Parlo male degli autori self-publishing

Bullseye

Come da titolo dell’articolo, oggi mi propongo di parlare male dei miei colleghi.
Sì, sono un autore autoprodotto. Per scelta, non come ripiego. Non me ne frega nulla di pubblicare con editori italiani che danno royalties miserevoli, anche se in passato mi è capitato di farlo.
So che del self-publishing si parla male. Il settore – in continua espansione – genera diffidenza, mugugni ed è ampiamente odiato dalle case editrici tradizionali.
Mille volte mi sono speso per difendere la categoria. Bella forza, direte voi, visto che ne faccio parte. Ok, sì: è vero, ma non si riduce tutto al tornaconto personale. In realtà ho conosciuto tanti validi colleghi autoprodotti e ho scoperto che buona parte di loro sono qualitativamente più validi di altri scrittori pubblicati in maniera canonica. Non a caso collaboro con loro e aspetto ogni nuova uscita con una certa trepidazione.
Ok, ma poi c’è l’altro lato della medaglia.

Che, più o meno, comprende cose di questo tipo:

  • Autori che vendono ebook senza alcuna revisione, infarciti di errori di grammatica basilare. Se qualche refuso è ben tollerabile, un intero racconto infarcito di errori è inaccettabile.
  • Autori che non hanno la minima cura dell’aspetto tecnico dei loro ebook: copertine dozzinali, impaginazione approssimativa, lettering mediocre, comparto grafico indecente.
  • Gruppi Facebook dedicati all’editoria digitale in cui si pratica solo e soltanto lo spam invasivo, senza alcun interesse a sviluppare una discussione più costruttiva. Perché promuoversi è sacrosanto, ma occorre saperlo fare, per Dio!
  • Gruppi Facebook a struttura piramidale, dove si può parlare di ebook solo dopo aver “invitato” altri membri a iscriversi. Un amministratore che agisce così è per esempio un tale omonimo di un noto brand di moda italiana, che punta quindi a far numero, anche se questo numero è sterile, cieco e sordo. Qualcuno gli spieghi che qualità e quantità sono due cose diverse.
  • Autori autoprodotti che si scambiano recensioni a cinque stelline, senza mai essersi letti reciprocamente. Anche a me è capitato di ricevere proposte del genere. “Ciao, ci recensiamo a 5 stelline a vicenda?” Ma che schifo, cazzo.
  • Autori autoprodotti che generano dozzine di account Amazon diversi, regalando a ciascuno dei buoni da 1 o 2 euro, per acquistare più volte il proprio libro, in modo da farlo salire in classifica. Cercate orrende copertine con triangoli disegnati alla cazzo, o autori che vengono “dal cielo”, se volete saperne di più su queste pratiche.
  • Finti editori digitali (di solito si definiscono “associazioni culturali”) che pubblicano LaQualunque, pur di colonizzare le classifiche Amazon. Dai saggi di scrittura di venti pagine al fanta-porno. Poi dicono che il self-publishing è pieno di porcherie…
  • Autori autoprodotti che vogliono i quarti di nobiltà, perciò rifuggono la categoria, fingendosi “autori diretti”, o utilizzando altre ridicole definizioni.

bersaglio

Per caso provate anche voi una certa nausea, come una voglia di vomitare?
Ecco, io la provo quasi quotidianamente.
E quasi comprendo chi storce al naso davanti all’ennesimo ebook autoprodotto. Perché dovrebbero comprarlo? Perché dare una chance a quella che potrebbe essere soltanto l’ennesima porcata? Perché regalare un euro a uno scrittore zoticone, incapace di presentare in modo simpatico e costruttivo il suo libro?

C’è solo una cosa da fare per combattere queste storture del settore, cari lettori: rimanete informati. Cercate notizie sull’autore dell’ebook autoprodotto che siete in dubbio se acquistare o meno. Vedete quali sono i suoi trascorsi, cosa dice la Rete di lui, come e se gestisce un blog.
Da dieci minuti di ricerca su Google si possono capire tante cose. Fatevi un favore (e fatelo anche a noi): date fiducia soltanto a chi la merita.
Non è così difficile separare il grano dal loglio, credetemi. Basta iniziare a farlo.

