I contenuti, le condivisioni, le scopate di Corona

(fonte: https://internapoli.it/libro-corona/)

Succede sempre più spesso: mi imbatto in decine di colleghi (scrittori, blogger, editor, o un mix di tutto ciò) incazzati come bisce perché il pubblico – quella roba indefinita che sta là fuori – condivide sempre meno i famosi contenuti, dando invece ampia visibilità alle cazzate.
In questi giorni, tanto per dirne una, su Facebook ho visto un centinaio di condivisioni di un estratto del famigerato libro di Fabrizio Corona, quella zozzeria dove elenca le soubrette più o meno famose che si è ciulato.
Lo sdegno, lo schifo, l’incredulità (reazioni del tutto comprensibili e condivisibili)… però intanto quella pagina è stata condivisa all’incirca trenta volte di più rispetto a un qualunque articolo dei noi piccoli blogger.
E parlo soltanto di numeri che riguardano la mia esperienza personale, e quella delle “bolle” affini alla mia (amici e colleghi).
Ma è una cosa normale?
Sì, purtroppo lo è.

Prendiamo un qualunque, semplice manualetto che insegna a far diventare i post e i video virali. Si citano più o meno sempre queste regole:

  1. Scelta del titolo – Si consiglia di mettere enfasi e di gonfiare la realtà, per esempio inserendo nel titolo affermazioni quali “il più visto”, “il più letto”, “il post che il PD non vuole farvi leggere” etc. Anche se non è vero – e non lo è – poco importa.
  2. Scelta dell’immagine di presentazione – Basta che attiri l’attenzione. Se si tratta di un video bisogna scegliere un fotogramma d’impatto e usarlo come thumbnail.
  3. Agganciare un influencer – Quando si pubblica un post o un video è opportuno taggare qualcuno (di vagamente pertinente col post in questione) in grado di coinvolgere un’ampia utenza con un individuare condivisione. Un influencer, insomma. Uno che “fa tendenza”.
  4. Catturare subito l’attenzione – Iniziate un video con una bella scoreggia (le scoregge fanno ridere). Oppure, se è un post scritto, inserite subito un attacco contro qualcuno (“Renzi, pagliaccio servo delle banche!”). Inutile esordire con qualcosa di più soft, che la gente si annoia.
  5. La durata – I guru dicono di non scrivere post troppo lunghi e di non caricare video di durata esagerata. Come detto al punto 5, la gente si annoia subito. Pare che ultimamente vadano di moda i video di cinque/dieci secondi, in stile meme.
  6. Il timing – Studiate qual è il migliore momento della giornata e/o giorno della settimana per pubblicare il vostro post, o video. Se volete fare molte visualizzazioni a Natale, perché non postare il video di una bella tettona vestita da elfo, magari la notte della Vigilia? Oppure una renna che scoreggia (le scoregge fanno ridere, l’ho già detto?)
  7. Il contenuto – Ah, sì. Per ultimo i guru ricordano che (cito testualmente) “anche il contenuto ha la sua importanza. Di solito deve essere qualcosa in grado di emozionare, divertire, sorprendere.”

Vero, ma triste.

La prima considerazione che possiamo dunque fare è che il contenuto, fino a pochi anni fa considerato “l’elemento più importante della nostra comunicazione“, è ora diventato un punto generico di un elenco piuttosto lungo.
Tra l’altro tra le qualità citate – emozionare, divertire, sorprendere – manca per esempio “far ragionare”, oppure “informare”.
Un caso? Non credo.

Del resto anche la questione riguardante la durata è significativa. Il suggerimento è molto preciso: non dilungatevi troppo, che la gente ha una soglia di attenzione bassissima. Non solo gli articoli lunghi vengono saltati a piè pari, anche i video devono essere “ristretti”, altrimenti l’utente medio si rompe le scatole e passa a fare altro.

Una considerazione va fatta anche riguardo a quelli che sono soltanto degli evidenti trucchetti per attirare il pubblico. Sono, in linea di massima, strategie piuttosto aggressive, sempre nell’ottica di colpire alla svelta, a tradimento. Strategie di conquista, ma non di costruzione, se vogliamo usare una metafora militare.

In questo senso il libro di Corona è la perfetta trasposizione di questo sistema nel mondo dei libri. Azzecca quasi tutti i punti esposti qui sopra, compreso il timing e gli agganci con gli influencer, visto che il buon Fabrizio è pompato dagli stessi media che teoricamente lo criticano.
E la durata? Breve, come da manuale: 146 pagine (per la modica cifra di 9 euro in formato digitale e 15 in cartaceo).
E se voi credete che all’editore di questo libro freghi qualcosa della nostra indignazione, vi sbagliate. La pubblicità negativa è funzionale a un prodotto del genere, e fa il gioco di chi la riceve. Corona ci ha costruito la carriera, sull’odio virale che attira trasversalmente. Infatti la sua biografia è tra i dieci libri più venduti in Italia.
Purtroppo devo anche dirvi che le vostre condivisioni incazzate fanno parte della strategia.
La mia non vuole essere una bacchettata moralistica, bensì una semplice constatazione.

E i contenuti? E chi cerca di approfondire qualche argomento in maniera meno isterica?
Ma chi se ne frega, dai.


Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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10 commenti

  1. Lo so che adesso penserai che sono un orso asociale che non vive la sua epoca. Se lo pensi hai proprio ragione e non me ne frega nulla.
    Di questo libro di Corona ne vengo a conoscìenza grazie al tuo articolo. Mamma mia devo proprio accendere la TV ogni tanto.

    1. Io la TV la guardo, ma non sapevo del libro di Corona, forse perché non seguo i programmi “giusti” (barbare, marie e chissà cos’altro).

      Il punto del discorso è che ha senso condividere contenuti che scatenino indignazione, ma indignarsi per un libretto che servirà a pagare le spese processuali di Corona… ci saranno cose più importanti?

      1. è il meccanismo alla base dei social. e chi vuole farsi strada, guadagnarsi il suo quarto d’ora di celebrità, sa benissimo che deve puntare su post che scatenino il celolunghismo, il narcisismo e il moralismo dell’utente medio, il quale sfoga le sue frustrazioni nelle invettive e nelle polemiche online. ovviamente del tutto futili e fini a se stesse, dalla politica alla cucina passando per la lettura.

  2. Io resto fedele al vecchio precetto dei miei vecchi guru, “Content is king”.
    Attirerò meno utenti, ma preferisco la qualitrà alla quantità, con buonapace di Corona (sì, questa è unabattuta a doppiosenso).
    Dopotutto, se è vero che non possiamo fare una selezione all’ingresso dei nostri blog (o dei nostri racconti), possiamo per lo meno eliminare darwinianamente quelli che non ce la fanno a starci dietro.

    1. Chiaro, per fortuna c’è chi non si adatta e percorre strade diverse.
      Il problema semmai è un altro, vale a dire che un numero crescente di persone si sta abituando a un unico sistema di comunicazione, danneggiando ogni cosa.

  3. Alla fine non resta che rassegnarsi allo stato di fatto e continuare a produrre scritti di qualità. Finisci per farlo solo per te stesso e tre lettori, ma, d’altro canto, se produci contenuti di valore non stai cercando la notorietà, giusto?

    Resta vero il fato che la cosa rode, e non poco.
    Ma, si sa, esistono solo due verità assolute:
    1) così è la vita
    2) il Pandoro sarà sempre meglio del Panettone

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