Internet, la censura, la pirateria

Come sapete oggi, 23 gennaio 2012, per il Web potrebbe essere una giornata storica. E’ infatti in previsione la serrata dei colossi Google, Amazon, Facebook, Twitter (e forse altri) in risposta al disegno di legge presentato dal deputato repubblicano statunitense Lamar Smith. Si tratta del SOPA, Stop Online Piracy Act, che ha già indirettamente portato alla chiusura del noto portale Megaupload.
Il SOPA nasce con l’intento di tutelare i proventi (leggi: gli interessi economici) delle multinazionali che guadagnano grazie al principio della proprietà intellettuale: case discografiche e cinematografiche, editoria etc etc. Per farla breve la misura prevista da questo provvedimento è l’oscuramento dei siti accusati di violare il diritto d’autore. Siti a cui si imputerebbe quindi la mancata vigilanza dei contenuti caricati. Vigilanza che tra l’altro appare alquanto improbabile, contando la quantità spaventosa di contenuti caricati ogni minuto su siti come Youtube o Blogger.
Al momento in cui vi scrivo non vi so dire se questo sciopero è stato confermato o meno. Per alcuni si tratta infatti soltanto di una bufala. Forse voi che steate leggendo già la sapete, mentre io lo scoprirò a breve, essendo questo articolo scritto e programmato nella notte di domenica 22 gennaio.
A ogni modo prendiamo questa notizia (vera o falsa che sia) come spunto per disquisire un po’ di internet, di condivisione, censura e di una buona fetta del futuro che ci attende. Perché il Web è una cosa seria, da qualunque parte la si guardi.
Non ho intenzione di tediarvi con questioni economiche o giuridiche, perché non ne ho la capacità. Se volete leggere un’analisi chiara e user friendly, vi consiglio di fare un salto qui. L’articolo di Paolo Bottazzini è abbastanza esaustivo.
Su Plutonia però non ci occupiamo di cose tecniche, non credendo nella tuttologia. Possiamo invece ricavarne qualche ragionamento molto alla larga, partendo da lontano.

Non è voglia di protagonismo

Tra le tante cose di cui ci accusano – alcune le trovate sintetizzate in questo articolo – c’è anche quella di essere dei blogger.
Ci dicono che siamo degli esibizionisti, degli egocentrici, dei repressi che si nascondono e fanno la voce grossa dietro un monitor. Il che, per una percentuale (credo minoritaria) della blogosfera, può essere anche vero. Ma facciamo un passo indietro.
Ho 36 anni, quindi ne ho vissuti ben 22 nel mondo senza World Wide Web. Roba che a molti adolescenti di oggi suona più o meno come se dicessi “il mio vicino di casa era un brontosauro”. Sono online dal 1998, quando mi collegavo in stile carbonaro dall’InfoLab dell’università, mettendoci una vita a caricare una paginetta dalla grafica spartana.
Fin dai miei primi giorni da internauta ho apprezzato il parere della condivisione e della partecipazione.
All’inizio c’erano le mailing list e i forum. Ne ho frequentati parecchi, di argomenti disparati (sport, giochi di ruolo, musica, celebrità, fantasy, fumetti, politica milanese), conoscendo una “diversa umanità”, composta  in pari misura da gente assettata di arricchimento e da vandali del Web, che sempre ci sono e sempre ci saranno.
Anche se i forum mi hanno stancato, conservo questa esperienza giudicandola preziosa e indimenticabile.

L’esperienza dei blog è senz’altro più recente. Ho iniziato a bloggare attorno al 2001. I miei primi esperimenti in materia erano angoli di Rete frequentati da massimo dieci persone. Sinceramente non ricordo più i loro nomi. Non c’era grande interattività, ma era chiaro che il settore si sarebbe sviluppato da lì a breve.
Così è stato.
La blogosfera italiana è forse nel suo momento di maggior vitalità. Purtroppo c’è stato un ingresso massiccio di gente poco raccomandabile, ricchi di violenza nel linguaggio e di inciviltà mascherata da lotta al sistema – che sia esso quello economico, politico, editoriale, o anche solo il fan club di uno scrittore o di una cantante.
Purtroppo, ma anche per fortuna, la libertà di parola lascia spazio anche a questi elementi. Cercheremo di sopportarli o, al limite, ci dimenticheremo della loro esistenza.