– – –

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33 commenti

  1. Concordo su tutti i punti e su tutte le considerazioni – queste persone, e sono una quantità, stanno danneggiando chi lavora bene.
    Stanno danneggiando NOI.
    Ma naturalmente se fai notare che l’estratto che hanno appena postato su Facebook non sarebbe male se venisse editato anche solo sommariamente, ti rispondono con una battutina sferzante, o peggio ti accusano di essere invidioso.
    Invidioso di che?
    Di storie orrende scritte malissimo, con congiuntivi evanescenti, punteggiatura assente (la virgola, questa sconosciuta), impaginate sommariamente e con copertine scandalose (o rubate, o entrambe le cose)?
    O di vendite gonfiate artificialmente e di recensioni comprate?
    Di posizioni in clasifica ottenute aggiornando periodicamente la data di pubblicazione – per cui l’autore ci informa che il suo libro è in testa alla clasifica da un anno, ma risulta pubblicato due settimane or sono?
    Si tratta del nostro lavoro – dobbiamo difenderlo.
    E non è facile.

  2. Ciò che scrivi è così vero che non posso che applaudirti e condividere. Ho una piccola esperienza in campo poetico. Qualche anno fa giocavo a scrivere poesiuncole e così cominciai a seguire gruppi fb di sedicenti poeti: tutti autoreferenziati, tutti pronti a commenti come “straordinaria, bellissima, meravigliosa” ma pronti ad offenderti alla prima critica.
    Gestisco con un amico il blog “poeti d’ombra” ma è sempre più difficile trovare poeti degni di tale nome, nel mare magnum del web.
    Fare scelte oculate, leggere e poi acquistare solo quello che vale: difficile ma non impossibile.
    Ciao

  3. Tra l’altro, spesso e volentieri, quei trucchetti che usano per stare sempre in cima sono “strategie” per essere agganciati da una casa editrice, come se essere in vetta garantisse a un editore di acquistare un prodotto valido. Che poi all’interno ci sia solo un accozzaglia di idee sparse e frasi buttate lì senza tecnica, creatività o altro, poco importa per l’autore: lui/lei aspetta la CE che venga lì a prenderlo/a.

    Questo modo di considerare l’autopubblicazione come un mero mezzo per finire nelle mani delle CE tradizionali è offensivo, ed è offensivo come sporcano la categoria.
    Ah, e trovate luoghi, specialmente sui social dove vengono negate queste attività, dagli stessi che le praticano, oppure dove vengono ritenute lecite.
    All’indecenza non c’è limite.

  4. Ho sempre odiato un certo tipo di “corporativismo” fatto di cieca difesa dei propri simili.
    Quindi per l’ennesima volta sono contento di aver iniziato a seguire te ed i tuoi “compari” conosciuti attraverso questo blog perché un certo tipo di critica pulita e disinteressata è merce rara.

  5. Io sono un ibribo (4 libri 2 autoprodotti 2 con casa editrice) mi sono trovate bene in entrambi in casi, non sono altissima in classifica perchè non faccio trucchetti, vi dico un caso, una tale mi invia il suo libro da leggere per una recensione e una possibile intervista sul mio blog, leggo il lbro, noto molti errori di battitura e anche conbcettuali (in alcuni punti non si capiva niente) la contatto e le dico questo e che non metto la recensione sul blog perchè sarebbe negativa. Questa tipa mi toglie l’amicizia su fb e dice nei vari gruppi che io sono una stronza che stronco i libri ecc ecc. Ma come se non ho scritto niente proprio per non stroncerti? Il problema è che non alturi autoprodotti si sentono dei novelli Alighieri

  6. Che tristezza… quella di account multipli su Amazon è una pratica purtroppo comune anche negli USA. In alcuni blog di settore, ho letto che adottano proprio metodo per scalare rapidamente le classifiche e addirittura fanno recensioni negative su prodotti di concorrenti :-/

  7. Non è semplice trovare le perle in questo mare di merda, sinceramente, e io (mea culpa) non ci ho mai nemmeno provato. Con la lista di libri da leggere “garantiti” che mi ritrovo, mi pare uno scempio sprecare soldi e tempo per capire se un autore autopubblicato è valido o è un cesso. Ma se tutti ragionano come me, come fa quello valido a farsi conoscere? E se quell’autore fossi io, che effetto mi farebbe? Questo tuo post mi fa ulteriormente riflettere sulla questione. Forse quei dieci minuti per informarsi bisogna trovarli, e rischiare almeno qualche euro per dare una chance a chi promette bene.

