Otto anni fa. Estate. Io e un amico all’uscita di un cinema, nella canicola spaventosa di un anonimo luglio milanese qualunque.
Il film appena visto – che non citerò per mantere una certa vaghezza sul protagonista di questo post – mi aveva colpito più per il contesto e per l’ambientazione che non per la qualità intrinseca. Al che vado a casa, e come spesso mi capita di fare, mi butto in Rete per cercare informazioni. Anche senza il flusso di roba che abbonda oggigiorno (nel 2004 non era così), trovo parecchio materiale. Scopro per esempio che il film è tratto da una saga a fumetti, scopro che le location esistono davvero e hanno tutta una loro storia particolare etc etc.
Qualche giorno dopo rivedo il mio amico e lo metto al corrente di questa mia ricerca. Lui, chiamiamolo Amedeo, mi guarda sconcertato e irritato, quindi pronuncia una frase che mi è rimasta impressa nei secoli dei secoli: “Ehhh, ma tu sei uno che va sempre ad approfondire! Ma che te ne frega?”
Lì per lì riuscì a farmi sentire una mer*a, nemmeno avessi fatto chissà quale gesto ignominoso. Insomma, per la visione del film era stato il primo passo per approfondire una tematica che mi era piaciuta, per Amedeo si era trattato di un film punto e basta. Pagina chiusa appena dopo aver messo il piede fuori dal cinema.
Ecco, a me questa cosa di voler approfondire me la rinfacciano in troppi. Forse è una prerogativa di blogga e/o scrive. Senza provare quella minima curiosità per argomenti di cui, a scopi pratici, potrei fare a meno, come riuscirei a scrivere un articolo al giorno, 365 giorni all’anno?
Il punto è che a me la cosa non pesa. Mi piace scoprire cose insignificanti agli occhi dei più, come gli usi e costumi delle tribù siberiane (di cui mi sono documentato scrivendo di Sibir), la toponomastica di San Juan, a Portorico, la situazione economica dei paesi balcanici a cavallo tra le due guerre, lo sfruttamento della Foresta Amazzonica negli anni ’60 e ’70, etc etc.
Ok, sono dati trascurabili, che non mi serviranno mai a nulla nella vita, se non per cultura personale.
Però noto che questo “Ma che te ne frega” che ancora rimbomba nella mia testa è sempre più di moda anche in ambiti più importanti.
Ma che te ne frega di sapere chi comanda? Tanto i governi sono tutti uguali.
Ma che te ne frega di conoscere i meccanismi editoriali/discografici/cinematografici? Tanto sono solo libri/canzonette/film.
Ma che te ne frega di studiare la storia? Tanto sono cose sorpassate.
Ma che te ne frega di sapere chi ha creato quel link che ho condiviso su Facebook? In fondo se la prende con la Casta, quindi ci stava.
Ecco, a me questa poca voglia di approfondire fa paura. Io sarò pignolo e con un sacco di passioni bizzarre e inutili, ma il menefreghismo totale non mi sembra un’alternativa ideale per cambiare il mondo, per creare nuove consapevolezze. Anzi, mi correggo: chi se ne impippa di cambiare il mondo… ma almeno cercate di non farvelo cadere in testa con tutto il suo carico di simpatiche sorprese.
Allora poi vediamo, chissenefrega…
Indubbiamente è vero che molta gente resta quasi infastidita quando si parla di argomenti sganciati dal contesto quotidiano. Se parli di cose che hai letto sui libri difficilmente partecipano alla conversazione, se invece parli di cose che ti ha detto tuo cugino riguardo una tresca della figlia del farmacista allora sono tutti interessati, anche se la figlia del farmacista la conoscono solo di vista.
Il “bello” è proprio il ribaltamento di prospettiva: lo stupido sei tu che.ti.fai domande…
Fin da piccolo, la maggior parte delle mie domande iniziano con un “perché?”. Ogni volta che succede qualcosa, o mi vengono dette determinate cose, chiedo sempre perché. E ho notato che alla gente da fastidio, il più delle volte rispondono con una domanda oppure glissando, non capendo come mai a qualcuno possa interessare approfondire. La gente è così abituata a prendere per scontato quello che gli vien detto, che non sentono la necessità di chiedere perché. E ciò e molto triste.
