Questo post nasce dopo aver letto l’articolo della casa editrice LA CASE Books, che annuncia pubblicamente di non rivolgersi più a intermediari italiani per distribuire ebook. Accollandosi un minimo lavoro supplettivo, LA CASE si relazionerà direttamente coi grandi store multimediali che vendono libri digitali: Amazon, Kobo, Google Play etc. Il motivo di tale scelta? Semplice: i pagamenti delle royalties da parte di questi intermediari (italiani, lo ripeto) sono sempre in ritardo, spesso di mesi, e necessitano molteplici solleciti prima di muovere i loro delicati sederini.
Sono totalmente d’accordo con l’analisi di LA CASA Books. Da tempo non delego più i miei ebook a intermediari, per i medesimi problemi. Ho avuto grandissime difficoltà a farmi pagare le mie royalties, quando autopubblicavo attraverso di loro. Da quando ho invece un rapporto diretto col portale Amazon ricevo i miei pagamenti con assoluta, certosina, svizzera puntualità.
Che poi dovrebbe essere il normale corso delle cose, mentre in Italia pare fantascienza.
Dunque, le mie esperienze nel campo dell’editoria sono alquanto avvilenti.
Ho pubblicato due volte in modo tradizionale (racconti, in entrambe i casi). La prima volta ho ricevuto due copie omaggio del volume, ma nessuna royalties. La seconda volta non ho ricevuto nulla di nulla, nonostante il contratto regolarmente firmato etc. Va da sé che in entrambe i casi ci avrò perso sì e no 20 euro di royalties, ma in principio è stato violato.
Come ho già accennato, ho quindi autopubblicato due ebook attraverso un intermediario nostrano. Non faccio il nome, ma tanto ce ne sono soltanto un paio. Ebbene, farsi pagari le royalties è stato complicatissimo. Anzi, a distanza di oltre due anni, non ho ancora ricevuto il dovuto, per dirla fino in fondo. A ogni mail di protesta seguivano risposte del tipo “ma sei sicuro di averci mandato la documentazione XY?” (sì che sono sicuro! E ho pure pagato la raccomandata due volte, perché non volevate ricevere la documentazionevia mail), oppure “ora facciamo fare un controllo in amministrazione, poi ti facciamo sapere“. E poi il silenzio.
Poi sono passato ad Amazon e c’è stata la svolta.
Ricevo regolari pagamenti, fino all’ultimo centesimo, con puntualità, efficienza e trasparenza totale. Una bella sensazione, ve lo assicuro. Proprio settimana scorsa ho incassato le mie royalties per il periodo ottobre/novembre 2013 e, avendo già i soldi sul conto corrente, posso pianificare di spenderli nell’immediato, per esempio investendo sui progetti futuri, oppure per coprire le spese dei weekend di tutto febbraio.
Sono piccole cose, ma importanti.
Diventeranno ancora più importanti se, fra un paio d’anni, magari vivrò di sola scrittura.
Purtroppo questo lassismo, questa disonestà nel ritardare i pagamenti va ben oltre il solo settore dell’editoria.
Ho un’amica traduttrice che aspetta da due anni i mille euro pattuiti per tradurre dei manuali odontotecnici per un grande studio milanese. Due anni, in cui, dopo le prime risposte di circostanza, l’interessato è passato agli sfottò: “E che fai, ci denunci? In Italia non serve a nulla“.
Che poi è anche vero, purtroppo. La tutela legale è inesistente, o quantomeno lentissima. E costosa.
Per contro in altre categorie non va meglio. Il giardiniere che viene a casa mia a potare i pini una volta l’anno, ha sempre dei contenziosi con le amministrazioni di diversi condomini, che non pagano (o pagano in gran ritardo) per i servizi ricevuti. Idem per il nostro idraulico.
La cosa buffa è che quelli più puntuali a pagare sono i piccoli, i privati. Più si sale in dimensione di grandezza, più gli interessati tendono a fare i furbi. Oramai la cosa è diventata una consuetudine, tanto che, quando riceviamo puntuale compenso, ci stupiamo, commossi.
Come dice l’articolo de LA CASE, questo andazzo è impensabile se si opera con dei partner americani (o comunque non italiani). Si rischiano colossali figuracce, nonché una perdita totale di credibilità. Mi pare anche il minimo, no?
