Secret Hitler

Qualche giorno fa discutevo col collega Davide Mana a proposito di una questione di role playing. Riassumendo, il dilemma era (ed è tuttora) questo:

È lecito interpretare un personaggio fermamente convinto dell’ideologia nazista e di tutto ciò che l’accompagna?

Secondo Davide la risposta è un fermo no, secondo me sì.
Non starò qui a ripetere tutta la nostra discussione, né a perorare la mia causa (anche perché francamente me ne importa poco – ciascuno si tenga il suo punto di vista).
In breve, per farvi capire qual è il mio pensiero, vi dico soltanto che per me la questione è simile a quella dell’attore che si trova a interpretare un ruolo da cattivo (cattivo vero): una SS, un serial killer, l’aguzzino di un gulag, Matteo Salvini etc etc.
Un attore professionista deve interpretare quel ruolo al suo meglio, senza pensare che qualche spostato mentale potrebbe prenderlo sul serio, o che altri potrebbero scambiare quella parte per un “omaggio” a un criminale.
Ma, come vi dicevo, non dico di avere ragione, anzi. La versione di Davide è altrettanto valida.

Poi ho scoperto questo.

Secret Hitler (lett. dall’inglese Hitler Segreto o anche Hitler Nascosto) è un gioco da tavolo ambientato nella Germania del 1930. I giocatori vengono divisi in liberali e nazisti (nell’originale inglese fascists). Le due squadre hanno due obiettivi diversi: i liberali ottengono la vittoria nel momento in cui vengono approvate cinque leggi liberali, oppure se Hitler viene ucciso durante il gioco; dall’altra parte i nazisti vincono nel momento in cui vengono approvate sei leggi naziste, oppure se Hitler è eletto cancelliere dopo che sono state approvate tre leggi naziste.

Il gioco da tavolo, molto diverso da quelli che vanno per la maggiore, è nato nel 2015 grazie a un Kickstarter. L’ideatore è Max Temkin, un professionista del settore. Del gioco esistono due versione, una print-and-play e una più tradizionale, che potete anche acquistare su Amazon.
Il gioco è stato anche citato durante le elezioni americane del 2016, anche perché ne è stata realizzata una versione customizzata per l’evento, il Trump Pack, che vede al posto delle carte naziste le figure di Donald Trump e dei membri della sua amministrazione in quel momento (ossia Sean Spicer, Stephen Miller, Steve Bannon e Mike Pence. (Queste ultime informazioni le ho trovate su Wikipedia).

Questo – probabilmente – è un modo di interpretare i nazisti che potrebbe piacere anche al mio amico Davide.


Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
Segui la pagina Facebook di Plutonia: https://www.facebook.com/PlutoniaExperiment/
Segui il canale Telegram di Plutonia: https://telegram.me/plutonia
Pagina autore: amazon.com/author/alessandrogirola

11 commenti

  1. Ottimo post (e gioco interessante).
    Temo tuttavia che l’analogia fra attori e giocatori non sia corretta – l’attore lo fa per lavoro, il giocatore lo fa per divertimento.
    E divertirsi ad amministrare un campo di sterminio o a uccidere civili inermi perché li consideri subumani è una cosa che mi inquieta.
    Il giocatore che mi chiede di giocare nel ruolo del nazista – e bada bene, dico nazista, non tedesco degli anni ’30/’40 – mi mette a disagio.
    Conosco decine di modi in cui si può disinnescare o aggirare la situazione: nella mia testa sento la voce di un mio giocatore (uno specifico, che conosco bene, da anni) che mi dice “il mio personaggio non è davvero nazista, è un opportunista che è saltato sul carro del vincitore, e che ora usa la sua posizione per aiutare quanto più possibile chi viene perseguitato” – e probabilmente non avrei problemi a farglielo giocare.
    Ma “io voglio fare il nazista perché essere nazisti è una figata!”… no, grazie.
    Al mio tavolo i nazisti finiscono in pasto ai dinosauri. O a Cthulhu, a seconda dei casi.
    OK, scusa per lo sbrodolamento.

