L’entusiasmo per un film o per un libro

Ieri su Facebook scrivevo che non sono psicologicamente pronto per vedere Avengers Endgame.
Esagerazione? Iperbole?
Non del tutto.
Per indole sono un entusiasta, ma non un emotivo. Vale a dire che mi entusiasmo per qualche film o libro che ritengo molto nelle mie corde, ma che non mi capita praticamente mai di commuovermi. Fanno eccezione i film in cui muoiono dei cani (maledetti sceneggiatori!).
Gli Avengers sono una cosa a parte.
Prima di tutto sono un fan del mondo Marvel da tempo immemore, molto prima che “l’universo esterno” familiarizzasse con personaggi come Cap America, Tony Stark, Occhio di Falco e altri.
I film, poi, hanno segnato gli ultimi dieci anni della mia vita. Nel senso che lego a ogni titolo un aneddoto. Iron Man l’ho visto con un caro amico che non incontro più da tempo, Capitan America è il primo Marvel movie visto con Simona, Avengers è stato un fortissimo raggio di sole in un periodo buio della mia vita, e via dicendo.
Quindi sì: Endgame per me sarà commuovente, e non solo per quello che accadrà nel film.
Però, discutendo con un collega che stimo moltissimo, mi è stato detto che lui fa una fatica incredibile a emozionarsi per un film, o per un libro.

Secondo questo mio collega, che non cito per discrezione, emozionarsi per un’opera studiata a tavolino gli risulta quasi impossibile. La consapevolezza di essere davanti a un prodotto pensato e concepito per stimolare certe corde psicologiche lo rende impermeabile a ogni reazione “di pancia”.

Capisco il suo ragionamento. Si potrebbe dire la stessa cosa di molte canzoni, aggiungo.
Come scrivevo a inizio post nemmeno io sono uno facile all’emotività indotta da opere di finzione narrativa.
Però spesso sono un entusiasta. Mi capita di esaltarmi per un film, al punto di straparlarne sui social. Mi è successo – per esempio – per Pacific Rim. Coi libri è avvenuto qualcosa del genere per World War Z, di Max Brooks, di cui credo di aver parlato in ogni contesto possibile.
L’entusiasmo è sciocco?
Può darsi, non lo nego. Il mio è paragonabile a quello del fanciullino di pascoliana memoria. Per esempio:

Non l’età grave impedisce di udire la vocina del bimbo interiore, anzi invita forse e aiuta, mancando l’altro chiasso intorno, ad ascoltarla nella penombra dell’anima. E se gli occhi con cui si mira fuor di noi, non vedono più, ebbene il vecchio vede allora soltanto con quelli occhioni che son dentro lui, e non ha avanti sè altro che la visione che ebbe da fanciullo e che hanno per solito tutti i fanciulli. E se uno avesse a dipingere Omero, lo dovrebbe figurare vecchio e cieco, condotto per mano da un fanciullino, che parlasse sempre guardando torno torno.

Mi scoccia invece l’entusiasmo artefatto. Mi danno fastidio quelli che annunciano ogni nuova uscita – che sia un romanzo, un racconto, un film o altro – come un capolavoro, un’opera che alza il livello medio del genere a cui appartiene. Si tratta di mero marketing, o di ancor più comune leccaculismo.
Non sopporto nemmeno coloro che bocciano praticamente ogni cosa che leggono o che guardano. Sono lì, pronti a recensire con ferocia, armati della penna rossa tipica delle maestre cattive. Gente priva di passione per qualunque cosa, o forse assuefatta alla falsa idea che le uniche recensioni vincenti siano quelle acide, spietate.

E voi a quale team appartenente? Agli entusiasti, ai razionali, ai distruttori?
Siete facili alle emozioni, o avete il cuore di un vulcaniano?

Io con un amico, dopo la visione di Pacific Rim.

Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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6 commenti

  1. Io sono un debole. Mi emoziono e mi esalto facilmente ma rimango altrettanto facilmente deluso (vedi il recente Hellboy, forse il mio “supereroe” preferito). Forse proprio per la mole di entusiasmo che mi accompagna prima di entrare in sala. A me però sta bene così, mi mantiene giovane e ancora in grado di meravigliarmi genuinamente di fronte a qualcosa. Spero di andare avanti così per molti anni 🙂

  2. Io sono entusiasta ed emotivo, ma non facile a commuovermi – è più facile che io mi arrabbi, vedendo cose che percepisco come ingiustizie in una storia.
    Da bambino mi commuovevo di più – scene di animali uccisi e giocattoli rotti per dolo.

    Di certo, non mi commuovo nemmeno io, se mi sembra di percepire in una storia l’intento di farmi grondare lacrime. Esempio cinematografico: Saving Mr. Banks, pregevole agiografia del potere salvifico di Walt Disney, messia che faceva km nella neve per consegnare i giornali prima della scuola.
    Il film era ben fatto, ma a tratti era patetico e non per il pathos.

  3. Diciamo che io sono nel mezzo. A volte mi emoziono parecchio per certi film. Piango come una fontana al finale di Schindler’s List, Blade Runner e Hugo Cabret (più altri film ma questi sono i tre che più mi hanno emozionato e commosso). Però non sono una persona che aspetta un lavoro con hype. Forse è dovuto a molte delusioni che ho avuto nel corso del tempo ma tendo ad aspettare con calma l’uscita di un film o di un romanzo, senza stare a fare salti di gioia o a parlarne con altre persone. In certi casi ho atteso veramente alcuni film (ad esempio Crimson Peaks di Del Toro e Ghostland di Laugier), ma per il resto sono una persona che sa aspettare.

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