Ora con internet supermegafast è una pacchia. Appena voglio saper qualcosa, tac, scatta la ricerca con smartphone o pc e la vita scorre via più felice 🙂
E in un campo come quello artistico, che sia letterature o pittura o quel che si vuole, se non si approfondiscono le tematiche e le conoscenze che si hanno, il livello delle proprie opere resta basso.
È vero: la gente è abituata a prendere per buono ciò che passa il convento.
Domande zero, se non su cose molto banali. E se uno inizia a porsi degli interrogativi risulta molesto, se non addirittura nocivo.
La curiosità ci distingue dai cactus ornamentali. 🙂
Vi dirò: se un po’ più di persone prendessero a cuore l’approfondire, mi risparmierei un certo numero di castronerie durante la lettura di certi manoscritti da valutare. Alcune giustificabili, perché è davvero cercare il pelo nell’uovo, altre molte meno perché in quei casi siamo davvero al livello di cose da manuale di liceo.
Beh, certo, il tempo per documentarsi su tutto non c’è. Però chi ha una passione o un lavoro creatore secondo me ha l’obbligo etico di fare ricerche e di evitare la superficialità estrema.
Un discorso simile lo faccio nella rece di Prometheus di prossima pubblicazione 🙂 più che altro nel mio caso lego la curiosità con una certa necessita critica, dove questa non è presa nel suo più comune senso negativo, ma nella necessità per una persona attenta e curiosa di porsi domande sulle cose a cui assiste.
Che siano “realistiche” o fantastiche.
Perché se già qualcuno “se ne frega” di come vanno le cose nel mondo “vero” ti immagini se gli dici che qualcosa di un film/libro di fantascienza non lo digerisci perché poco plausibile, cosa ti direbbero?
I meccanismi che mi spingono alla ricerca sono simili ai tuoi, e spesso all’uscita del cinema o non attendo nemmeno di essere a casa, vai di smartphone e ricerca di un topic che mi ha particolarmente colpito.
E spesso mi mancano quelle belle discussioni tra chi ha assistito al film, nelle quali non si è semplicemente pro o contro qualcosa, ma si discute per approfondire, scambiarsi sensazioni e opinioni, rispondere ognuno a possibili perché sollevati dallo spettacolo appena concluso.
Sarà per questa sorta di pigrizia che i perché sollevati son sempre meno e le spiegazioni fornite a badilate sono sempre di più?
Secondo me.il.problema non sta nelle troppe risposte (infodump?) bensì nella scarsa qualità delle medesime. Lo spettatore viene trattato come un ebete che tanto si beve tutto, anche le trame più assurde o stupide.
Una volta c’era più bilanciamento tra film con buone storie, di quelle che ti viene da approfondire, e trash dichiarato.
Che poi l’idea che “siccome è fantascienza/fantasy allora chi se ne frega della plausibilità”, ecco, questa è proprio una rovina…
E’ un paradosso. Non c’è ma stata una quantità di informazione disponibile come quella attuale e il livello di attenzione generale non è mai stato così basso. Quello che mi fa pensare di più è l’attitudine, il “chi se ne frega” davanti a tutto, salvo poi ricorrere a 50-60 parole origliate dalla TV per darsi un tono.
I termini più cercati in Italia di settimana scorsa erano: Sara Tommasi, Emma Marrone e Fabio Fazio Sanremo.
I mezzi di ricerca sono infiniti, i cercatori però sono sempre più ignavi…
Forse l’eccesso di informazioni spinge le persone a diffidare… del resto credo che sia sintomo di “questi anni” la nascita di una malattia che trasforma le persone in una sorta di amebe davanti al pc a navigare e a fare incetta di dati e informazioni… gente che si lascia persino morire pur di non abbandonare la postazione. Se non sbaglio in Giappone accade tutt’altro che raramente. All’inizio accadeva solo con i video giochi. Oggi è la rete stessa a essere fonte di questo male.
