Due post, agli antipodi ma entrambi interessanti, meritano attenzione e una risposta pubblica (la mia).
Il primo è a firma di Mauro Longo ed è un sostanziale grido di trionfo, in seguito all’esperienza della fiera di Lucca del 2016: Abbiamo vinto. E Non ce ne siamo neanche accorti.
Il secondo è di Davide Mana, che cerca di dimostrare quanto in realtà il “fantastico” non abbia vinto, bensì sia stato normalizzato. Si tratta di Abbiamo vinto: Pirro e la PFM.
Non vi farò riassunti o bigini: leggeteli, perché ne vale la pena.
Ora, io nel fantastico ci lavoro (lo so, la parola è indigesta a chi è convinto che al termine “lavoro” debba corrispondere qualcosa di odioso e di sgradevole), e ho una percezione che sta a metà tra queste due posizioni, sbilanciandosi un poco verso quella di Mana.
Chi ha vinto, quando parliamo di fantastico?
I grandi brand, le grandi produzioni.
Ha vinto Game of Thrones – serial, libri e gadget.
Ha vinto The Walking Dead – serial e gadget (i fumetti meno, ma ci torneremo).
Ha ri-vinto Star Wars – film e derivati, gadget, videogiochi.
Ha vinto l’universo cinematografico della Marvel (i fumetti meno, ma ci torneremo).
Hanno vinto i grandi serial che fanno tendenza, e qui tengo a evidenziare il crescente numero di serie derivate da film-cult girati qualche decina di anni fa. Non solo l’Ash di Evil Dead, bensì anche altri prodotti che verranno prodotti o che sono già in distribuzione, da Westworld a Terminator.
Sono tutti brand (perché questo sono, non altro) che si portano appresso una mole impressionante di affari, dalla vendita di gadget (piacciono molto anche a me, quindi lo vedo come un fenomeno positivo) agli eventi per cosplayer (che invece mi lasciano un po’ freddino, ma che a volte sono spettacolari).
Esiste però una leggenda metropolitana secondo qui questi brand trascinerebbero al successo anche i prodotti da cui sono tratti.
Per esempio: la leggenda vuole che l’enorme successo dei film di supereroi della Marvel abbia portato alle stelle le vendite dei fumetti dei medesimi supereroi.
Io conosco i proprietari di due fumetterie piuttosto grandi e frequentate. Entrambi mi confermano che le vendite di albi Marvel e DC Comics sono ridotte al lumicino. Qui in Italia come oltreoceano. Al limite vanno benino i volumi allegati ai quotidiani come La Gazzetta e Il Corriere, ma anche qui si tratta di acquisti di soli aficionados. Per il resto il settore fumettestico/supereroistico langue e si dispera.
Da qui i vari tentavi di fare reboot su reboot di intere saghe di comics, nella speranza di raccattare giovani lettori. A cosa credete che miri il tentativo di abbassare continuamente l’età dei supereroi più famosi, arrivando al punto di farli diventare dei teenager? Si cerca di empatizzare i lettori della fascia 15-18, proponendo loro degli eroi coetanei. Ecco a cosa serve.
Ma è un espediente che funziona poco (anzi, serve a far incazzare i lettori di lunga data, che si sentono sempre più presi per i fondelli).
Quindi sì: il settore è in crisi. Bella grossa.
Se non vi basta la fonte diretta, fate una ricerca sui portali di settore, e vedrete che le cose stanno così.
Altro fenomeno, con le medesime problematiche. La leggenda dice anche che lo sdoganamento del fantasy (Game of Thrones), dell’horror (The Walking Dead) e dei supereroi (Marvel Cinematic etc) sia un grande traino per i prodotti di nicchia che trattano argomenti simili.
Vero?
Mica tanto.
I libri fantasy che vendono sono quasi esclusivamente young adult e paranormal romance.
Gli horror che vendono sono in larga parte paranormal romance, più qualche sgrammaticata fan-fiction sulla consueta apocalisse zombie.
Le storie di supereroi “non brandizzati” (né Marvel né DC), non vendono. E basta.
Per farla breve, io che abbia vinto il marketing del fantastico.
Il fantastico di largo consumo, sia che esso di livello buono (Game of Thrones), o scarso (The Walking Dead), ha una potenza commerciale enorme, che vince facile perché è supportato da un massiccio investimento in termini di pubblicità. Pubblicità che ha generato un passaparola spontaneo e quindi vincente.
Questo fantastico di largo consumo sarebbe – a livello teorico – un ottimo entry level per introdurre i giovani fan, o i fan “profani”, ad altre produzioni, anche di nicchia.