Curare un blog, prima L’Orlo del Mondo, adesso Plutonia, è una delle attività che più mi realizzano nella vita. Più di scrivere racconti? Senz’altro, e di gran lunga. Pianificare i post, dare il via a discussioni e confronti, proporre spunti di riflessione, consigliare letture: queste sono cose a cui difficilmente potrei rinunciare.
Dicevamo, non è protagonismo.
La maggior parte di voi non mi conosce di persona. Sono piuttosto schivo, odio essere al centro dell’attenzione. Non ho mai partecipato né probabilmente parteciperò a meeting, movimenti trasversali, presentazioni dal vivo, raduni. Mi piace il rapporto faccia a faccia (uno a uno). Sono di quelli che pensano che, incontrandoci in tre, saremmo già con una persona di troppo tra i piedi. Limite mio, si capisce.
Gestire un blog mi dà invece la possibilità di esternare idee e pareri che dal vivo non riuscirei forse a trasmettere.
La parola scritta rimane, ha una memoria. Ci si può riflettere e la si può riponderare con calma, magari dopo mesi.

La condivisione

Oltre a riflessioni e a pareri, i miei blog hanno sempre condiviso consigli riguardanti libri, ebook, film, fumetti, giochi di ruolo, canzoni.
Dal momento in cui io scrivo “il film Tal dei Tali è molto bello” sono consapevole di istigare 8 persone su 10 a cercarlo su eMule e 2 su 10 a comprarlo in negozio. Una media sproporzionatamente a favore della pirateria, per parlare di semplice matematica.
Eppure nei miei intenti non c’è mai la volontà di guidare il lettore verso una scelta oppure l’altra. Sono anzi consapevole che la mia recensione servirà comunque a promuovere e a pubblicizzare il prodotto in questione. Anche perché io parlo quasi sempre di cose che mi sono piaciute. Scelta codarda, dicono alcuni. Io preferisco parlare di positività: perché spendere ore per scrivere un articolo la cui sintesi potrebbe essere “questo libro è una merda”? Per dare un giudizio così lapidario mi basta la bacheca di Facebook, se proprio sento il bisogno di farlo.

Ora, concludendo, vorrei ribadirvi che eviterò ogni discorso economico riguardante la pirateria online, la condivisione etc. So soltanto che quando certi provvedimenti sanno troppo di censura, non mi piacciono.
So cos’è la libertà di parola su Internet, so anche cosa significa spostare l’asse dei mercato (parlo di mercato di intrattenimento – il mio campo) in base a opinioni genuine e non solo grazie a campagne di parte e a marchette di vario tipo.
Per esperienza personale, perché in fondo questa conta, sono consapevole che molte realtà editoriali preferiscono che si parli di loro, anche in termini di pirateria, piuttosto che un silenzio tombale. Se un blog scrive: “questo serial è bellissimo, lo potete trovare in streaming” fa comunque una pubblicità notevole al serial in questione.

Forse andrebbe rivisitato l’intero concetto di mercato. Per quanto certi dinosauri preferiscono calvalcare l’onda del possesso materiale (il disco di vinile! Il libro di carta!) non bisogna aver paura di parlare di commercio digitale, di abbattimento dei costi. Creare un equo mercato mi sembra il modo più intelligente per tagliare le gambe alla pirateria, per creare una coscienza al consumatore.
Ma, come ho detto, non mi voglio spingere troppo in là con le mie considerazioni.