Non ricordo il nome… uff! Mi tocca approfondire. Vado a fare una ricerca! 🙂
Io però non riesco a essere luddista.
Di certo uso e abuso del PC, però non tornerei mai indietro.
Meglio avere la possibilità di accedere a moltissime informazioni che non rimanere escluso da quello -il Web- che forse è l’unico mezzo che consente una certa libera di espressione, documentazione e acculturamento.
Chi se ne frega di (aggiungere approfondimento culturale)? A me basta che la mia squadra del cuore vinca (o altra allusione al calcio fatta nei successivi 10 secondi al chissene-).
Vi è mai capitato?L’Itaglia è una repubblica basata sul pallone…
(la G è stata volutamente inserita)
Io amo il calcio e allo stesso tempo mi reputo una persona informata su molti argomenti diversi.
Occhio a non cadere mai nelle banalizzazioni.
Che poi calcio, reality etc per molti siano le uniche ragioni di vita purtroppo è vero. Ma rifiuto lo snobbismo come scelta alternativa 😉
E pensare che la PRIMA cosa che faccio ogni volta che vedo un film è andare su wikipedia, sulla pagina del film stesso. Però non mi caga nessuno, quindi nessuno mi dice “che te ne frega!” (a parte quando andai a vedere Battleship. Oh, Battleship è Battleship, il menefreghismo ce l’ha nel sangue)
“Nell’ignoranza si vive meglio.”
E’ una frase fatta ma non è poi così lontana dalla realtà. Se non ci si pongono problemi, si è più felici. Se non ci si preoccupa per chi governa, per come va il mondo… basta che in casa ci sia tutto quello che serve (e se si è ignoranti basta molto poco, giusto una tv e un forno a microonde), e si è felici.
Poi… quando accade il patatrac… la gente è incapace di reagire e accusa “lo stato” perché non ha fatto nulla per evitare la catastrofe. E se non si accusa lo stato, si accusa qualcun altro… che ne so, la Merkel e la Germania… Tant’è che i dibattiti politici, nel nostro paese, non sono “informativi”, ma sono “spettacolo”… si litiga come nei reality, e si evita di far cantare la carta!
A parte questo, comunque, c’è anche un problema di fondo a cui Angelo accenna. Ovvero l’overload di informazione. Troppe informazioni diventano ingestibili. E’ persino complesso discernere tra informazioni affidabili e quelle che non lo sono. La principale fonte di informazione online è diventata Wikipedia… ma a volte mi domando: quanto c’è di vero in un Wiki su cui milioni di persone scrivono e poche centinaia controllano (???) la veridicità dei fatti? Nessuno sa nulla degli autori dei vari articoli di Wikipedia… un panettiere potrebbe aver scritto un articolo di fisica nucleare… magari perfetto, ma chi è in grado di verificare?
Tu scrivi:
Ok, sono dati trascurabili, che non mi serviranno mai a nulla nella vita, se non per cultura personale.
In questa frase c’è tutta la società di oggi… ovvero: la cultura personale vale zero!
Ed è un vero peccato.
Sono felice che ci sia ancora qualcuno che vuole formarsi, avere una cultura, delle conoscenze, e che sia stimolato dal sapere.
Però credo che tutti possiamo constatare che, avendo sempre tutto a disposizione grazie alla rete, la cultura personale sia diventato un surplus, un qualcosa da evitare, e rende “antipatici” coloro che invece insistono per averla.
A che serve studiare la storia del Kazakistan se in rete c’è già tutto? Il giorno che mi servirà qualcosa lo vado a cercare su Wikipedia. Non è necessario “che lo sappia già ora”.
E’ un processo che dura già da parecchio tempo. Quando andavo a scuola io, già era diventato superfluo sapere come compiere operazioni aritmetiche complesse perché c’erano le calcolatrici. Certe nozioni che una generazione prima di me doveva conoscere alla perfezione, a noi, non venivano insegnate, ci veniva detto come recuperarle su tabellari etc etc. E poi è arrivata la rete… e le ricerche scolastiche, oggi, non si fanno più sui libri di testo, si fanno in rete.
