Così gli algoritmi di Facebook sono cambiati per l’ennesima volta.
Poco mi interessa di chi mi viene mostrato nella timeline del profilo personale, tanto le persone che voglio seguire le vado a cercare io, senza che me lo ricordi uno stupido algoritmo. Però le cose cambiano se parliamo di pagine Facebook.
Le suddette pagine sono parte integrante dei lavori di creativi e artigiani indipendenti (scrittori, grafici, musicisti, modelle etc). Molti di noi le hanno curate e fatte crescere seguendo le dritte degli esperti di social media, vale a dire promuovendole con inserzioni a pagamento e creando contenuti esclusivi da pubblicare sulle pagine stesse.
Io, per esempio, mi sono comportato così con la pagina FB di Plutonia Experiment.
Ora – sorpresa! – ci fanno sapere che siamo stati bravi e cari, ma che la visibilità dei post pubblicati sulle pagine verrà comunque penalizzati dai nuovi algoritmi.
In parole povere: circa il 10% delle persone che seguono le nostre pagine vedranno i post. Se vogliamo allargare questa (misera) utenza non dovremo fare altro che sponsorizzare i post. Ovvero cacciare altra grana.
In questo modo Facebook vuole ridare la priorità ai profili privati, incentivando gli utenti ad allargare le conoscenze, a lasciare like e commenti a persone diverse dalle solite, in modo da allargare la cerchia di iscritti con cui interagire. Immagino che questo darà nuovo slancio anche a chi usa FB per vendere la sua roba, spesso con un sistema porta-a-porta assillante e umiliante.
Peccato che questo intento vado contro ciò che Facebook ci ha raccontato per anni, ovvero che i profili privati (o personali, chiamateli come vi pare) non devono essere utilizzati per promuovere attività commerciali.
Lo sapete, vero, che in teoria sarebbe proibito perfino vendere un ebook tramite il vostro profilo privato? Per questo ci sono le pagine – così ci ripetevano insistentemente da casa Zuckerberg.
E ora – puff! – o paghi di più o la tua bella pagina, fatta crescere a suon di quattrini, non servirà a una mazza.
Per questo e per altri motivi Facebook mi sembra sempre più simile al Cubo, la struttura da incubo raccontata dal film di Vincenzo Natali.
Il Cubo ha le sue regole, ma esse sono fluide, misteriose e tu non puoi fare altro che accettarle, oppure perire. Se vuoi sopravvivere nel Cubo devi essere pronto a tutto, anche a sacrificare tutto quello che hai costruito in precedenza, fino al momento in cui ti trovi davanti a una trappola nuova e contraria a tutto ciò che pensi di aver già appreso per sopravvivere.
La cosa bizzarra è che distaccarsi – lavorativamente parlando – da Facebook pare impossibile.
A livello personale è più facile: puoi decidere se “esistere” su questo coso blu, oppure se utilizzarne altri (Instagram e Snapchat vanno per la maggiore), o anche di non usarne nessuno.
Ma se tu hai un’attività devi essere/esistere in qualche modo su Facebook, perché chiunque – ma proprio chiunque – verrà a cercarti prima lì che su Google.
Dunque che fare?
Non so se esiste una ricetta universale. Vi racconto dunque la mia.
Come sapete, da tempo sto potenziando l’utilizzo del mio canale Telegram, spostando lì tutte le iniziative promozionali legate alla mia scrittura, e altri contenuti esclusivi (quindi, se vi va, iscrivetevi, che è gratis e divertente).
Seconda cosa, ho deciso di mantenere in vita questo blog, anche se proprio Facebook sembra aver ammazzato la blogosfera. Poco importa: questa è casa mia, posso gestirne i ritmi, gli argomenti, i contenuti. Come vedete pubblico meno di frequente, ma ciò che scrivo su Plutonia resta nel tempo, a differenza dei post su Facebook, che sono fin troppo effimeri.
Che io pubblichi un articolo a settimana, o due, o tre, poco importa: scrivere per un blog è un’abitudine che a mio parere non deve andare perduta.
Terza e ultima cosa, tengo vivi profili meramente “visivi”, che sono meno interattivi di Facebook, ma perfetti per pubblicare suggestioni, hype, momenti di vita reale e sfiziosità varie. Parlo soprattutto di Instagram e Pinterest, ma ci sono altre alternative.
Secondo me verrà presto il giorno in cui autori, musicisti etc dovranno uscire dal Cubo, per sopravvivere.
Piattaforme come Patreon, Telegram o le immortali mailing list personalizzate rappresentano i territori del futuro, per pubblicare contenuti pensati per chi ha interessi specifici in determinate materie. Il che va contro la filosofia di Facebook, che si propone di “sparare nel mucchio”, in un pubblico smisurato che non ha voglia di spendere soldi online, preferendo i post del buongiornissimo kaffè, le fake news e i condividi se 6 indignato.
Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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Pagina autore: amazon.com/author/alessandrogirola
è già stato fatto più volte, a cominciare dal 2010 circa, quando gli sviluppatori come me che spingevano FB (a quel tempo abbiamo fatto la differenza sulla diffusione rispetto ai competitor) perchè ti permetteva di pubblicare sui profili degli utenti le schede delle tue app dandoti visibilità, sono stati messi a parte, da un certo punto in poi le app sono di fatto sparite.
E’ la storia di FB, ci investi sopra, ci credi, e poi ti molla per strada. Suo diritto, nostra stupida illusione affidarci e fidarci.