La grossa crisi del Fantastico

Settimana scorsa sono usciti, grazie alla consueta sincronicità, diversi articoli e post con un comune denominatore: la presa di coscienza della crisi della narrativa del Fantastico, in Italia.
Perché, se è vero che nel nostro paese è la lettura a tutto tondo a vivere un momento lungo e profondo di difficoltà, la letteratura dei generi horror, fantasy e fantascienza è oramai diventata una passione per pochi eletti, un’attività da carbonari.

Ma come, su Facebook i miei amici scrittori si vantano di mirabolanti successi, di migliaia di copie vendute!

Mentono. Oppure – ipotesi altrettanto plausibile – si accontentano dei piccoli numeri che consentono ad alcuni di loro di ottenere dei guadagni dignitosi, sebbene non lontanamente paragonabili a uno stipendio.
Ecco, già affermare che i numeri generati dall’editoria del fantastico sono piccoli è un’ammissione che libererà le nostri menti, per affrontare poi il problema senza ipocrisie.

Il problema, in tredici anni di blogging, l’ho affrontato decine di volte. Agli italiani non piace il fantastico, gli italiani non leggono, etc etc. Quante volte ci siamo ripetuti queste cose? Purtroppo, anno dopo anno, la situazione non è mai migliorata. Ora tutto sembra in un’ulteriore fase di peggioramento, se si eccettua (forse) la letteratura young adult dedicata al fantastico. Guardando invece al ramo “adulto” di questo macro-genere, ci si imbatte in case editrici specializzate che chiudono, in blog che cessano l’attività, in scrittori indie che tradiscono una crescente stanchezza.

Parlandone più volte coi colleghi, si possono identificare i principali motivi di questo decadimento apparentemente irreversibile:

  • La lettura, in senso generale, è un affare per pochi. Bisogna ammetterlo, perché non farlo vuol dire fingersi scemi. Leggere è un’attività che perde ogni anno un po’ di appassionati, in tutto il mondo. La modernità ha accelerato l’attività dei nostri cervelli (non necessariamente migliorandola). Siamo abituati a leggere solo i titoli degli articoli, a comunicare con tweet, status, emoticon e con brevi messaggi WhatsApp. Siamo abitati a trascorrere ore davanti a Sky, ad Amazon Prime Video, a Netflix. Leggere è invece un’attività che comprende un’attività cerebrale più intensa, e molte persone si stanno disabituando a metterla in moto.
  • Il fantastico scritto non interessa agli italiani. Scendendo di diversi gradini, torniamo a un concetto vecchio come i miei stessi blog. Fantasy, fantascienza e horror interessano a una discreta fetta di nostri connazionali, ma solo se sono veicolati da media diversi dalla parola scritta. Questo è il motivo per cui i film Marvel, i film horror, i videogiochi con elementi fantastici e le serie TV dei già citati generi hanno ottimi riscontri di pubblico, mentre libri e fumetti no. Il discorso si ricollega al punto precedente, e non sto nemmeno a spiegarvi come. Nel campo del fantastico però la disaffezione per la parola scritta è ancora più marcata. Trattandosi di generi che necessitano un notevole sforzo di immaginazione, essi richiedono delle menti capaci di “creare” delle immagini mentali di ciò che stiamo leggendo. Perché farlo, quando in un film tutto ci viene già fornito come un prodotto finito?
  • Non c’è nessun valido lavoro di critica e di educazione al fantastico. Esistono molte webzine, alcune validissime, che fanno un discreto lavoro di acculturamento sui tre generi plurimamente citati in questo post. Esse sono però piccole, senza finanziamenti, di nicchia. E di nicchia rimarranno. Le webzine più grandi sono invece house organ delle grandi casi editrici, quindi fanno soprattutto pubblicità ai prodotti di scuderia. Perciò va da sé che ogni pretesa di critica (intesa come analisi soggettiva) va a farsi benedire fin da principio. E le realtà nazionali, come per esempio i quotidiani e le riviste da edicola? Semplice: non trattano in alcun modo la letteratura del fantastico. Al massimo commentano la moda del momento, che sia Harry Potter o Game of Thrones.
  • Il livello del materiale proposto è scarso. Questa è la tesi di un mio collega, che io sposo solo in parte. Secondo lui, se si abituata il pubblico a leggere cose pessime, lo si spingerà presto a non leggere del tutto, oppure a leggere solo schifezze. Secondo me il problema si pone solo in parte, proprio perché pongo il guaio molto più a monte, ovvero nel disamore preventivo verso la letteratura del fantastico (vedi i punti 1 e 2). Vero è – e qui vengo incontro al mio collega – che testi particolarmente brutti non faranno mai scattare quell’improvviso amore che può legare per sempre una persona ai libri.

C’è ritorno da questo panorama depressivo?
Non lo so.
La diffusione degli ebook ha contenuto in parte l’estinzione dei lettori. Lo ha fatto con buona pace di quelli che “no, gli ebook non sono veri libri, vuoi mettere la carta, la colla, gli acari dei papiri” etc etc. Gli ebook sono il più potente strumento a disposizione dei lettori forti per poter esplorare nuovi territori, anche se spesso devono farlo senza bussola (vedi il punto 3).

