Non troppo tempo fa ho scritto e pubblicato un articolo molto simile: La dignità del blogger. Visto che è sempre attuale, vi consiglio di dargli una ripassata.
Fatto? Ok, procediamo.
Questo secondo decalogo nasce dall’ennesimo articolo folle e denigratorio di cui la categoria degli scrittori non sembra poter fare a meno. Questa volta i bersagli sono gli scrittori indipendenti (autopubblicati), perculati malamente da una tizia che gestisce un blog e che, guarda un po’, lavora per una casa editrice. No, non vi pubblico il link perché non merita gloria né pubblicità.
Resta il fatto che, da quando ho iniziato a scrivere e a pubblicare romanzi e racconti, ho trovato decine di articoli più o meno feroci e saccenti, da cui se ne ricava una sola, assurda regola: lo scrittore è sempre e comunque una figura che merita più critiche che elogi, più sberleffi che non rispetto.
Il che, ovviamente, è una gran boiata.
In primis perché, fermo restando la libera espressione di opinioni e critica, il rispetto va sempre mantenuto come faro, come punto di riferimento in qualsiasi campo, artistico e non.
Per farla breve, cari amici scrittori, scribacchini e imbrattacarte, vorrei ricordarvi quali sono i nostri diritti, invitandovi a farli valere con chiunque cerchi di passarvi sopra.
Dieci diritti sacrosanti per chi scrive
- Scegliere la propria strada. Che sia essa un concorso di scrittura, il canonico invio di manoscritti alle case editrici, l’autopubblicazione etc etc. Non esiste una via giusta e una sbagliata, lasciate che siano i risultati ottenuti a essere giudicati, non il percorso fatto per arrivare a essi.
- Cercare dei lettori. Di nuovo: scriviamo per essere letti. Quindi è nostro diritto cercare un pubblico a cui rivolgerci. Farlo via blog, via social network, sui forum o in altro modo non è una discriminante.
- Difendere i propri lavori. C’è chi dice “dovresti solo ringraziare chi ti giudica e startene zitto“. Sbagliato! Giusto ascoltare critiche ponderate, consigli e giudizi anche negativi. Non abbiamo invece nessun obbligo di dare ragione a chi la ragione la vuole avere per partito preso, da un punto di vista oggettivo, cosa che nel mondo della scrittura esiste assai raramente.
- Respingere i molestatori. Come ogni personaggio che si espone al pubblico, piccolo o grande che sia, ogni scrittore, anche il più imberbe, attira troll, hater, molestatori di vario genere e tipo. E’ nostro diritto respingerli con ogni mezzo, perché in loro non c’è volontà di dialogo né di discussione. Se qualcuno di questi va sull’insulto personale in pubblico, suggerisco di fargli arrivare una bella querela, senza mezzi termini.
- Parlare bene di chi ci pare. Perché, se parli bene di un collega, sei un venduto. Se invece ne parli male sei un figo. Fermo restando che i leccalulo esistono da sempre, non si può fare di tutta l’erba un fascio. Vi sfiora mai il sospetto che, se parlo bene del romanzo di un mio amico, è perché lo stimo? E che magari la nostra amicizia è nata anche da un’ammirazione di tipo artistico?
- Prendere le distanze dagli editori. Perché la discriminante, secondo alcuni, è questa: se hai pubblicato con un editore sei uno scrittore, sennò sei uno sfigato. E loro giudicano, danno le etichette e la patente di categoria. Sì, ma solo nella loro fantasia. Di nuovo: lasciate che siano i vostri risultati a parlare, non qualche blogger infognato con questa o quella casa editrice.
- Non giustificare. Troverete sempre il lettore certosino che vi elenca una serie di cose mancanti nel vostro racconto, di cui lui vuole le spiegazioni omesse, giudicando ciò un grave errore. Lasciatevelo dire da me, che pure abbondo di dettagli: non siete tenuti a dare spiegazioni. Il racconto è vostro, lo stile è vostro. Magari ciò che avete scritto farà schifo ad alcuni, ma non per questo dovete giustificare le vostre scelte.
- Mantenere il proprio ritmo. Non fatevi mettere fretta. L’entusiasmo dei lettori è bello, positivo, ma non dovete forzare i tempi per non scontentarli. Ogni volta che l’ho fatto, ho sbagliato. E poi a pagare son proprio loro, i lettori, che si trovano davanti qualcosa di meno completo del previsto.
- Rifiutare. Rifiutate gli inviti a partecipare a questo o quel concorso, a questo o quel progetto di scrittura condivisa. Se non ve la sentite, tiratevi indietro. Meglio così che non lavorare a qualcosa di controvoglia, solo per mantenere le opportune public relations.
- Farsi pagare. Avete il diritto di chiedere un compenso adeguato al vostro lavoro. Sì, anche quello autoprodotto. Prezzo e modo li decidete voi, ma ne avete del tutto facoltà. Perché scrivere è fatica, è impegno, ed è – appunto – un lavoro. Allo stesso tempo i lettori avranno il diritto di non comprare ciò che vendete. Semplice, no?