34 commenti

  1. Io concordo con te,anche perchè a volte chi un certo film o serial prima lo guarda in streaming nel caso gli piaccia molto può anche acquistarselo in Dvd.Una cosa non esclude l’altra.Mi domando però quando lo capiranno certi soloni…

    1. Le parti sono ancora molto, troppo lontane, e nemmeno per motivi economici, bensì filosofici.
      Io, per esempio, i pirati “totali” non li ho mai capiti!

  2. Niente da aggiungere. Condivido virgola per virgola quello che scrivi. Io cerco di andare al cinema (quindi pagare il biglietto) almeno una volta a settimana, se non di più, quando ci riesco. Acquisto anche tanti dvd e cofanetti vari. Certo, se devo aspettare anni perché un film arrivi (doppiato coi piedi) da noi, mentre tutto il resto del mondo ne parla, vado per vie traverse. Stessa cosa per le serie televisive, o per quei film molto vecchi e quasi introvabili.
    Certo, ci sono anche quelli che si vanno a vedere il film in streaming mentre è ancora al cinema, a qualità pessima. E sinceramente non li comprendo del tutto. Però quando un film piace, incassa comunque. E questo è un fatto.

    1. Sì, brava, parliamo pure della distribuzione vergognosa che mi obbliga a vedere film sottotitolati in modo approssimativo… Magari per DVD che comprerei tranquillamente a 10 euro.
      Nel campo dei libri citerei anche i tanti testi introvabili a pagamento, ma disponibili illegalmente in formato digitale. Ma riproporli in solo ebook a 0.99 centesimi fa così schifo come idea?

      1. sui libri ti faccio un esempio: una casa editrice sta rieditando tutto Barker, da parecchio tempo fuori dalla circolazione. Mi mette a 17 euro il primo volume dei libri di sangue. E vabbè. Ma non si degna neanche lontanamente di pubblicarli in formato digitale, quando la vecchia edizione bompiani si trova tranquillamente in download. E allora andassero a quel paese, no?

        1. Esempio perfetto.
          Giusto settimana scorsa cercavo un’edizione italiana di “The Keep” e ovviamente non l’ho trovata in nessun formato (cartaceo o digitale), se non in download illegale.
          E allora, come dici tu, che se ne andassero affancuore.

  3. Io vorrei capire come vengono applicati questi provvedimenti. Un blog come il tuo, per me, è “innocente”… esprimi giudizi, lanci dibattiti, poni le tue opinioni e rispetti quelle altrui.
    Ci sono però blog che, quando parlano di film, musica, e quant’altro, forniscono anche informazioni su come recuperare il materiale gratuitamente/illegalmente (ne conosco alcuni… che pur non mettendo il link diretto, praticamente incitano a scaricare piuttosto che a comprare/noleggiare).

    Chi è innocente scagli la prima pietra: Chi è che non ha qualcosa preso giù dal p2p scagli la prima pietra. Io mi sono reso conto che molta roba che avevo preso, magari perché incuriosito da questo o quel sito, alla fine, non l’ho mai vista, ascoltata, valutata… insomma, è diventata un accumulo di byte sul mio hd. Difatti, da una settimana a questa parte sto facendo un bel repulisti generale, tenendo solo ciò che ho comprato… perché alla fine, è ciò che mi piace davvero e ascolto/guardo, volentieri.