  8. Va bene tutto, ma trovo di pessimo gusto fare i cognomi. Credi che mettendolo minuscolo tra virgolette non si capisca? Basta fare come hai scritto, andare su Amazon e cercare Dalcielo.

    Secondo me, senza offesa, questo comportamento è equivalente a quelli che hai criticato nel post.

    Opinione mia.

  9. Sono un giovane editore di 61 anni e desidero aderire a ciò che afferma Alex. Sono entro in questo folle, marcio, vecchio, polveroso. ipocrita mondo 2 anni fa con l’intento di portare la mia quarantennale esperienza di marketing in un ambiente dominato da una parte da 6 o 7 grandi case che fanno l’80% del mercato e poi da 8400 minuscole case, tra cui la mia, senza distribuzione, senza soldi, spesso senza idee o peggio. Una mia scrittrice è fuggita da un editore che non voleva farle la versione digitale affermando che gli ebook…non esistono.
    Ammetto che posso vivere, anche se non più bene come fino ad alcuni anni fa, di altro reddito e quindi non campo vendendo i miei 80 ebook, ma almeno quando escono sono distribuiti in tutto il mondo, almeno pago regolarmente i diritti ogni 3 mesi e ogni mese consegno un report sulle vendite e investo molto in editing e nella qualità delle copertine. Il dramma del self è l’assoluta mancanza di revisione dei testi e di qualcuno con un minimo di competenza che dica all’autore, guarda che qui stai sbagliando. Mi arrivano ebook già autopubblicati con delle banalità degne di uno scolaretto. Per contro, vedo di editori che vincolano per la vita dei poveri autori con contratti capestro. Il mio invito è di valutarne più di uno, confrontare i contratti e magari informarsi presso alcuni scrittori che già pubblicano con quell’editore, hanno tutti un profilo facciadalibro …. buona serata. Daniele Aiolfi http://www.eroscultura.com

  10. DI furbi è pieno il mondo, e l’Italia non fa eccezione. Anch’io ho ricevuto proposte per darsi cinque stelline reciprocamente, o anche gente che ha inserito il proprio libro su anobii e si è auto-recensita con elogi sperticati e auto-votata con 5 stelle (non dico con un account farlocco, ma proprio ufficialmente, come se Alex Girola votasse per Alex Girola… Personalmente credo che sia piuttosto inopportuno auto-votarsi, o sbaglio?)

  11. Ho letto con attenzione tale post e sentitamente dissento. Ora, sono un self-publisher da vari mesi. Recandovi nelle mie pubblicazioni, potrete constatare che i miei libri sono invece molto curati nella forma e nell’editing (e in questo ringrazio il CIELO di essere coadiuvato dal mio stile preciso, meticoloso, puntuale, esigente e anche da un valentissimo correttore di bozze, eh eh). Penso anche siano di qualità. Che poi esistano autori che scrivono “porcherie”, be’, non è colpa del self-publishing. Bensì degli autori stessi di tal scriteriate “opere”. Penso sia stupido accanirsi contro le auto-pubblicazioni per partito preso, è compito dell’autore garantire al possibile acquirente un prodotto valido. Vogliamo invece parlare di quelle case editrici “prestigiose” che scrivono nel loro “regolamento” che non accettano manoscritti inediti se non “sotto presentazione?”. Insomma, scrivono proprio che pubblicano solo i famosi e i raccomandanti. Bella roba, complimenti “vivissimi”. E ci troviamo così fra i bestseller delle schifezze ignobili, “firmate” da VIP e calciatori, veline e “voli” vari, che col loro squallido mercato abbattono le potenzialità di quelli in gamba, oscurati da tali “furboni”. Reputo questi, sì, lesivi e da combattere. Almeno, i self si fan carico di tutto.
    Questi, inoltre, hanno, è conclamato, i ghost writer alle (s)palle. Una spintarella in più, no? I self, invece, se rimedieranno brutte figure, se ne son assunti comunque la totale responsabilità. E comunque, chiariamoci, venderanno sempre meno dei libri di cucina di qualche sorella di Mediaset o di qualche centravanti zingaro…
    I self, dunque, se avranno successo, se lo saranno pienamente, e senza trucchetti, meritato ancora di più perché se il loro libro è di qualità, potranno orgogliosamente affermare che il mazzo se lo son fatto da soli. Senza dribbling e favori “arbitrali”.
    Direi che non bisogna aggiungere altro. Il resto, sinceramente, trova il tempo della gelosia e della malafede.
    Dico comunque sempre questo: criticare è sempre più facile che creare.
    Almeno, noi ci proviamo. Se non avremo fortuna, non avremo rimpianti. Invece, chi critica e basta, mi vien il dubbio atroce, molto atroce, che lo faccia solo perché rosica del possibile successo altrui. Ahia, ahia, è piccolezza ed è cosa cattiva e ingiusta, anche vigliacchissima.
    Le lotte van sempre combattute ad armi pari. Se lo sfidante non presenta una sua “arma”, una sua opera, ma solo campagne diffamatorie, credo sia un duellante patetico e ridicolo, che se la sta suonando e cantando nel fegato amaro.

