. Qualcuno trova le mie storie semplici, altri avvicenti, altri ancora brutte o noiose. Ci sono poi i guardiani del dogma, quelli che “l’horror si scrive così“, “la fantascienza è questa” e bla bla bla.
Col tempo ho imparato a fregarmene di chi crede di avere la scienza infusa. Se la scrittura risponde effettivamente ad alcune determinate regole, la fantasia è libera e tale deve rimanere. Perché di essere imbrigliata non ne ha proprio voglia. La snaturerebbe, la ucciderebbe.
E io alla mia fantasia devo troppo per farle del male.

La vita reale è la fuori, lo so bene.
Non sono più l’adolescente che viveva più negli scenari di Advanced Dungeons & Dragons che non a casa mia.
La vita reale si è fatta sentire, utilizzando i suoi abituali metodi da gangsta. Malattie, amicizie e amori traditi, colleghi infami, bollette da pagare, pensieri su pensieri, la morte che prende i tuoi cari. Oh, sì, si è fatta sentire. Ha picchiato duro, come un vandalo di strada.
I miei scudi migliori per parare i colpi sono sempre stati due: una tendenza naturale allo stoicismo e la fantasia.
Dello stoicismo magari parliamo un’altra volta.

La fantasia è quella che mi porta a scrivere storie che hanno elementi estranei al contesto reale. Odio scrivere racconti del tutto attinenti col reale. Semmai mi piace leggerli, ma non crearli. No, io ho il bisogno di inserire il “fantastico” (quelli bravi lo chiamano così, o anche speculative fiction, all’inglese), di modo di alterare la realtà, dandone un’altra interpretazione. Che essa sia allegorica o meno è in fondo poco importante. La maggior parte di ciò che scrivo deve soprattutto divertire e divertirmi. Eventuali significati simbolici possono essere inseriti in modo più o meno inconscio. L’importante è gustarsi il viaggio, non trovarne una ragione.

Qualche sapientone si fa bello definendo tutto ciò “roba da decerebrati”. Che poi è solo la variante più cafona di chi, da sempre, ci chiede con superiorità “Come fai alla tua età a scrivere/leggere quelle cose lì?
Ovviamente non si pongono mail la domanda opposta: “Come faccio io a farne a meno?” La loro aderenza totale alla realtà li rende servi della medesima. Ogni problema, anche il più piccolo e ignorabile, diventa una questione di vita o di morte, perché non hanno null’altro di meglio da immaginare.
E l’immaginazione è un’arma forte. Anzi, è uno strumento forte.
Abusarne farà pur male, non lo metto in dubbio. Sospetto che a questo punto ci sarà già chi è pronto a scrivermelo nei commenti. Può darsi che sia vero, tuttavia io preferisco padroneggiarlo, questo strumento. Perché, se in un blog qui vicino c’è chi sostiene che ubriacarsi e drogarsi in fondo fa bene, allora io preferisco essere dipendente dalla fantasia, che magari mi fa stare con un po’ con la testa fra le nuvole, ma che non mi sfracella il fegato.
Io la amo, la mia fantasia. Anche se è brutta, un po’ asociale e non legge tutti i manuali di scrittura che consigliano quelli che la sanno lunga.

– – –

(A.G. – Follow me on Twitter)

40 commenti

  1. In una mia poesia di qualche anno fa (ebbene sì, scrivevo anche poesie, ma resteranno sempre chiuse a chiave in un cassetto) un verso dice:
    ciò che non ho vissuto è stato la mia salvezza
    nel senso che in alcune circostanze è stata proprio la capacità di immaginare qualcosa di diverso da quel che stavo vivendo a evitarmi di tracollare.
    Poi, per carità, un po’ di pragmatismo è ugualmente importante, e saper trovare il giusto equilibrio fra fantasia e senso pratico è fondamentale.
    Però, non toglietemi la capacità di immaginare come un bambino. É come perdere il piacere di vivere.