Tornando al caso dell’editoria, io procuro un guadagno ad Amazon, quindi Amazon mi rispetta e mi tratta coi guanti. Semplice, no?
Sì, stiamo proprio parlando di quell’azienda lì, accudata di essere il Diavolo, oppure una sorta di corporation neonazista brutta e cattiva, che sfrutta i dipendenti e bla bla bla.
Meglio il piccolo artigiano italiano, che però non sa nemmeno gestire le ricevute dei singoli autori, per emettere poi i pagamenti delle royalties.
Certo, come no.
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Purtroppo il problema dei pagamenti in Italia è sistemico, e più sei grosso più tratti di merda i tuoi fornitori, soprattutto se piccoli. Roba anche di venti giorni di ritardo dopo aver contrattato pagamenti a 90 o 120, quando non si inventano fantasiose contestazioni per spostare ancora il pagamento. Inutile dire che spesso gli stranieri rimangono stupiti di questo andazzo, tanto che a volte richiedono pagamento anticipato…
Qui abbiamo fatto dell’illegalità lo status normale delle cose. C’è di che preoccuparsi…
Beh, ma se già ai vertici del livello politico, per rifare addirittura la legge elettorale si ritrovano un pregiudicato e un condannato in primo grado, come possiamo poi pretendere che nella società in generale regnino l’onestà e la giustizia (o anche solo il senso del decoro, va’), e come possiamo stupirci che negli altri Paesi le cose funzionino diversamente?
Nei Paesi civili, “Ci sono un pregiudicato e un condannato in primo grado che si ritrovano per decidere la nuova legge elettorale. Il pregiudicato dice…” sarebbe solo l’inizio di una barzelletta. Sporca. Sconcia ai limiti dell’irriferibile. Qui, invece, è l’attualità. La società, con i suoi pagamenti ritardati – o saltati del tutto – non fa che rispecchiare, nel suo piccolo, queste cose qua. E, al contempo, le rafforza, in un circolo vizioso di feedback.
E scusate lo sfogo politico in parte OT, ma innescato dalle considerazioni sul senso della giustizia in Italia e negli altri Paesi…
Beh, aggiungiamoci allora l’opposizione che incita allo stupro e al linciaggio, o al rogo dei libri, così il quadro è davvero completo.
Completo e agghiacciante.
Del resto l’onda lunga di merda monta da anni. Adesso è arrivato lo tsunami.
E’ l’effetto del circolo vizioso a cui accennavo: ormai, anche l’opposizione a questa barbarie non riesce più – temo strutturalmente – ad assumere forme che non siano a loro volta altrettanto barbare. La barbarie imbarbarisce.
Prepariamo un buon ombrello, va’…
Un ombrello molto grande, sì.
Per fortuna ci sono anche i modi per tutelarsi, magari cedendo il credito alla banca che ci salda la fattura e poi se la vede con il cliente… è un rapporto win-win e dal mese dopo vedrete che sarete pagati puntualmente/con due giorni di anticipo 🙂
Se potete comunque lavorate con l’estero.
Ah, sicuramente!
Esperienza personale: un’azienda per cui lavoravo è quasi fallita perché il cliente (pubblica amministrazione, il cliente più grande che aveva) dopo 2 anni ancora non aveva pagato un lavoro (parliamo di circa 1 milione di euro) che era stato fatturato e sul quale erano state pagate le tasse, i dipendenti, etc.
Purtroppo quello dei pagamenti a babbo morto è il più grande problema dell’Italia in questo momento.
Ed è anche una grande vergogna, oltre che un deterrente per investimenti da parte di soggetti esteri.
Cose del genere le ho vissute sulla mia pelle, addirittura spesso è lo stesso Stato italiano che non paga le aziende che fanno contratti con lui, aggiungi il fatto che nel nostro paese pensiamo sempre di essere più furbi degli altri ed il quadro sarà completo.
Peccato che così ogni volta ci facciamo figuracce barbine a livello internazionale con questi atteggiamenti.
Credo che su questa faccenda la misura sia colma. È uno dei motivi principali che mi spinge seriamente a valutare l’eventualità di lavorare unicamente con soggetti non italiani.
Chiediamoci poi perché il Paese va allo sfascio… null’altro da aggiungere.
L’intero meccanismo è inceppato, sarà dura sbloccarlo.