    1. Io ho sempre inteso il gioco di ruolo come un’attività da svolgere “professionalmente”. Ok il divertimento, ma vale la pena affrontare ogni campagna con impegno e, ora che siamo grandicelli, con un approccio costruttivo. Da qui il mio parallelismo col mestiere di attore.
      Poi ok, molti giocano di ruolo con la mentalità “ammazza-ammazza-stupra-pugnala alle spalle!”, quindi non metto in dubbio che ci siano persone che interpretino nazisti e aguzzini vari con vero gusto e convinzione. Più negli wargame, che nei RPG, ma poco cambia.
      Beh, non sono i miei giocatori ideali, ecco.

  2. Bel tema!
    Personalmente non ho problemi: interpretare un party di cattivi è un classico anche nei GdR più basilari (D&D), ed è anche molto divertente, se preso con leggerezza – ma quella malvagità è dichiarata e sbandierata, è quasi grottesca nella sua esagerazione. I miei PG elfi sono quasi tutti dei razzisti dimmerda.
    Alcuni dei miei personaggi peggiori sono gretti, razzisti, volgari e prepotenti: decisamente insopportabili al tavolo (ma che energia al tavolo!). È innegabile il loro valore catartico perché sono la mia ombra junghiana finalmente messa in mostra.

    Dovrei riflettere più a fondo sulle implicazioni dell’interpretazione di un malvagio ‘in sordina’, un nazista più accettabile dal punto di vista sociale, e quindi più pericolosamente permeabile con la realtà fuori dal tavolo di gioco.
    Se fossi il GM con un giocatore così probabilmente farei 4 chiacchiere con il giocatore – oppure gliene farei passare di ogni in gioco, giusto per fargli mettere il nazismo in prospettiva.

  3. Mi hai ricordato la madre di due amiche (giocava con noi) quando mi ha chiesto se trovassi interessante l’idea di un PG inquisitore: le risposi “Perché no? Se mi venisse una buona idea per farne uno…”

    Io non vedrei problemi nell’avere un giocatore che fa il nazista in un gdr – purché non sia costretto da nessuno e non costringa gli altri a sopportarlo controvoglia.
    Insomma, due chiacchiere all’inizio della storia/campagna, per vedere di essere tutti sulla stessa linea, e passa la paura.
    Ognuno ha il suo punto debole: a me, per esempio, non piacciono gli stupri nelle storie, c’è chi non tollera la violenza sui bambini (anche se sono fittizi)…

    Non ho mai giocato un personaggio nazista, ma ci sono andato vicino, quando volevo cambiare personaggio in un’ucronia franchista. Comunque, ho giocato pochi personaggi “malvagi”: mi veniva spontaneo farli un po’ razzisti e parecchio egoisti 😛
    Un nazista lo farei tipo pseudo-medico e/o esoterista senza scrupoli. Possibilmente senza stivali in pelle di gattino o cose così, già è un cliché notevole così 😛

  4. Tutto questo parlare di giochi di ruolo un po’ mi affascina anche se poco capisco.
    Non ho mai ben capito cosa siano. Hanno provato a farmi giocare al Signore degli anelli nel 1994 a Milano ma non ci ho capito un granché.
    Però vi leggo con piacere parlarne.

    1. Premesso che ogni gioco di ruolo ha le sue regole e alcuni si somigliano tra loro più di altri, il modello di gioco di ruolo più diffuso e classico funziona così, grossomodo: un gruppo di amici (o sconosciuti simpatici) si riunisce per giocare per qualche ora.
      Uno è il cosiddetto “master” un arbitro che gestisce il mondo e i cosiddetti “personaggi non giocanti” o png, mentre tutti gli altri partecipanti sono detti solitamente “giocatori” e ciascuno gestisce un unico personaggio, detto “giocante” o pg.
      Gestire un personaggio significa calarsi nei suoi panni, decidendo cosa faccia e cosa dica, come reagisca alle situazioni proposte dal master e ai suoi png, come interagisca con gli altri pg etc.
      Di solito, si considera che i pg siano i protagonisti della storia, che può essere di qualsiasi genere: fantasy, horror, giallo, fantascienza, spionaggio etc., ma molti giochi tendono a supportare un unico macro-genere (per esempio, il famoso D&D è nato come evoluzione dei giochi di miniature, acquisendo dei caratteri di fantasy eroica ispirata a diversi autori, come Tolkien, Vance etc.; Il richiamo di Cthulhu pesca dai lavori di Lovecraft; Vampiri si ispira pesantemente alle storie di Ann Rice etc.) e poi si potrebbe dire molto altro, ma in generale il succo è: degli amici si incontrano per costruire insieme una storia, interpretando i ruoli di personaggi fittizi creati da loro. 😉