  2. Credo di aver avuto un rapporto con la fantasia molto simile al tuo. La differenza è che tu, per fortuna, hai avuto modo di lasciarla libera di andare dove voleva, mentre io mi sono sentito legato per parecchio tempo.
    Ma la fantasia, se tanta e viva, non rimane a lungo imbrigliata e arriva il giorno in cui lacera le catene e si libera.
    E così ho preso a scrivere, trovando un perfetto connubio fra la mia vita reale e il mio piccolo grande mondo fantastico.

    Mi verrebbe da dirti “non rinunciarci mai”, ma so che sarebbe inutile quindi mi limito a dirti di allacciare le cinture: il volo sarà spettacolare! 🙂

    1. In realtà ho vissuto un periodo nemmeno poi breve, diciamo tra i 23 e i 25 anni, in cui per seguire le persone sbagliate avevo praticamente abbandonato ogni mia passione legata alla fantasia. Poi per fortuna la mia indole ha prevalso su tutto il resto!
      Anche per te è andata così, dai! 🙂

  3. Anche per me la fantasia è stata una salvezza.
    Al di là del rendere sopportabili situazioni obiettivamente pesanti per un bambino, la trovavo utilissima per riempire tutte le cose che mi mancavano, anche le più semplici.
    Ad esempio mi capitava che mio cugino mi regalasse dei fumetti ma spesso mancavano dei numeri e alcune storie erano a metà. Mi consolavo immaginando come potesse essere la storia nel numero mancante e completavo io la storia.
    Se vedevo in libreria un libro con una copertina bellissima assolutamente improponibile per i miei risparmi passavo giorni ad immaginare quale storia ci fosse al suo interno e mi è anche capitato di leggere qualcuno di questi libri e non sempre sono stati all’altezza delle aspettative. 🙂

    La mia bambina ha ereditato la mia fantasia sfrenata e la maestra d’asilo un po’ ci ride – è capace di giocare per un’ora con un nastrino di un pacco regalo, mi dice – e un po’ si lamenta perchè è spesso con la testa altrove. E siamo solo all’asilo…

    1. La tua bambina mi sta simpatica 😀
      Credo che la fantasia sia sempre un valore in più, anche nelle cose comuni di tutti i giorni. Anche sul lavoro, o nei rapporti di coppia. Quindi meglio senz’altro averla. E se il nostro pare un commento di parte, beh, non importa 🙂

  4. Eh… che poi sei stato l’unico a non rivelarci il tuo mondo. Quello in cui passi le giornate.
    Io, come sai, divento alcolizzato chiacchierando insieme a Betty, che se ne sta in bianco e nero a guardare il mondo obliquo. ^^
    Tanto per dire. 😀

  5. Stiamo osservando i disastri generati da una cultura – politica e imprenditoriale, ma poi tracimata nella cultura generale – che… ah,com’è che dicevano? Che “mirava al concreto”.
    L’idea era che coi soldi avremmo potuto avere tutto ciò che potevamo immaginare, e forse per questo, quando è risultato palese che non era vero, abbiamo cominciato a immaginare di meno, in modo che il poco che immaginavamo fosse disponibile per l’acquisto.
    L’annosa questione della maestra che dice ai genitori “Il bambino è distratto ed ha troppa fantasia” – in realtà un’ammissione di fallimento nel coinvolgere il ragazzino, tramutata in un marchio d’infamia per il ragazzino stesso.
    E poi via, il terrore dei genitori all’idea che il figlio che legge fantascienza diventi un disadattato e non un sano elemento produttivo come quei ragazzi normali che sanno a memoria la formazione della nazionale e le canzoni di Lucio Battisti…
    L’ossessione per la realtà si è insinuata come un cancro nella mente delle persone.
    Che non sanno più immaginare alternative, che non sanno più inventarsi una vita quando tutto collassa.
    Che hanno perduto, con la fantasia, proprio il contatto con la realtà.
    Quindi, chi ce l’ha, se la tenga stretta.
    Potrebbe fare la differenza fra la vita e la morte, a tempi brevi.

    1. Stretta attualità: degli americani si può dire tutto il male che volete, ma sanno ancora sognare. Ed è una differenza che pesa, eccome. Perché la fantasia è anche quella di saper immaginare un futuro migliore, che non sia fatto solo di accordi sotto banco e di sacrifici.

