Stan Lee non c’è più.
È da ieri sera che non faccio altro che pubblicare citazioni e foto che lo riguardano e giuro che con questo post cercherò di concludere la faccenda, per poi elaborare il lutto in privato.
Non c’è granché da essere ipocriti: a 95 anni la morte non è una cosa sorprendente, né inattesa, ma ciò non la rende più lieve.
C’è soltanto un’altra morte “celebre” che negli ultimi 10 anni mi ha colpito come quella di Stan Lee, ovvero quella di Joe Dever, il “papà” di Lupo Solitario.
Non a caso sono due creativi che hanno costruito l’infanzia e l’adolescenza di centinaia di migliaia di persone.
Me compreso.
Io ho un debole per i creativi, soprattutto per quelli che costruiscono mondi immaginari, ma tanto vividi e speciali da sembrare veri. Anzi, da essere veri, perché una cosa è vera fin quando qualcuno ci crede. È il principio su cui si fondano anche le religioni.
Quindi, volendo essere un po’ irriverente, si può credere a Dio, a Padre Pio, a Galactus e al dio Ramas.
Non è un insulto alla religione, anzi: qualunque cosa contribuisca a farci stare bene, anche se immaginaria, deve essere difesa.
Comunque Stan Lee va oltre questo. Stan Lee è, dopo il poeta Omero, l’uomo che ha inventato la mitologia.
I personaggi di Stan hanno ridisegnato l’immaginario comune.
Una volta c’erano Teseo, Perseo, la Medusa, il Minotauro, gli Dei Olimpi, Giasone e gli Argonauti, Ercole e le sue fatiche, i Titani, Achille e Patroclo, la Chimera e Bellerofonte, etc etc.
C’erano, ci sono ancora (io – pensate un po’ – ho scritto tutt’ora un romanzo su uno di questi miti), e ci saranno sempre.
Poi sono arrivati i Fantastici Quattro, Spider-Man, Iron Man, Capitan America, Thor, i Vendicatori e tutto l’universo Marvel. Stan Lee e gli altri grandissimi del fumetto li hanno inventati, in un’epoca in cui la fantasia era ancora libera e anarchica, in una terra dove essere dei sognatori non è un crimine (da noi lo è), bensì un pregio.
Dunque sono arrivati questi nuovi Miti – chiamarli supereroi non li spoglia da ciò che sono realmente – si sono “accampati” nella fantasia di tutti noi, hanno proliferato, sono diventati parte del patrimonio culturale collettivo.
Il supereroe tipico di Stan ha altro in comune coi Miti classici, oltre alla forza, all’epicità, alla fama. Anch’essi sono tanto semidivini quanto umani nelle loro problematiche. Non vi devo certo ripetere l’ovvio, parlando dei “superproblemi” di personaggi come Peter Parker, o di Steve Rogers, che si è umanizzato decennio dopo decennio, conquistando anche i cuori di chi un tempo lo considerava di destra e ultraconservatore.
Quindi è un po’ più facile identificarsi in loro, perché se anche un supersoldato o il Dio del Tuono possono avere paura o patire pene d’amore, le nostre debolezze ci appaiono più normali.
Stan e i suoi personaggi (suoi e degli altri grandi maestri, non dimentichiamolo mai) hanno aiutato molti ragazzini a crescere, ad avere valori.
Un fumetto può fare questo? Sì, può farlo.
Gli americani conoscono da sempre il potere di questo media, infatti lo hanno usato come propaganda bellica. Poi però c’è chi, come il vecchio Stan, appunto, ha usato i suoi Miti moderni per dire ai ragazzi di tutto il mondo: “Ehi, per essere un eroe non devi essere perfetto. Fai del tuo meglio, cerca di fare del bene, e vedrai che le cose andranno meglio.”
Vi sembra un insegnamento da poco?
A me no.
Ciao Stan, ci si incontra nella Zona Negativa.
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Quest’uomo ha sempre avuto qualcosa in più degli altri e come diceva Chris Evans ( capitan America) “Non ci sarà mai più un altro Stan Lee”. Se ti va vai a vedere sul nostro sito l’articolo du di lui. Se ti è piaciuto iscriviti lascia like e commenta