      1. Ma quindi un giocatore può anche morire? Una partita quanto dura?
        Se gioco a Monopoli ho un tabellone dove muovermi. Il mio mondo inizia e finisce lì. Nel gioco di ruolo c’è un tabellone? Mi pare di no.
        Mi ricordo delle schede con varie abilità e dadi con tante faccie.

        1. Alcuni giochi di ruolo possono avere anche elementi da gioco da tavolo (gettoni, carte o altro) ma i giochi classici di solito prevedono carta e matita (la scheda del personaggio) e dadi per simulare elementi casuali o creare incertezza, proprio come ricordi.
          Di solito, un gioco di ruolo da tavolo prevede che giocatori e master immaginino la scena in base a descrizioni e dialoghi – quando i giocatori “recitano” i loro personaggi. In pratica, ci si fa un film in testa, come quando si legge.

          Alcuni giochi recenti possono durare tre ore o poco più, ma quelli classici durano finché si vuol giocare o quando finisce la storia – molti gruppi, tempo permettendo, giocano una o due volte alla settimana, per alcune ore, poi interrompono la partita e la riprendono la volta successiva.

          Una storia (solitamente chiamata campagna o cronaca, dipende dal gioco) può essere composta da diverse avventure, ciascuna delle quali può richiedere più di una partita per essere conclusa, un po’ come una stagione di una serie TV, che è fatta di tanti episodi.
          A volte, per come è fatto il gioco o in base allo stile del gruppo o del master, si gioca la storia come una serie di eventi continua, senza stare a dire “quest’avventura è finita”.

          Infine, nella maggior parte dei giochi di ruolo, i personaggi possono morire – i giochi più avventurosi hanno regole molto articolate per gestire ferite e combattimenti.
          Se ti muore il personaggio e vuoi continuare a giocare (e se non c’è modo di resuscitarlo) te me devi fare uno nuovo. 😛

          Comunque, ricorda che ormai esistono giochi di ogni tipo – complicati, semplici, persino lunghi una pagina, che possono durare anni o un’ora soltanto – non tutti hanno da dedicare mesi a una storia 😛 .
          Alcuni nemmeno hanno il master, altri sono fatti perché ci giochino due persone soltanto…
          Se hai altre curiosità, posso provare a rispondere 😉

        2. No, un gioco di ruolo è molto diverso da un gioco da tavolo. Lo paragonerei piuttosto a una piccola rappresentazione teatrale, gestibile attorno a un tavolo, senza costumi. Chi coordina il gioco è in un certo senso il regista. Le regole? Non sono strettamente necessarie. A me piacciono, ma vanno di moda anche i GDR senza regole, senza dadi.

  5. Intanto grazie per avermi dedicato tanto tempo a spiegare le basi.
    Nessuno lo aveva mai fatto.
    Mi sta veramente venendo la voglia di farne parte una volta. Forse alla mia età sarà difficile trovare qualcuno disposto:)
    In più qui al sud non ho mai conosciuto nessuno che praticasse i giochi di ruolo.
    Grazie davvero per le spiegazioni. Intanto mi comprerò il gdr di Alessandro.