– – –
(A.G. – Follow me on Twitter)

Quoto. Condivido. Ne faccio tesoro.
Non c’è null’altro da aggiungere, sante parole.
Quoto, appoggio, condivido e quant’altro. La curiosità per la blogger molesta mi divora, ma me la farò passare…
L’ultimo punto è quello che toccherà difendere con le unghie e con i denti ancora per un bel po’! 😀
Anche il primo punto, fidati. Per certi tromboni l’autopubblicazione è sempre e comunque sinonimo di “merda”.
Mi ritrovo in tutti i punti senza alcuna difficoltà. Ergo: quoto.
Assolutamente condivisibile.
Mi piace in particolare il punto sul non giustificarsi – come scrittore (= persona che scrive) sono sempre felicissimo di parlare di ciò che scrivo, e di spiegare come mi siano venute certe idee o come abbia impostato certe scene.
Ma non devo rendere conto di ciò che scrivo a nessuno.
Al limite posso, e anche potendo, di solito preferisco evitarlo.
Ecco, puntualizziamo anche che la parola “scrittore” viene usata con spocchia solo negli occhi di chi critica a prescindere. Per me significa sempre “persona che scrive”, senza pretese di nobilità.
Regole semplici e giuste! 😉
Parole sante, caro mio. Parole sante, come non condividere? Gradirei però un’opinione sul post che linko in fondo, specialmente sull’affermazione “Se il vostro lavoro è valido, un editore che lo pubblica senza farvi sborsare un centesimo lo trovate sempre”. A me sa di colossale fesseria.
– link rimosso –
E’ una solenne stronzata.
PS: Scusa ma ho rimosso il link. Non voglio in alcun modo fare pubblicità a quel blog 😉
Anche perchè, fino a prova contraria, in campo artistico non scende Dio dal cielo per stabilire ciò che vale e ciò che no. Molto spesso, anzi, e in special modo nel nostro bel paese, le mode impongono testi noiosi, triti e ritriti, senza nemmeno un tentativo di dire qualcosa di nuovo.
LOL. 😀
Ho letto il post e le risposte della Vanni ai commenti di Alex, Davide, Domenico ecc… Ma è follia pura! 😀
Dice delle cose che non stanno né in cielo né in terra… Tra cui quella che sottolinei tu è forse la più imbecille. Però se la batte con il fatto che le Grandi Case Editrici (TM) ti mettono a disposizione validi editor che invece non puoi trovare se sei autopubblicato… Ma de che?
Hai fatto benissimo 🙂
Mi trovo particolarmente d’accordo con “Difendere i propri lavori” e “Prendere le distanze dagli editori”.
Il primo punto lo apprezzo e mi ci ritrovo perché quello che scrivo è una sorta di figlio, e per difenderlo mi strapperei anche le unghie, probabilmente. Per quanto riguarda, invece, il secondo punto, mi sono illuminato non appena l’ho letto, perché, diciamocelo, in quanto a mentalità c’è tanta limitatezza, diamine.
Non è che se uno pubblica con un grosso editore è bravo, mentre uno che si autopubblica è un incapace. Ci vuole rispetto per chi scrive, non per chi pubblica lo scrittore in questione, diamine.
Purtroppo, in un mondo in cui la cultura è più un peso che una risorsa, i giusti suggerimenti che offri rischiano di rimanere lettera morta.
Parliamoci chiaramente: a nessuno interessa quello che scriviamo. Molto più semplice organizzare un Flash Mob a Roma, facendo Gamgnam style o come diavolo si chiama.
E’ la deriva.
Scusate il pessimismo alle 9.20 di mattina.
Ciao, buona giornata.
L’avevo già letto, l’ho riletto e lo ri-condivido.
E tante volte non mi spiego davvero perché c’è tutto questo astio verso gli scrittori. Sono talmente tante le persone che scrivono che se uno non ci va a genio, basta passare oltre e cercare qualche lettura che ci sia più affine, e invece troppo spesso sembra essere diventato un divertimento smontare e distruggere quello che non piace, così per il gusto di sentirsi superiori.
Chi si scaglia poi contro l’autopubblicazione secondo me sotto sotto nasconde una certa paura di perdere i suoi “privilegi” di “professionista”. Il mondo dell’editoria sta cambiando e chi non è pronto al cambiamento, come al solito, si nasconde dietro i bei vecchi tempi andati.
Penso sia la prima volta che commento qui, ma ti seguo comunque da un po’ 🙂
Un saluto
Ice
E allora grazie due volte per il tuo primo commento 😉
Perché ce l’hanno tanto con chi scrive? Forse perché non viene visto come un lavoro vero, bensì come un mangiare pane a tradimento. Almeno, da me, nel civilissimo nord, c’è questo stupido modo di pensare. Quindi non sia mai che uno scrittore faccia soldi! Un calciatore o un cantante magari sì, uno scrittore no.
L’ha ripubblicato su thebooksareinthehouse.