Un altro breve articolo, prima di tornare a una programmazione più ordinata, da settimana ventura.
Questa volta spendo qualche considerazione per Bright, film di David Ayer, uscito poco prima di Natale per Netflix, che l’ha anche prodotto.
Bright, un insolito thriller fantasy (il filone corretto, per i precisini, sarebbe l’elfpunk, ma sono solo termini convenzionali), era uno dei titoli più attesi dagli appassionati di fantasy. Ovviamente, visti i tempi in cui viviamo, il film è stato ingoiato, digerito e dimenticato di due-tre giorni. Giusto il tempo di fare un po’ di polemica da stadio su Facebook e via.
Tempi grami, per chi ambisce a creare qualcosa che lasci il segno nel pubblico.
Comunque, ecco in soldoni ciò di cui parla Bright.
In una realtà alternativa in cui gli umani condividono la Terra con varie creature fantastiche, negli Stati Uniti le varie razze vivono secondo una rigida gerarchia; alcune, soprattutto umani ed elfi, rappresentano la cima della piramide ed occupano posizioni di prestigio, mentre altre, a partire dagli orchi, sono invece ghettizzate e soggette a discriminazione.
Per tentare di porre un freno ai sentimenti xenofobi tra le varie razze, l’LAPD decide di arruolare i primi poliziotti orchi, tra cui l’agente Nick Jakoby. A Nick viene affiancato l’agente Daryl Ward, un veterano della polizia di Los Angeles a pochi anni dalla pensione, e non immune come molti dei suoi colleghi ai pregiudizi razziali.
In particolare, Ward è ai ferri corti con Jakoby dopo che questi, secondo il parere diffuso, avrebbe favorito la fuga di un suo simile che aveva sparato al suo partner durante una rapina, un grave infortunio per il quale Ward è stato per un lungo periodo fuori servizio.
Una sera, poco prima di entrare in servizio, Ward viene avvicinato dagli affari interni, che gli offrono l’opportunità di disfarsi di Jakoby a condizione che lui riesca a fargli confessare di aver deliberatamente permesso all’orco della rapina di fuggire, circostanza grazie alla quale sarebbe possibile ottenere il suo licenziamento (cosa altrimenti impossibile, visto l’interesse della stampa per l'”esperimento”). Lui decide di accettare per non essere licenziato, visto che ha bisogno dei soldi per mandare avanti la famiglia. Quella stessa notte però, dopo essere stati chiamati in una zona degradata della città per dei disordini, i due agenti si ritrovano coinvolti in un conflitto a fuoco, ed avventuratisi all’interno dell’edificio da cui erano partiti i colpi scoprono quello che ha tutta l’aria di essere un massacro compiuto da un Bright, gli unici esseri viventi capaci di fare uso della magia…
Mi sono permesso di copiare questo stralcio di trama dalla pagina italiana di Wikipedia dedicata al film.
Trama che offre una miniera di spunti di word building, tradotti però in una storia piuttosto telefonata e prevedibile. Il fatto che sia un chiaro omaggio – ma in chiave fantastica – ai thriller polizieschi americani degli anni ’80 e ’90 lo rende piacevole e divertente (nota a margine: non capisco l’ostilità crescente nei confronti di questo termine, ma vabbé).
Immaginatevi dunque una sorta di 48 Ore con orchi, elfi e maghi e avrete un’idea della storia in questione.
Ciò in cui Bright fallisce è proprio lo sviluppo del world building. Non si dice di finire nel tanto odiato infodump, però si sarebbe potuto lavorare maggiormente sulla struttura del mondo che ospita le vicende narrate nel film. Dei tanti spunti proposti ne vengono sviluppati pochissimi, lasciando un senso di insoddisfazione nello spettatore ingordo di un certo tipo di approfondimenti.
SI tratta dunque di un difetto solo in senso strettamente soggettivo, perché ho letto che molti hanno apprezzato la storia così, come è stata proposta.
Bright rappresenta dunque un buon esperimento in un filone cinematograficamente tutto da esplorare e che con ogni probabilità verrà adeguatamente espanso nei prossimi anni. Le opportunità di realizzare qualcosa di memorabile ci sono, anche prescindendo dal citazionismo e dagli omaggi ad altri generi del recente passato.
Attendiamo sviluppi con una certa curiosità…
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Personalmente mi è piaciuto e mi ha divertito. E, onestamente, ho trovato che desse le informazioni necessarie a seguire la storia.
Alla fine del tutto l’impressione che ne ho avuto è che si trattasse di un episodio pilota per serie mascherato da film stand-alone.
Sì, altri mi hanno detto che le informazioni sul background sono sufficienti. Sono io a essere fissato col world building 😅
Sono abbonata a netflix e ne avevo sentito parlare ma non l’ho ancora visto a dire la verità. Ma ci sarà un seguito quindi? Penso che proveró a guardarla per curiosità
io sono favorevole anche all’info dump !
Pare che il sequel sia confermato, e che sia alla fine prevista una trilogia, il che spiegherebbe forse il worldbuilding “diluito”.
Stiamo a vedere. Alla fine si tratta di un buon intrattenimento, al quale non si chiede più di quanto venga dato.
Sì, concordo del tutto con te.
Sono d’accordo con te: a parte due o tre spiegoni appiccicati con la colla (il matto, in particolare, sembra esistere solo per spiegonare), hanno sprecato una occasione meravigliosa per dare forma e sostanza a un mondo (posso chiamarlo urban fantasy) originale e divertente.
Non posso negare che mi incuriosisca, anche a causa delle somiglianze superficiali con Shadowrun… un giorno cercherò di vederlo, nonostante la presenza di Will Smith, attore che mi irrita da quando era un principe di Bel Air 😛
ma la ragazza della immagine… è una jedi? xD