    A ogni modo credo che i metodi per lottare contro la pirateria, oggi, siano piuttosto grossolani… a partire dai DRM, fino alle azioni estreme di chiusura dei portali come Megaupload. Credo però che sia una lotta complicata, come te non voglio entrare nei tecnicismi, ma di sicuro è di difficilissima soluzione.
    L’unico sistema è sempre quello del prezzo onesto… ma sappiamo bene che gratis è sempre meno di poco… e se in certe culture c’è chi storce il naso a pensare che il lavoro altrui (specie se apprezzato) non debba essere ricompensato, in altre invece si lotta per il “free” a ogni costo, l’open a ogni costo… magari facendo di tutta l’erba un fascio, magari senza nemmeno capire la differenza tra open (lavoro comunque riconosciuto e, in un modo o nell’altro, remunerato) e free (sgraffignato). Senza contare il malcostume di volere sempre tutto e subito. Un tempo non c’era tutta questa fame di “materiale intellettuale”. Ci si accontentava di ciò che ci si riusciva a permettere… le tecnologie non permettevano sicuramente la duplicazione selvaggia ma, anche quando ci si faceva “la cassettina-compilation” tra amici, mai e poi mai ci si perdevano nottate per avere tutta la discografia di questo o quel cantante, o millemila vhs di film copiati/clonati. Oggi bisogna avere tutto… oppure bisogna avere subito… Come ho già detto, non parlo da anima pura… pure io cado in queste false esigenze, però (come sta accadendo ultimamente) mi accordo che sono per l’appunto false… che senso ha avere tutto se poi non ho neppure il tempo di goderne? Prima di finire nella cerchia di chi compra millemila hd per tenere tutto ciò che scarica, ho deciso di “razionalizzare” e di fare il bravo.

    Credo sia un problema culturale, piuttosto che di polizia investigativa. E comunque è un problema difficilissimo da risolvere. Buffo: la gente si lamenta per gli stipendi bassi, perché non arriva a fine mese… e poi pretende che il lavoro altrui sia distribuito gratuitamente, e di conseguenza, che ci si occupa di arte e intrattenimento non venga pagato (non parlo degli artisti, che in un modo o nell’altro i soldi li incassano, parlo dei tecnici, degli operai, degli impiegati che lavorano in quell’ambiente). Avete presente il ragazzo che è rimasto vittima nel crollo del palco di Lorenzo? Terribile tragedia… ma avete presente quanto prendeva per quel lavoro? Ecco, è di queste persone che parlo.

    Ribadisco… un tema difficilissimo da affrontare. Bravo Alex.

    1. Secondo me il problema è irrisolvibile, ma arginabile.
      Tu che sei un pioniere del web come me, ricorderai il primo boom degli mp3, corrispondente a un periodo di un paio d’anni in cui più o meno tutta la musica era gratuita (piratata). La nascita di iTunes, e relativi affini, ha cambiato un po’ le cose.
      Per quel che vedo tra la gente che conosco, il rapporto acquisto/download illegale si è attestato al 50/50.
      Secondo me è una proporzione che ci può stare.
      Poi, ovvio, servirebbe una coscienza per capire che film, canzoni e libri sono lavori, e in tal modo andrebbero retribuiti. Purtroppo però non è una cosa facile da insegnare, specialmente alle nuove generazioni, quelle nate in periodo internettiano e abituate a scaricare tutto senza pagare un centesimo.
      Poi ci sarebbe anche da sottolineare il concorso di colpa di chi, come le case discografiche, ha mangiato sui suoi prodotti in modo indegno, e ora subisce una sorta di contrappasso…

  4. Ottimo post.
    Apprezzo soprattutto il punto di vista del vecchio utente internet – io credo che molto sia cambiato nell’atteggiamento degli internauti dai tempi dei pionieri e dei modem a 16k.

    Non so come andrà a finire questa faccenda del SOPA.
    Se la storia del web ci insegna qualcosa, è che le regolamentazioni che non sono implementate come software non hanno alcun significato.
    Dovranno modificare i nostri browser per fermare certi fenomeni.
    E nulla vieta che ci riescano, ovviamente.