In realtà il meccanismo funziona una volta su cento. Questo perché le nuove generazioni hanno ritmi diversi rispetto al passato. Vanno molto più di fretta (i nativi digitali viaggiano alla velocità dell’aggiornamento della timeline di Facebook), hanno poco tempo/voglia di approfondire un argomento in senso verticale. Aggiungiamo che hanno molto senso estetico – da qui la passione per i cosplay e per i gadget, ma spesso fanno a pugni coi vecchi format del fantastico (libri e fumetti).
No, non sto dicendo qualcosa del tipo “ai miei tempi eravamo migliori”, e nemmeno “i gggiovani d’oggi sono dei caproni ignoranti”.
Sono proprio generazioni diverse, con abitudini e attitudini differenti.
Con un senso del fantastico antitetico da quello che, per dire, avevo io nei primi anni ’90.
Quindi abbiamo vinto o abbiamo perso?
Io sono un autore, per di più indie. Non sono un regista, non sono un cosplayer, non lavoro per la HBO, per Lucca Comics, per la Marvel. Non produco gadget ambiti dal pubblico.
Io, per quel che mi riguarda, mi sento più dalla parte dei dinosauri in via d’estinzione.
Occhio però al colpo di coda dello stegosauro.
Pare che fosse terribile.
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Da adolescente non potevo raccontare alle mie amiche che mi appassionava giocare a D&D, che amavo i fumetti e che adoravo il fantasy ed i videogiochi. Farlo sarebbe significato andare in bianco per tutta la mia adolescenza.
Adesso posso vantarmi di essere, a 46 anni, ancora appassionato di “quella roba li” ed essere preso sul serio.
Quindi abbiamo vinto, senza se e senza ma.
Però il mio discorso non era di accettazione sociale, eh 😉
rispondendo a Zio Nico dico che si, ora un certo modo di vedere i nerd (o meglio geek) è cambiato, soprattutto perché i geek di 20/25 anni fa hanno il portafoglio e sono ben disposti a spendere, e chi si occupa di marketing ha soprattutto cercato quel pubblico. da dieci anni ormai essere nerd non è più una stramberia con passioni da coltivare in solitaria, ma anzi è quasi cool.
a questo non è seguito un nuovo periodo d’oro del fantastico, in libreria oltre ai già citati brand non c’è spazio per altro, se non qualche clone sbiadito. mi sembra di assistere ad un party revival, ma più disonesto, perché qua non ti dicono che è una serata revival
Ecco, sì, hai inquadrato perfettamente il mio discorso. Il periodo d’oro del fantastico riguarda solo pochissimi brand, e un po’ di fenomeni correlati, ma non letterari.
Ho letto i post, c’è del vero in entrambi, così come nelle tue considerazioni da marketer. Ho 40 anni, abito in un paesino del sud di 5000 anime. Quando entro nell’edicola sparano salve di giubilo. Compro 3-4 serie Bonelli, Marvel qualche volta e mai manga. Roba c’è ne sarebbe anche, ma a parte me c’è un vecchietto che compra Zagor e una ragazza mia coetanea che prende Julia. Stop. Però i giovani seguono il Trono di spade e Walking Dead. Ecco, se guardo il mio acquario non mi sento di cantar vittoria
Potrebbe essere la vittoria delle nuove generazioni e delle loro passioni, ma non della nostra. Non che sia necessariamente un male (lo è per noi, ma è tutto soggettivo).
Ma bene non fa…
Per me è un problema più di mezzo che di genere, libri e fumetti calano, anche quelli che non trattano di fantastico, perché è un metodo di trasmissione delle informazioni che soffre la concorrenza con canali più immediati. Anche se le immagini sono rapide, un fumetto esce mensilmente e siamo nell’epoca del binge watching nel paese dei non lettori.
Sicuramente è così.
Io, occupandomi prevalentemente di “fantastico”, analizzavo la questione dal mio punto di vista. Anzi, di osservazione.
Ciao,
mi trovi sostanzialmente concorde con la tua analisi, il marketing fantastico tira bene e in genere sono i prodotti derivati (film, serie TV, videogiochi, merchandise) che vendono molto ma molto più di quelli di partenza (fumetti), che in effetti sono costretti a rincorrere il media secondario ma più fruttifero (basta pensare al Nick Fury caucasico della Marvel sostituito “a forza” con il corrispondente ricalcato su Samuel Jackson perché era quest’ultimo famoso sul grande schermo.
Purtroppo temo che non torneremo mai ai livelli di domanda di 20 anni fa, le nuove generazioni crescono attorno a una moltitudine di media più interattivi e sensoriali, l’importante è che rimanga viva almeno una nicchia che regga la bandiera della qualità della narrativa fantastica come punto espressivo originale e più puro rispetto al genere declinato.
Difatti pare che il settore sia frammentato in nicchie, e che gli unici in grado di farne un lavoro siano coloro che riescono a diventare i re di queste nicchie.
Un po’ quel che dice Seth Godin a proposito delle tribù.