Canta, o dea, l’ira di Achille figlio di Peleo,
rovinosa, che mali infiniti provocò agli Achei
e molte anime forti di eroi sprofondò nell’Ade,
e i loro corpi fece preda dei cani
e di tutti gli uccelli; si compiva il volere di Zeus,
dal primo istante in cui una lite divise
l’Atride, signore di popoli, ed Achille divino.
Secondo la maggioranza degli studiosi delle opere omeriche Achille venne cremato dopo la morte, avvenuta per mano di Paride, tramite una freccia avvelenata che lo colpì al tallone destro.
Si pensa che le sue ceneri furono riposte nella stessa urna che conteneva quelle di Patroclo e di Antioco, figlio di Nestore.
C’è però una versione alternativa, riguardante il destino dell’eroe dell’Iliade. Nell’Etiopide, scritta da Arctino di Mileto, si racconta che Achille dopo la sua morte venne avvistato come ancora vivente (o forse come resuscitato) sull’Isola dei Serpenti, presso la foce del Danubio.
Tale versione, assai poco nota, trova un inquietante riscontro in un rapporto scritto nel III secolo d.C. da Filostrato, autore al seguito dell’imperatrice Giulia Domna (moglie di Settimio Severo).
In un dialogo intitolato Eroico, Filostrato parla di una terra situata non lontano dai Dardanelli, dove nell’antichità aveva sede la città di Ilio (Troia).
In questa terra gli eroi caduti in quella remota ed epica guerra tornerebbero di tanto in tanto a manifestarsi tra i vivi, non tanto come fantasmi, bensì come creature in carne e ossa. Revenant, ma non necessariamente mossi da scopi malvagi. L’acheo Protesilao, per esempio, aiutarebbe di tanto in tanto un vignaiolo del posto a curare i suoi campi.
Ma il racconto di Filostrato prende una piega perturbante quando cita il destino del redivivo Achille, riportato in vita da Poseidone, ma confinato in una piccola isola (Leuce) sul Danubio. In pochi hanno visto l’eroe di ritorno dall’Ade, anche perché egli appare indubbiamente cambiato, dai tempi in cui era il condottiero degli Achei. Qualche pescatore locale si reca da lui in visita (pare che dopo la resurrezione Achille si sia sposato), ma sempre di giorno, perché vige il divieto di fermarsi a Leuce dopo il tramonto.
Alcuni fortunati vengono invitati a restare a pranzo con l’eroe e con sua moglie (taluni sostengono che si tratti addirittura di una rediviva Elena!), eventi durante cui Achille rievoca gli eventi tragici e gloriosi della guerra di Troia.
Un pastore racconta però un episodio particolarmente lugubre a Filostrato.
Un giorno un mercante visitò Leuce, ricevendo l’invito di Achille di unirsi a uno dei suoi convivi. Alla fine del pranzo l’eroe, consapevole dell’avidità dei mercanti, formulò una proposta al suo ospite: rapire una fanciulla troiana e portarla sull’isola, in cambio di oro e ricchezze.
Il mercante gli domandò perché un eroe come lui avesse bisogno di una schiava, tra l’altro prelevata da un paese oramai senza alcuna particolare gloria, quale era diventata Troia dopo la sconfitta, proprio per mano degli achei.
Al che Achille gli spiegò che quella fanciulla era l’ultima discendente di quella che un tempo fu la stirpe regale di Priamo e di Ettore, e che lui desiderava possederla.
Il mercante, convinto che le necessità di Achille fossero di natura prettamente sessuale, accettò la proposta. Raggiunse Troia, scovò la ragazza e la condusse a Leuce, come schiava da vendere all’eroe.
Achille, raggiante, ringraziò l’uomo e lo invitò – con la schiava appresso – a consumare un banchetto nel tempio del suo solitario palazzo. Il convivio fu più sfarzoso del precedente. L’eroe riempì il mercante di denaro e di lodi ma, giunta l’ora del tramonto, gli chiese fermamente di lasciare l’isola con la sua nave e di farlo piuttosto rapidamente.
Il mercante obbedì, ma non con la dovuta sollecitudine. Era appena salito sulla nave, dove lo attendeva il suo equipaggio, quando udì delle urla strazianti provenire dal tempio, costruito sulle rive dell’isola danubiana. Si voltò e fece in tempo a vedere Achille e sua moglie che facevano a pezzi la fanciulla troiana, smembrando il suo corpo con le mani e coi denti.
Non si conoscono altri avvistamenti di Achille, o quantomeno non sono stai riportati in nessuna cronaca o dialogo, tranne l’Eroico di Filostrato.
Qualcuno, come per esempio l’antropologo Tommaso Braccini, lo identifica in una sorta di vampiro ante litteram, anche se mosso non tanto dalla sete di sangue, quanto da quella di vendetta nei confronti della progenie dell’antico nemico…
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mamma mia… povera ragazza!
comunque io conoscevo una versione più edulcorata: elena e achille si erano ritrovati in quell’isola sul danubio dove recita per lei versi d’omero. poi sempre sulle foci del danubio su un’isola chiamata però isola biancaavevano avuto un figlio chiamato euforione (che poi è morto per mano del pervertito nonnetto zeus è un’altra storia)
Wow!
Mi ero persa questa versione del mito. Sto spiegando ai miei alunni l’Iliade e, siccome hanno il gusto dell’horror tipico della loro età, adoreranno questo finale.
Grazie per il post!
Grazie a te per il commento!
Il fatto che il mio post verrà citato in una lezione mi inorgoglisce 🙂
Non conoscevo questa storia
Bellissimo articolo, è bellissima storia!
*e. Il correttore