    (e concordo con Glauco qui sopra sul fatto che due terzi della pirateria scomparirebbero se ci fosse una maggiore circolazione d prodotti legali a prezzi accessibili)

    1. Infatti, come ho risposto a Glauco, secondo me il problema si potrebbe arginare con qualche politica economica più saggia.
      Con l’azione di polizia si dà solo un segnale, ma i veri pirati non si spaventano più di tanto…
      Ricordo le battaglie contro Napster, tanto per dirne una…

  5. Bel post, questo me lo segno e lo metto da parte per leggerlo ancora. ^_^
    Io spero che leggi come SOPA/PIPA non si ripresentino mai più. Purtroppo a quanto pare anche l’Europa ha deciso di adeguarsi al modello americano, quindi prima i nostri amici statunitensi abbattono questo obbrobrio, meglio sarà per tutti noi.
    Cioè, perfino la Casa Bianca è contraria, il che è tutto dire.

    1. Sì, poi parliamone di questo fatto che ci siamo appiattiti sul modello americano… Altro sintomo del “governo ideologico” delle multinazionali, che tutelano soltanto i loro interessi. Il che è pure lecito, se lo facessero con un occhio di riguardo per i consumatori.

  6. a me la pirateria ha comportato strani cambiamenti. in passato sono stato uno scaricatore compulsivo, scaricando l’impossibile, poco importa se fosse la discografia di un rumorista giapponese o pdf di ricette pugliesi. prendevo perché potevo insomma.
    è una fase che è durata pochissimo, forse meno di due mesi, ma se non ci fosse stata forse non sarei diventato un consumatore attento e consapevole. non conoscerei molti artisti a cui poi ho donato il mio regolare obolo, senza peraltro essere più assillato dal mero possesso di un bene o dal collezionismo.
    e forse, a pensarci bene, è proprio questo che fa una paura fottuta ai grandi colossi dell’intrattenimento

    1. Credo che in molti reagiscano come te, in primis il sottoscritto.
      E in effetti è una cosa che fa una discreta paura, perché è un processo che denotata uno smarcamento mentale dal classico stereotipo del consumatore-zombie…

  7. La questione è interessante, senza dubbio. Però io penso che la pirateria sia un falso problema: riassumendo il papiro che ho scritto giorni fa, chi scarica non comprerebbe mai, nemmeno se non avesse altra scelta. Scaricare è un ”di più”, non ruba niente a nessuno. Ogni persona che scarica o guarda in streaming non è un dvd/cd in meno venduto: se non ci fosse il download quella persona si terrebbe ugualmente i soldi in tasca. Piuttosto, con la pirateria possono nascere i fan: tizio si appassiona al telefilm e poi compra i dvd, consiglia il telefilm agli amici e via dicendo.

    Riguardo al SOPA, ho letto giusto ieri un articolo di Uriel Fanelli in cui spiega che in Italia quelle norme esistono già da anni. Se capitate dalle sue parti dateci un occhio.

    (Oibò, è la prima volta che commento. Però ti leggo spesso :D)

    1. Piacerissimo di conoscererti 😀

      Il ragionamento che fai è giustissimo… Non a caso secondo me occorrerebbe sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni, spingendole a capire che il loro essere fan, per esempio, di un cantante, vuol dire non danneggiarlo nel diffondere/scaricare il suo materiale in modo illegale.
      Poi sì, c’è chi per principio non spenderà mai un euro online… Sono gli irrecuperabili, e io non li giustifico in alcun modo.

  8. “Dal momento in cui io scrivo “il film Tal dei Tali è molto bello” sono consapevole di istigare 8 persone su 10 a cercarlo su eMule e 2 su 10 a comprarlo in negozio. Una media sproporzionatamente a favore della pirateria, per parlare di semplice matematica.”

    Io invece sono fautore dello “step” superiore. Quelle due persone che hanno comprato il dvd al negozio probabilmente hanno conosciuto l’opera “X” proprio a causa della tua recensione, l’hanno piratata, apprezzata e solo DOPO si sono decisi all’acquisto.

    Come diceva anche Ayame, la pirateria è, per certi versi, un “di più” (almeno, per chi pirata con coscienza). Nessuno può permettersi di comprare tutto, e i propri soldini si investono in ciò che più piace.

