
Bisogna stare soli, gli aveva insegnato il vecchio, sin dai primi tempi. Poi gli aveva spiegato molte cose, gli aveva dischiuso tanti misteri, ma di tutti gli insegnamenti il più importante era quello: bisogna stare soli. Se uno vuole preservarsi, capire la vita, giungere alla saggezza, deve stare solo! (Felix Salten)
Abbiamo tutti voglia di riabbracciare amici e parenti. La quarantena ci ha diviso, spesso in modo brutale, quasi senza preavviso.
Lo capisco. Anch’io non vedo l’ora di ritrovare alcune persone e di incontrarne alcune “nuove”, che proprio con la quarantena stanno diventando dei volti amici. Persone che fino a poche settimane fa sentivo saltuariamente su Facebook e Instagram. Lettori, conoscenti, colleghi, alcune delle mie testimonial. Questi giorni di auto-isolamento stanno dando a tutti noi il tempo per sondare nuovi territori, sia a livello interiore che a livello di comunicazione.
Vedo che però in molti temono tantissimo la solitudine, e non solo perché essa è legata a un pericoloso contagio che minaccia le nostre vite. No, molti la temono perché crea silenzi che parlano.
Io sono allenato alla solitudine.
Non sono mai stato un compagnone, anche se gli amici non mi sono mai mancati. Anno dopo anno le “grandi compagnie” hanno ceduto il posto a rapporti in scala più piccola. Uscite a quattro, a tre, a due.
L’ultimo anno è stato caratterizzato anche da moltissimi momenti solitari. All’inizio è stata dura, anche per uno come me, che non sente la necessità psicologica di stare sempre in movimento, di avere sempre qualcuno che mi “parla addosso”.
Che poi, in realtà, non siamo mai soli in questo mondo.
Io non appartengo a quella categoria di persone che ritengono i social come qualcosa di posticcio e fasullo. Sono strumenti dietro i quali ci sono persone in carne e ossa. Quindi la sensazione di essere isolati per me è molto relativa.
Io, per esempio, non ho mai comunicato tanto come sto facendo in questa quarantena.
Eppure anche la solitudine in senso assoluto non deve farci paura.
In fondo essere soli vuol dire rimanere con noi stessi, ridefinire i confini delle nostre capacità, tracciare i nostri limiti, magari per superarli.
Spesso la cacofonia di voci di cui la gente si stordisce continuamente serve a nascondersi, a giocare allo struzzo. Un po’ come hanno fatto diversi paesi nell’affrontare l’arrivo del contagio, se mi passate la metafora.
La vera solitudine è in un luogo che vive per sé e che per voi non ha traccia né voce, e dove dunque l’estraneo siete voi. (Luigi Pirandello)
Non so come state affrontando questo momento. Anzi: sto mentendo. Di alcuni di voi so molte cose, perché siete voi a mostrarle attraverso i social. In molti state reagendo bene. Per questo anch’io mi trovo meglio a comunicare con voi, vincendo la mia indole da lupo solitario.
Può darsi che da questo tremendo periodo, da questa prova epocale, qualche persona esca più consapevole e forte.
Non è una gran consolazione? Probabilmente no, ma dobbiamo ricavare il meglio dal peggio.
Non c’è altro modo per affrontare questa situazione.

Anch’io sono una persona solitaria. Ho degli amici che vedevo di tanto in tanto e con cui parlo sui social, però tendevo sempre a stare chiuso in casa a fare altre cose. La solitudine in gran parte mi è sempre piaciuta anche se capisco benissimo come a tanti questa cosa possa pesare.
Da introversa sto vivendo l’isolamento molto bene (se isolamento si può chiamare, visto che comunque vivo con il mio compagno). Anzi, non sono mai stata così produttiva, sono quasi contenta di avere più tempo da dedicare ai miei progetti, anche se due secondi dopo mi sento in colpa per averlo pensato. La situazione economica mi spaventa un po’, e anche quella sanitaria, quindi può essere che il mio entusiasmo iniziale vada a scemare. Ma la solitudine, quella no, non mi spaventa per niente 🙂
La solitudine mi fa un baffo, sono ormai abituato.