
Il quarto racconto del mio ciclo dei Corti Ucronici riguarda la DDR, ovvero la Germania Est nata dopo la sconfitta dei nazisti, nel ’45.
La DDR fu un’utopia socialista per alcuni, una distopia per molti altri (a partire dai suoi abitanti). Dapprima venne intesa come l’ennesima nazione-satellite dell’Unione Sovietica. I primi dirigenti della Germania orientale vennero scelti tra quei comunisti tedeschi in esilio nell’URSS durante il regime hitleriano. I russi li portano in volo tra le rovine di Berlino, poche ore dopo la morte dell’ex caporale austriaco che aveva portato il mondo intero sull’orlo dell’abisso.
Quegli esuli tedeschi erano stati istruiti per anni alla dottrina dello stalinismo e addestrati alla scuola dell’NKVD, il servizio segreto da cui, da lì a breve, sarebbe nato il famigerato KGB.
Furono loro a ereditare metà Germania e a plasmarla come la propaggine estrema del blocco est, la frontiera del socialismo reale, l’ultima linea di difesa dal capitalismo, dal fascismo, dall’imperialismo e dall’individualismo dell’uomo occidentale.
Tra le alte sfere del governo e del partito c’era un solo tedesco che non veniva dall’esilio moscovita: Erich Mielke.
Ambizioso, freddo, essenziale, Mielke aveva combattuto nelle Brigate Internazionali, durante la guerra civile spagnola. Dopo la sconfitta Erich rimase “incastrato” in Europa, tra Belgio e Francia. La patria per lui era off limits, visto che i nazisti erano al potere.
Ma dopo il ’45 Erich tornò a casa da vincitore.

Nonostante l’handicap iniziale (vale a dire il già citato fatto di non essere un esule tedesco nell’amata russa comunista), Mielke scalò rapidamente i gradini del potere. A lui e all’amico Zaisser venne affidata la creazione del Commissariato 5, la polizia segreta della neonata DDR. Si trattava fin dall’inizio di una agenzia di sicurezza in stile KGB. Un eufemismo per identificare un’organizzazione incaricata di assumere il controllo assoluto sulla vita dei cittadini della Germania Est.
Il Commissariato 5 diventò presto la STASI, la vera e propria icona della DDR.
Grazie alla sua duplice esperienza di soldato in Spagna e di politico, si occupò personalmente delle selezioni dei primi agenti della STASI, da cui formò solerti ufficiali e quadri operativi, fino al 1957.
Il compito principale di quest’agenzia era quello di individuare i cittadini non fedeli agli ideali socialisti, quelli che simpatizzavano per i capitalisti occidentali, le spie (o presunte tali), i dissidenti, i comunisti non conformi alla linea e molti altri presunti nemici dello stato.
In pochi anni la STASI diventò l’organo di controllo totale e assoluto del paese, tanto potente da sopravanzare l’importanza del parlamento del popolo (poco più che simbolico), ma anche quello del partito e del Politburo.
A capo di questa organizzazione c’era lui, l’uomo più influente e pericoloso dell’intera repubblica: Erich Mielke.

Durante la sua massima espansione la STASI contava 85.000 agenti e 170.000 volontari (informatori, collaboratori etc etc). La leggenda vuole che ogni edificio pubblico avesse uno o più osservatori dell’organizzazione. Ciascuno di essi era incaricato di vegliare, di prendere appunti, di informare. In poche parole, di spiare.
Mielke autorizzò e incoraggiò metodi violenti per reprimere i dissidenti e i nemici politici del partito. Molti furono i rapimenti illegali, gli interrogatori a base di torture fisiche e psicologiche, le persecuzioni di normali cittadini sospettati di violare la sicurezza dello stato.
Mielke, che nella vita privata era un salutista, senza alcun vizio e con la sola passione per la caccia, accumulò migliaia di curriculum, grazie ai quali poteva anche esercitare una vasta rete di ricatti per consolidare il suo potere – o meglio l’assoluto potere della STASI stessa. Essi componevano i temibili archivi, che nel 1989 vennero presi d’assalto dagli esasperati cittadini della oramai derelitta Germania est, priva del “vallo antifascista” che per decenni l’aveva isolata dall’ovest più ricco e liberale.
Così si scoprì che l’infallibile ministro della sicurezza aveva anche approntato dei piani per eseguire – col beneplacito degli alti sostenitori del KGB – una vasta operazione per rendere ancor più dura la repressione, nel caso ce ne fosse stato il bisogno. Questa eventualità, denominata “Piano X”, prevedeva l’arresto della massime cariche della repubblica democratica e la creazione di campi d’internamento dove isolare i membri dei pericolosi movimenti pacifisti che poco alla volta cominciavano a mettere in dubbio l’onnipotenza del Politburo.
Erich Mielke, il potentissimo dio socialista della DDR, subì un’umiliazione fino a quel momento impensabile. Venne costretto a presentarsi davanti a un rivitalizzato parlamento popolare, che non lo temeva più. Quando Mielke iniziò a parlare nel solito, pomposo modo fatto di riferimenti al proletariato e alla superiorità morale della DDR rispetto all’ovest, venne sommerso dai fischi e dagli insulti.
Il resto dell’udienza, ripresa in diretta televisiva, mostrò al popolo tedesco quasi riunito un vecchio debole e impacciato, un uomo una volta invincibile, oramai ridotto a una parodia vivente dello stesso stato per cui aveva vissuto e perpetrato abusi, crimini e mostruosità.
Mielke morì in un ospizio di Berlino nel 2000. Perfino i giudici ebbero pietà di lui, facendo cadere le accuse che gravavano sulla sua testa, per lasciare che si spegnesse lentamente, di senilità.

Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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Gli archivi della Stasi si possono visitare ancora oggi a Berlino: una testimonianza agghiacciante della migliore incarnazione di 1984 di Orwell.
Nemmeno la ‘dittatura social’ dei nostri giorni è comparabile, perché non è manifesta, e non lascia trasparire il terrore e la paranoia che invece opprimevano ogni persona nella Germania dell’Est.
Tra Mielke e gli alti gerarchi nazisti non riesco a ravvisare nessuna differenza.
Tutto vero, concordo in pieno. Eppure a est cresce il sentimento della ostalgie (la nostalgia della DDR). Fa pensare…
Mi pare che anche i nostalgici di estrema destra abbiano il loro momento di revival.
È uno strano periodo storico, il nostro…
La nostalgia per i tempi del Patto di Varsavia è un fattore trasversale in molti dei paesi che ne facevano parte, Russia compresa. Credo abbia motivazioni per lo più economiche, nel senso che in quel periodo lo stato sociale – per quanto terribilmente inefficiente – era comunque in grado di assicurare dei minimi a tutti. Questo almeno per la vulgata popolare. Lo vedo anche con un sintomo di paura per il futuro.