      La nostra fantasia, quella più speculativa, è sempre stata considerata quasi una cosa di cui vergognarsi. Poi scopri che chi non la possiede ha una vita assolutamente stressante, fatta di una realtà posticcia e senza spiragli a qualcosa di meglio, o di diverso.

      La fantasia potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte? Quanto mi piace questa frase…

      1. Concordo in pieno.
        Gli americani, ma i popoli anglosassoni in genere, sono più propensi al gioco, ai sogni a tutte le età.
        Da noi c’è una specie di dettame non scritto dopve dopo i 30 se non metti la testa a posto (sposarsi, fare figli, avere un lavoro ben remunerato) sei uno sfigato.

        Tutta la vita mi sono sentita dire “ma non puoi pensare a cose più serie” oppure “certo che sei strana” solo perchè sono capace di sognare con un libro tra le mani per ore.
        Quando hai indetto il tuo ultimo concorso pandemico, mi sono immaginata una storia, e ha vissuto con me per giorni, ogni momento di pausa dal lavoro, dalla routine la mia fantasia mi trasportava in scenari apocalittici di contagio.
        Qui, in questa società, avere tutta questa fantasia dopo i 30 sei un nerd, uno sfigato, uno che ha “qualche problema”.
        Che gioia poter venire qui e constatare che non sono sola. Davvero.

  6. Cosa vuoi che ti dica, condivido in toto quello che hai scritto…
    io vivo completamente con la fantasia: un sogno a occhi aperti
    a volte penso di essere pazzo, però me ne frego *O*

  7. Ehi, io di fantasia ne ho a vagonate… Ma mi piace Lucio Battisti! 😀
    Scherzi a parte, il commento di Davide è drammaticamente riassuntivo della realtà che viviamo. Non a caso, nelle famose “tre i” del progetto educativo degli ultimi governi, non c’è traccia della i di “immaginazione”.
    Invece di “informatica” ce ne dovrebbe essere a palate, eppure nessuno sa cos’è un ebook reader, dalle nostre parti.
    Per non parlare della i di “inglese”.
    Rimane traccia solo della i di “impresa”, e le cose sì che diventano inquietanti: praticamente ci si auspica che i giovani diventino “imprenditori” (di se stessi?) senza conoscere una mazza di “inglese” e “informatica”, e soprattutto senza avere uno straccio di “immaginazione”. Come la vedo male…
    Il fatto è che fa comodo che le persone manchino di immaginazione, così non si lamentano se la squallida realtà non aderisce ai loro sogni, alle loro aspirazioni. E possono continuare a smerciare realtà di seconda mano, triste e usata, come roba buona.

    Per fortuna io, alle medie, avevo una professoressa di Lettere che alla mia immaginazione ci teneva molto, e mi ha aiutato a coltivarla con serenità. Lei e soprattutto mia madre hanno contribuito alla causa, lo ammetto con un certo orgoglio.

    1. La concezione italiana dell’impresa mi fa sempre rabbrividire.
      L’inglese, questo sconosciuto.
      L’informatica, questa sconosciuta.
      L’immaginazione invece sta proprio sulle balle ai più 🙂
      Perché bisogna pensare alle cose concrete. Restare umili e coi piedi per terra. Un consiglio che ha senso, ma che oramai è inteso soprattutto nel senso “non metterti strane idee in testa”.

  8. A chi dice “ma come fai alla tua età ecc…” vale la pena rispondere “perché io non sono vecchio”.

    Vecchio non inteso anagraficamente ma come atteggiamento mentale, rimasto inchiodato a valori che forse andavano bene un tempo ma che oggi sono superati.

    E poi lo scrivere, leggere e occuparsi di narrativa di genere (soprattutto fantasy, fantascienza e horror, invece gialli e thriller sono meno discriminati…) non credo sia diverso dal dipingere, dal cantare, dal suonare uno strumento o dalla scultura, è pur sempre un modo di esprimere se stessi e di stare bene facendolo. Indipendentemente dal “risultato” in termini monetari, ammesso che si abbia questo obbiettivo.