    Per quanto riguarda SOPA e simili, ne discutevamo anche su Twitter col buon Giobblin: il 2012 sarà un anno decisivo per il web.

    1. Giustappunto! 😀 Le varie lobby discografiche, editoriali e cinematografiche dovrebbero adattarsi al file sharing, non invocare misure draconiane. (Che per inciso, puniscono gli onesti mentre i pirati possono comodamente trovare altre vie, ne sono sicuro.) Ma quello che più mi infastidisce è che la natura stessa di Internet è in pericolo. Non parlo di scaricamenti illegali, ma di siti come Newgrounds o Youtube, resi celebri dalla creatività dei propri utenti… che utilizzano spesso materiale protetto da copyright per realizzare parodie, videoclip, etc. Un serbatoio di inventiva e divertimento che rischia di sparire, per lasciare posto ad un Internet approvato dalle vecchie multinazionali dell’intrattenimento. Un gigantesco canale televisivo, in pratica.

    2. Le recensioni slegate da etichette e padroni stanno diventando importanti linee guida nel mercato del medio-piccolo.
      Voglio dire, Mondadori può fregarsene di una mia rece, ma l’editore di media levatura mi scrive per offrirmi una copia staffetta. Intendo dire che mi scrive in media una volta o due a settimana. E negli ultimi 12-18 mesi mi scrivono anche autori di cortometraggi, perfino gente che lavora in campo musicale.
      Dubito che lo farebbero, se pensassero che un mio articolo spingerebbe soltanto il download illegale del prodotto in questione 😉

  9. Io credo che questi provvedimenti abbiano un loro perché. Ovvio che vadano analizzati punto per punto, però è indubbio che la proprietà intellettuale viene allegramente messa sotto la suola delle scarpe dalla pirateria. In un certo senso è come la contraffazione: uno può anche dire “Ma queste scarpe griffate da (STILISTA A CASO) hanno un prezzo assurdo, come possono pensare che la gente possa comprarsele?”, e ha ragione, ma questo non autorizza nessuno a appiccicare un marchio fasullo e a rivendere queste copie spacciandole per vere. Chi le compra non può addurre nessuna giustificazione, così come chi scarica film e musica non ha scuse, sta semplicemente commettendo una violazione.
    Preferirei allora una protesta legale tipo: stop agli acquisti. Se ci fosse un calo massiccio degli acquisti di cd (in assenza di pirateria) allora penso proprio che le case discografiche dovrebbero abbassare i prezzi.
    Io credo che il problema sia l’eccessiva naturalezza alla quale si è arrivati per questi fenomeni. Per fare un paragone, è come se aprissero una bancarella senza licenza piena di prodotti contraffatti proprio davanti alla GdF, e nel momento in cui i finanzieri gli chiedono i documenti rispondono: “Oh, che cazzo vuoi, mica sto facendo un reato”… Credo che lo scopo della legge sia soprattutto di far fare un passo indietro alla pirateria che – diciamoci la verità – stava diventando troppo spudorata.

    1. Indubbiamente la pirateria è esagerata e non ha alcun rispetto per la proprietà intellettuale.
      Sono i provvedimenti a essere penosi e inutili. E come se per prevenire l’enorme esportazione di merci contraffatte fatte in Asia decidessero di bombardare la Cina.

  10. “Creare un equo mercato mi sembra il modo più intelligente per tagliare le gambe alla pirateria, per creare una coscienza al consumatore.”