Arriverà il giorno dove non sarà neppure più necessario saper leggere, scrivere, e fare di calcolo. Un po’ come accade nella saga di Hyperion, dove tutti sono connessi in rete con un innesto, e ogni informazione di cui hanno bisogno la prendono da lì… e i poeti vengono considerati alla stregua di “stregoni”, persone strambe, da relegare su un pianeta di confine in una reggia gestita da un Re che si fa chiamare “Billy”.
Ripeto:
Sono felice che ci sia ancora qualcuno che vuole formarsi, avere una cultura, delle conoscenze, e che sia stimolato dal sapere.
Che dire? A me in questi casi viene in mente un aforisma chiaro e lapidario:
“Chi porta il paraocchi, si ricordi che del completo fanno parte il morso e la sferza.”
Stanislaw J. Lec
“
Questo me lo segno…
La curiosità è da sempre scoraggiata.
Fare troppe domande è peccato, è cattiva educazione, è un atteggiamento da perdenti.
E soprattutto infastidisce chi detiene un certo potere – chi fa domande mette in questione lo status quo.
Mai come negli ultimi trent’anni si è operata una campagna per l’annientamento della curiosità e dell’intelligenza – nel nostro paese forse più che in altri.
Glauco cita il vecchio adagio “Nell’ignoranza si vive meglio” – soprattutto perché non si conosce nulla di meglio, e quindi ci si accontenta, aggiungerei io.
La curiosità è da sempre scoraggiata.
Una volta bastava poco per arginarla, perché reperire informazioni non ufficiali era un casino.
Oggi invece ci buttano dentro un sacco di input più o meno inutili per far sì che la gente non badi troppo ad altre cose, magari più importanti.
Me ne frego! era una massima ricorrente un’ottantina di anni fa, poi sappiamo come è andata a finire, ..sarebbe bastato informarsi un pochino, per esempio, e la guerra il 10 giugno non l’avremmo dichiarata..ma ,appunto, chissenefrega!bel paese e bella gente, più passa il tempo e più m’immalinconisco….sob….
Già, del “me ne frego” ne abbiamo fatto un motto storico… e i risultati sono stati disastrosi!
Ho anch’io la tua, chiamiamola “abitudine” di voler approfondire. Per questo scovo le tematiche e le ispirazioni che hanno fatto scrivere quella canzone, o il perché di quella citazione nel film tal dei tali. Beh, questo mi ha valso l’innamoramento e la stima di mia moglie, quindi ne sono ben felice. E se qualcuno mi dice “chi se ne frega”, peggio per lui e per la sua superficialità.
Quella dell’approfondimento è una sana abitudine che pratico da sempre e che, grazie alla rete, posso perpetuare all’infinito. A volte ripenso alla mia giovinezza negli anni 70 ed 80 e ricordo gli sforzi che dovevo fare per raccogliere informazioni su questo o su quell’argomento. Ad esempio, se leggevo su un numero del Monello (rivista per ragazzi degli anni 70) un articolo che parlava del Mostro di Loch ness, ero costretto a brancolare nel buio per approfondire l’argomento. Oggi, per fortuna non è più così e spesso mi trovo ad appuntarmi su dei fogliettini, argomenti, titoli di film, nomi di località che escono fuori durante le conversazioni con amici e conoscenti o che vedo al tg. Poi, quando sono a casa o in ufficio, scatta subito l’indagine…
Da che ricordo, ho sempre avuto l’abitudine di approfondire se il tema trattato era interessante.
Ricordo ancora quando, dopo aver visto una puntata di X-Files, ho passato la notte intera a fare ricerche per scoprire tutto quello che potevo su un piccolo paesino del Nord America, arrivando a scoprire quanto di vero c’era nelle invenzioni di Carter.
Credo che chi si opponga a questa pratica non davvero capito quello che sta dietro parecchi lavori, soprattutto quelli ben fatti. Senza approfondimento si sminuisce l’opera in se e se ne perde un valore aggiunto.