    P.S. In alternativa alla frase “alla tua età ecc…” si può sempre rispondere “parla quello che guarda Amici (o altro programma)…”

    1. Assolutamente in linea col tuo pensiero.
      Si può essere vecchi anche a 18 anni, e forse è questo che fa più paura. Molti ragazzini hanno già sogni da grandi: l’auto, i soldi, portarsi a letto una tipa diversa ogni sera.
      Forse sognare cose più astratte e irraggiungibili a volte serve a sollevarsi un po’ dalla melma in cui galleggiamo.

  9. Volendo giocare sulla semantica, cosa vuol dire ‘fantasia’? Per te e per altri è un fatto di espressione e di creatività, un dar voce alle proprie capacità e ai propri talenti con in più la meravigliosa possibilità di metterli a disposizione del prossimo. Per molti la fantasia arriva dall’esterno, dai media e dalla rete, veicolata in maniera massiccia da chi vuole influenzare consumi ed abitudini.
    Si parla spesso del ‘rimanere bambini’, in genere contrapposto al concetto di crescere e di prendersi le proprie responsabilità, di affrontare la realtà (si suppone con un certo cipiglio). E’ un concetto falso, sbugiardato proprio da chi si occupa dei lati peggiori del vivere di ogni giorno. La fantasia è parte di noi, una manifestazione del mondo delle idee. Rinunciarvi è possibile, certo. Peccato che equivalga a un suicidio.

    1. Sul concetto di realtà abbiamo già detto, eppure continua ad affascinarmi.
      Sarebbe il caso, come suggerisci tu, interrogarsi anche sul concetto di fantasia, e del perché esso è tanto importante in moltissimi campi della vita.
      Molti imprenditori di successo, parlo a livello mondiale, sono partiti da uno scantinato e da una creatività inestinguibile, non dai soldi di papà, come accade in Italia…

  10. Sei un grande continua così; la cosiddetta realtà del mondo contemporaneo è talmente turpe che senza fantasia sarebbe difficile viverci. Io vivo interi mondi nella mia testa e ultimamente ho cominciato a costrurci storie che racconto a mio figlio mentre lo accompagno a scuola in macchina fra il traffico quotidiano. Ultimamente sono in fissa con la saga di Marte di E.R. Burroghs di cui sto leggendo oltre i romanzi gli splendidi fumetti della Dynamite e mi invento storie di avventure mirabolanti su Barsoom di Dejah Thoris e John Carter.

    1. Fai benissimo a vivere questi mondi nella tua testa, evidentemente ti fanno un gran bene e ti aiutano a interagire serenamente col mondo reale che sta là fuori.
      Bel commento (e bei gusti), grazie!

      1. Io ti ringrazio perché da quando leggo questo blog la mia fantasia è aumentata e dopo aver letto parecchi tuoi lavori (che mi sono piaciuti parecchio tra l’altro) nei ritagli di tempo mi sono molto modestamente impegnato a scrivere qualcosina pure io.

  11. Quoto Davide. Anzi, lo sottoscrivo. E a proposito di fantasia, non guasterebbe che i pur validi registi attuali facesser uno sforzo di. Tre film recenti riciclano il topos dell’eroe che sembra muoia e poi riappare (The dark knight rises – Sherlock Holems – gioco di ombre e Skyfall). Insomma, nutriamola, questa fantasia.

    1. I film recenti sono pallide ombre di tutto ciò che è già stato scritto e girato.
      Quelli che citi tu sono quantomeno girati bene, tuttavia qualcosa di nuovo, almeno parzialmente, sarebbe davvero gradito.

      1. Infatti. Proprio perchè prodotti validi mi spiazza che utilizzino un finto colpo di scena trito e ritrito. Certo, molto spesso la ripetizione, più che la novità, paga, ma qui il discorso si fa complesso e uscirebbe in ogni caso dall’oggetto del post.

  12. Io ho sempre trovato che la fantasia più che una “fuga” dalla realtà sia iinvece un modo per approfondirla dopo averla spogliata delle consuete apparenze.

  13. Anch’io, come te, devo moltissimo alla fantasia.
    Se non ne avessi avuta, non mi sarei salvato.
    E se anche mi fossi salvato, oggi sarei un’altra persona, e di certo non sarei nemmeno qui a commentarti.

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