  12. Comunque è sempre il solito discorso – se io dico che c’è gente che pubblica merda, sono cattivo e invidioso.
    Se dico che c’è gente che ruba sono disonesto e disfattista.
    Se dico che ci sono politici corrotti, sono uno che rema contro e che non crede nel paese.
    Se dico che c’è uno che mi riempie di botte e mi rapina, sono io che potevo starmene a casa e non correre dei rischi inutili.
    Se dico che quella della mafia è diventata la cultura dominante di questo paese, presente e inevitabile in ogni forma di pensiero, mi dicono che il mafioso sono io, e poi mi uccidono, e tutti dicono “se l’è cercata, lo stronzo”.

  13. Certo che questo settore è meraviglioso, in piena ricerca di nuovi paradossi. Il padrone di casa, che lo conosce da cima a fondo, ne evidenzia alcune storture e che succede? Arriva gente che non ha la pazienza nè di leggere nè di capire un post. E vogliono scrivere. Chapeau.

  14. D’accordo, dici cose giuste e non sarò certo io a dire il contrario. Anzi, sottoscrivo.
    Però, diamine, anche qui si sente forte e chiaro il rumore delle pacche sulle spalle tra amici.
    Sapete quel che si dice riguardo il guardare troppo a lungo nell’abisso… Ritrovate quella classe che vi contraddistingue!

  15. Ecco, appunto. Guardarsi attorno. Credo sia doveroso. I suoi libri sono in self-publishing. Ciò quindi avvalora quanto acclaro nuovamente. Non entro in merito alla loro qualità, non li ho letti e non posso dunque pronunciarmi. Ciò, appunto, non fa altro che confermare la mia tesi. Se i suoi libri sono di qualità, è stato merito suo, quindi dovrebbe andarne fiero e, a maggior ragione, sostenere i self-publisher.
    Che poi, certo, abbondino in tal modo scrittori pedestri che pubblicano roba illeggibile, piena di errori ortografici, di sintassi sballata, o ben che vada di trame improponibili, è un’eventualità che va messa in conto parimenti alla figura di merda che tali personaggi comunque si son andati a cercare. Se si auto-pubblicano e smerciano roba inclassificabile, oscena, devono prendersela solo con sé stessi.
    Diciamo che si son fatti auto-goal da soli, volendosi spacciare per scrittori e invece dichiarando ad alta “voce”, con tanto di nero su bianco “indiscutibile”, col loro nome e cognome visibilissimo e da loro “pubblicizzato”, che non solo sono degli scrittori ma degli illetterati semi-analfabeti con delle facce di bronzo pietose.
    Ciò per dire che forse il mio commento è stato frainteso. Quel che volevo dire è questo: generalizzare è sempre sbagliato, ce ne sarebbe da discutere per ore dell’editoria italiana. Se, oggigiorno, il self sta prendendo piede è proprio perché le case editrici “normali” amputano i giovani possibili talenti, “chiudendo” le loro pubblicazioni solo ai soliti noti. Lei sa meglio di me che un moderno Dostoevskij potrebbe, che ne so, mandare il suo manoscritto alla tanto “celebrata” Newton Compton e ricevere dopo due ore, in mail, il messaggio: “Ci spiace, al momento non pubblichiamo inediti”. Quindi, chi pensa davvero di avere talento e desidera che qualcuno legga le sue opere, ha una sola possibilità, auto-pubblicarsi appunto.
    Ripeto, assumendosi l’intera responsabilità del progetto, nel bene o nel male.
    Io dunque sostengo il self-publishing a spada tratta. Non vedo altre alternative, purtroppo o per fortuna.
    Ora, come fa l’eventuale acquirente a capire se il self-publisher merita che il suo libro lui acquisti? Semplice, basta che legga l’anteprima su Google Reads. Perlomeno, io faccio così. Dagli estratti, capisco se l’opera di un self merita la mia attenzione o meno. Mi bastano una decina di pagine per capire se il libro, formalmente e qualitativamente, è degno del mio acquisto. Guardo innanzitutto la copertina, il titolo, sì, anche il titolo è importante, un titolo intelligente denota già la sensibilità dell’autore, quindi l’impaginazione, se ha i margini o meno e se il testo è giustificato, la cura dei dettagli, poi la forma e se, dalle prime poche pagine, la trama o l’argomentazione possano incuriosirmi, già appassionarmi o sollecitare la mia voglia di leggerlo per intero e dunque comprarlo.