Per contro la distribuzione nelle librerie, che da sempre rappresenta il cuore delle fortune e delle sfortune dell’editoria tradizionale, va decisamente contro l’affermarsi delle piccole case editrici specializzate nel fantastico. Non c’è richiesta, quindi la distribuzione predilige altri generi. Non trattandosi di un ente di beneficenza è perfino giusto che sia così.

Si potrebbe sperare in un ricambio generazionale.
Molti giovanissimi sono avidi lettori del cosiddetto young adult: fantasy, fantascienza e (in parte minore) horror per ragazzini. Vanno forte il distopico, le streghe, i vampiri (in calo), le scuole di magia in stile Harry Potter, il fantasy romantico.
Quanti di questi giovanissimi si riconvertiranno in lettori adulti del fantastico?
Qualcuno. Non moltissimi, ma qualcuno sì.
Forse dovremmo ripartire da loro. Convincerli a mantenere questa loro passione, e di parlarne agli amici.
Compito difficilissimo, me ne rendo conto.


Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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6 commenti

  1. Sai che concordo su tutta la linea. Forse diamo un peso diverso a diversi fattori, ma il quadro generale è questo.
    E non è piacevole.
    E chi sostiene che speronando l’iceberg ora sul Titanic c’è più ghiaccio per i cocktail è in malafede, ed ha l’acqua alla caviglia.

    1. Chi minimizza la questione, secondo me, non ha realmente bisogno di guadagnare attraverso la scrittura, quindi può bearsi di avere 50 o 100 lettori. Si tratta di una versione un po’ allargata del ricevere like per uno status su Facebook.

  2. Quello di cui mi sono resa conto è che c’è un certo “snobismo” nei confronti degli autori italiani: c’è la concezione che, dato che qualcuno qualche anno fa ha pubblicato (e pubblicizzato) libri di ben poca qualità, gonfiando le vendite, allora tutti gli autori italiani di fantascienza valgono poco. Cosa che non è affatto vera!
    Bisognerebbe chiedere (e chiedersi) come mai si tenda a preferire gli autori stranieri, in maggior parte statunitensi, rispetto ad un autore italiano altrettanto valido.
    E sì, gli ebook hanno dato un po’ di ossigeno all’ambiente, avvicinando alla lettura anche chi, magari per questione di tempo o di costo, non comprava spesso libri.

    1. Purtroppo il pessimo lavoro fatto da qualcuno, asserendo che gli italiani non sanno scrivere fantasy e fantascienza, ha danneggiato notevolmente il settore, che ora viene visto con estremo pregiudizio.
      Se è pur vero che molti italiani non sanno assolutamente scrivere, direi che esistono molte eccezioni. Ma oramai c’è molta prevenzione nei nostri confronti.

  3. C’è molto da dire sull’indifferenza del pubblico italiano per il Fantasy e la Fantascienza. Riguardo quest’ultima in realtà il discorso è più semplice, in Italia non abbiamo mai avuto una tradizione fantascientifica perché, semplicemente, non ci sono mai state le condizioni storiche e sociali. La fantascienza nasce e si sviluppa nei paesi che per primi sono stati protagonisti della rivoluzione industriale, dove la società veniva costretta ad un’evoluzione repentina e spesso persino brutale, cheportava tutta una serie di disagi psicologici ed esistenziali nella popolazione nativa. Non è un caso che l’ultimo paese ad aver sviluppato una tradizione fantascientifica sia stato il Giappone, che alla fine della Seconda Guerra Mondiale attraverò un violentissimo periodo di modernizzazione, a causa del quale si creò nella popolazione nipponica un vasto e diffuso sentimento di alienazione per il mondo che si stava delineando, così dissimile da quello cui erano abituati (consiglio la visione di “Viaggio a Tokyo” di Yasujirō Ozu per rendersi conto di ciò che avvenne in quegli anni). Da noi invece l’industrializzazione arrivò molto più tardi e quasi “di rimbalzo”, mentre la scienza e la tecnologia non sono mai state percepite come delle priorità (a tutt’oggi nessun governo pensa che investire nella ricerca e nell’innovazione possa aiutare il paese ad uscire dalla crisi, anche perché sono gli stessi italiani a non richiederlo). Sia chiaro, anche noi abbiamo avuto la nostra buona parte di geni in ambito scientifico e da Fermi a Margherita Hack, passando per Majorana e Rita Levi Montalcini, ci siamo comunque ricavati una piccola nicchia nella storia della ricerca scientfica moderna. Alla fine dei conti però non siamo stati noi ad ideare il progetto Manhattan, non siamo stati noi ad organizzare lo “Sputnik”, né a mandare il primo uomo sulla luna. Non si è mai creata una cultura “popolare” della ricerca scientifica,come invece avvenne in Inghilterra e in Francia nel XIX secolo e in America e in Giappone nel XX. E d’altronde ancora oggi dobbiamo rassegnarci al fatto che le grandi sfide della modernità (che si tratti di transumanesimo, inteligenza artificiale o fonti di energia alternative) non vengono di certo affrontate in Italia. Quindi, come si può pretendere che nasca una tradizione letteraria fantascientifica in un paese che da sempre è privo di una vera cultura scientifica? Noi importiamo la tecnologia dall’estero, non la produciamo, di conseguenza la nostra società non avverte il bisogno di raccontarsi tramite un genere come la fantascienza.

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