    Non posso essere più d’accordo di così! 🙂 E anche il discorso precedente, quello sul protagonismo, lo condivido in pieno. Io sono online da molto meno tempo di voi, in particolare credo dal 2006-2007, ma continuo a essere sempre modesto e umile, o almeno ci provo, dal momento che odio proprio i protagonismi. Certamente aprire un blog ti espone al pubblico, ma la metafora non è quella di una persona su un palco e gli altri che ascoltano, piuttosto è un iniziare un discorso quando si è tutti seduti insieme in piazza e dialogare sugli interessi comuni. 🙂

    Ciao,
    Gianluca

    1. Ad avercene di blogger e di lettori giovani e al contempo equilibrati ed educati come te, Gianluca… e non lo dico per piaggeria, ma perché sei una delle persone con cui mi trovo meglio a colloquiare senza mai irritarmi o altro.
      Spero che altri giovani internauti crescano come te 🙂

  11. Io trovo che un problema serio sia lo scollamento tra il sentire del cittadino e le leggi che qui si vogliono fare.
    Mi si vuole convincere che scaricare un libro ormai fuori catalogo e magari scansionato da un tizio di buona volontà è un furto.
    Davvero non riesco io (e immagino anche altri) a percepirlo come tale, perchè all’editore non costerebbe niente farmelo trovare in ebook ad un prezzo irrisorio.
    Allora lo comprerei.

    Il problema è proprio questo, non sentirsi in colpa perchè in certo senso troppo vessati da costi troppo alti o dall’irreperibilità di alcuni titoli a favore di certa immondizia di cui comincio ad averne piene le tasche.

    Alex prendi un tuo ebook ad esempio, le scene selezionate dalla pandemia.
    Hai scritto di averlo trovato piratato.
    Beh a me non è mai manco venuta l’idea di cercarlo piratato.
    Sapevo dove trovarlo, il prezzo era giusto, mi interessava veramente e tant’è.
    Io come altri comincio a friggere e magari a cercare qualcosa di piratato se mi sento vittima di una forma di coercizione da parte ad esempio dell’editore.
    Con i suoi prezzi assurdi (10 euro per un ebook è TROPPO!) o con titoli fuori catalogo e irreperibili.
    E ti dirò di più.
    Se ci fosse modo di fare una donazione allo scrittore, dopo magari aver letto una copia pirata io farei direttamente la donazione a lui.
    Davvero dei grandi editori e delle loro manovre ne ho piene le tasche.

    Cily

    1. Chi ha piratato il mio romanzo l’ha fatto probabilmente solo per farmi un danno – tra l’altro risibile, visto che la copia pirata l’ho vista in giro per un paio di giorni e poi è scomparsa.
      Per tutto il resto ti do ragione.
      Nel mio piccolo punto a un rapporto diretto coi lettori. La formula della donazione spontanea mi piace molto e lo sperimento è stato un successo.
      Certo, non è un meccanismo replicabile a grandi livelli, ma si può pur sempre pensare a qualcosa di simile…

  12. Ciao, sono il tuttologo. 🙂
    Due cose, giusto per contribuire al discorso. Il SOPA nella sua forma attuale è stato praticamente ritirato, il che non vuol dire che non ci riproveranno ma che stanno cercando di renderlo più presentabile. Le mayor lo vogliono e finiranno per provarci di nuovo, secondo me prima dell’estate.
    Due, la Rete muove soldi. In Italia il 2% del PIL, In UK qualcosa come il 7% (Affari&Finanza, oggi). Difficile non vedere nella Rete la via maestra da un lato per mettere fine agli operatori che chiedono cifre assurde e dall’altro per far partire modelli di business più rispettosi.

    1. No, no, tu le cose le sai davvero e fai bene a dirle! Io sulle questioni economico/legali sono debole, molto debole.
      Sul punto 2 hai pienamente ragione. D’altro canto c’è anche da dire che proprio perché la Rete muove quantità spaventose di soldi mi sembrano improbabili scioperi come quello che in teoria doveva aver luogo oggi. Un giorno di sciopero avrebbe comportato perdite enormi.

  13. Alex, lasciami scherzare. Secondo te se pensassi di avere anche il minimo problema con te non te lo direi? Giochiamo e divertiamoci, di rotture di scatole ce ne sono già troppe.

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