    Per finire, dunque, io invece mi accanirei più che altro sui “famosi” inetti pubblicati dalle “importanti”.
    Ecco, questi sì sono, ripeto, da combattere. Onestamente, trovare nei primi posti delle classifiche le presentatrici televisive oche, fa sempre male a ogni artista vero o aspirante tale. Che si vede soffocare da una cretina il cui interesse primario è mostrar le tette alle videocamere.

    E lei penso sia abbastanza intelligente per capire questo mio riferimento da “che ci importa del mondo”.

  16. è troppo banale se commento dicendo che “fa parte del lavoro”?

    voglio dire, nessuno con un minimo di buon senso si aspetta che il “mestiere” dello scrittore sia un percorso lineare e liscio come un corso di cucina. se tu (non tu tu, tu autore chiunque) hai deciso di orientarti esclusivamente sul selfpublishing, sei cosciente che per affermare il tuo lavoro devi combattere contro quest’orda di arroganza e incapacità che fa volume e sommerge il lavoro di qualità. così come se invece decidi di rivolgerti all’editoria tradizionale sai che dovrai combattere contro le lobby, gli editori disonesti, quelli a pagamento, gli editor finti, la distribuzione assente, la promozione nemmeno presa in considerazione.

    è un percorso diverso, le difficoltà sono differenti nella natura ma non nel risultato. per attestarsi su un buon livello di qualità serve tanto impegna e taaaanta pazienza. poi chiaramente tutti vorrebbero che le porcate sparissero da amazon, così come tutti vorrebbero che gli editori a pagamento finissero in prigione. ma siccome è chiaro che non si può avere né l’uno né l’altro, non resta che combattere, qualce che sia il fronte su cui ci si trova.

  17. Confermo. Questo tipo di scrittori fanno la differenza tra chi vuole “scrivere libri” e chi vuole “scrivere romanzi” (o altri tipi di contenuti non necessariamente di narrativa). Bisogna avere rispetto per il lettore e sforzarsi di creare un prodotto di qualità, pubblicizzato mediante una promozione di qualità (senza quindi recensioni a cinque stelle elargite a caso).

  18. Riletto bene tutto compresi i commenti. Sottoscrivo al cento per cento quello che hai scritto. La cosa che fa incazzare è trovarsi la notte e il fine settimana a scrivere, lavorare come un pazzo, leggere decine di libri per documentarsi su ogni singolo ebook, investirci tempo, soldi e impegno, fare le cose professionalmente ed essere onesti, significa poi affrontare su Amazon le cinquanta recensioni farlocche di questi tristissimi furbetti del quartierino. Vien voglia di lasciar perdere tutto. Purtroppo la mentalità italiana del fregarsi a vicenda è ben radicata anche nel mondo editoriale, autopublishing e non. Citando il buon vecchio Padre Amorth, “…il fumo del maligno ormai striscia in stanze insospettabili”. Ho avuto in questi cinque anni di “professionismo” esperienze anche recenti di “gran signori” dell’editoria che si comportano al pari di rubagalline da quattro soldi. Ma credo anche che, per fortuna, quelli come noi che ci credono davvero, non molleranno mai. Samuel M

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