  6. La mia opinione è che il gioco di ruolo sia un campo dove non può trovare applicazione il politically correct, poiché in tal modo si perderebbe totalmente la componente teatrale del gioco e l’idea che i personaggi hanno un codice morale necessariamente diverso da quello dei giocatori che li interpretano. Altrimenti si finirebbe con: “gioco me stesso, solo vestito da barbaro in un ambientazione fantasy”. Il che è riduttivo e piuttosto noioso. Io comunque disapprovo l’idea che il GdR debba avere una dimensione “etica”.
    Ciò senza considerare che, applicando sani principi morali del 2018, la maggior parte dei GdR non potrebbero essere giocati. Esemplifico:

    (a) in Vampiri – La Masquerade, i personaggi sono creature della notte che si nutrono di sangue per vivere e non si fanno scrupolo ad uccidere chiunque;
    (b) in Sine Requie Anno XIII l’intera ambientazione è ultraviolenta e vi sono personaggi (fanatici religiosi/nazisti/comunisti) assolutamente deprecabili;
    (c) il Richiamo di Chtulhu è per lo più ambientato nell’America degli anni ’20 e ’30: una società razzista (non credo che giocando si possa dire “afroamericano”, all’epoca si diceva “negro” e lo facevano anche le menti più illuminate);
    (d) in un qualsiasi gioco fantasy, giocare un barbaro politicamente corretto fa sorridere (ricordate la risposta di Conan alla domanda: cos’è la felicità?);
    (e) ultimo esempio, ma la lista potrebbe essere più lunga, ne “Il sonno della ragione” è possibile giocare personaggi (per tutti, lo scienziato pazzo) che hanno un codice morale perverso e non si farebbero scrupolo ad ogni nefandezza per i propri scopi.

    Mi pare chiaro che sia impossibile costruire un buon GdR senza offrire ai giocatori la possibilità di interpretare personaggi corrotti, perversi o malvagi. E, se anche i giocatori facessero solo i “buoni”, tali personaggi, come antagonisti, dovrebbero essere comunque messi in gioco (e fedelmente interpretati) dal master. Non è logicamente ipotizzabile un’avventura dove tutti i giocatori sono personaggi adamantini, che fanno la raccolta differenziata, guardano i film di Nanni Moretti, sono animalisti vegani, donano l’8 per mille a Medici senza frontiere, sostengono i movimenti LGTB e accolgono con amore i migranti.

    Mi sembra anche sensato il parallelismo giocatori/attori. Certo, chi gioca lo fa per divertimento, ma il GdR è comunque una recita, sicché in quel momento il giocatore, volente o nolente, è un attore (per quanto dilettante) che interpreta un personaggio. Deve farlo al meglio delle sue possibilità e, soprattutto, in modo coerente con il background scelto. Se è un background “malvagio”, deve regolarsi di conseguenza. Sta poi alla bravura del giocatore dare vita ad un personaggio che non sia bidimensionale, ma abbia delle sfaccettature.

    Nell’esempio in esame, poniamo che il giocatore sia un ufficiale delle SS: è un fanatico idealista? lo fa per cinico opportunismo? si pentirà in corso d’opera? è un macellaio senza scrupoli? è un uomo giusto dalla parte sbagliata? è spinto da motivi di rancore personale? Rispondere a questi interrogativi dà profondità e interesse al gioco. Nella mia esperienza personale, sia da master che da giocatore, ho riscontrato che i “cattivi” sono i personaggi più complicati da interpretare, perché hanno un codice etico alieno rispetto a quello dei giocatori, sicché la tendenza è: (1) farli diventare delle macchiette; (2) giocarli in modo incongruo. Però a giocare i cattivi spesso ci si diverte, perché la violenza finta è catartica. Immagino che tutti voi abbiate giocato a Carmageddon con estremo gusto, anche se nella vita reale vi farebbe orrore andare in giro ad investire innocenti pedoni con elaborate combo.

    Infine, non mi è mai capitato un giocatore che si compiaccia di interpretare un cattivo. Che cerchi di giocarlo al meglio sì, ma che lo faccia perché assertore egli stesso di ideologie “immorali” no.

    Ciao a tutti.

    MV

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.