Un paese spaventato dal futuro

camera-delle-corporazioni

I tassisti che fanno la rivoluzione contro Uber.
Le amministrazioni locali che fanno cartello contro Flixbus, avvicinando così l’Italia a essere l’unico paese dell’europa centro-occidentale a non poter usufruire di questo servizio di autobus low cost.
Un personaggio legato a una grande casa editrice italiana che costringe un piccolo autore indie a sospendere le traduzioni delle opere di un autore, Clark Ashton Smith, i cui diritti di copyright non appartengono a nessuno.
Tre episodi – uno di rilevanza nazionale, il secondo passato più in sordina e il terzo riservato al solo settore editoriale – che fanno da termometro allo stato di questo Paese.
Un Paese terrorizzato dalle sfide del presente e dalla prospettive del futuro.
Che, per non sforzarsi a trovare soluzioni intelligenti, decide di rifiutarlo a priori, questo fastidioso futuro.

Ricordo che, nei primi anni ’90, quando iniziai a votare, venni preso da una grande passione per la politica. Mi sorbivo tribune elettorali e talk show di approfondimento. Erano gli albori della cosiddetta Seconda Repubblica.
Allora non ci capivo ancora molto, ma ero già abbastanza sveglio per farmi delle grasse risate quando sentivo i rappresentati dei minuscoli partiti di estrema destra che proponevano la restaurazioni della Camera delle Corporazioni.

Ebbene, poco più di vent’anni più tardi, pare che questa mentalità si sia diffuso a prescindere da progetti politici e appartenenze di partito. Quasi come se si trattasse di qualcosa che è entrato nel DNA degli italiani, specialmente di quelli tra i 45 e i 60 anni, che si sentono minacciati da tutte le innovazioni tecnologiche applicabili all’economia quotidiana.
E così le innovazioni tranquillamente accettate nei paesi più civili, da noi vengono discusse, combattute, o comunque comprese con una lentezza esasperante.
Basti pensare che il commercio online al dettaglio ha avuto una crescita solo in questi ultimi 2-3 anni, mentre prima l’italiano medio temeva a utilizzare la carta di credito su Internet, come se si trattasse di uno strano rituale magico in cui troppe cose potevano andare male.

Ovviamente c’è una vasta fascia di nostri connazionali che questa ritrosia la coltivano per interessi esclusivamente personali.
I commercianti al dettaglio si sentono in guerra con Amazon, eBay (etc). I tassisti e le compagnie di autobus vedono il nemico in realtà quali Uber e Flixbus.
E quando si ha una percezione conflittuale della realtà, la guerra spesso scoppia davvero.

Robert DeNiro in Taxi Driver --- Image by © Steve Schapiro/Corbis
Robert DeNiro in Taxi Driver — Image by © Steve Schapiro/Corbis

Non sto dicendo che il progresso sia tutto rose e fiori.
Effettivamente diverse categorie di lavoratori rischiano di sparire nel giro di 5-10 anni.
Avete presente gli operatori turistici? Che destino credete che attenda le piccole agenzie, che fino a qualche anno fa utilizzavate per prenotare le vostre vacanze?
Non so voi, ma io da tempo immemore organizzo e pago ogni viaggio esclusivamente online. Risparmio così fino al 50% di quanto spenderei nell’agenzia dove mi recavo fino al 2007-2008 (indicativamente).
Spiace se molta gente perderà il lavoro, ma questa è una costante dello sviluppo economico di ogni epoca.
Per dire: da quanto tempo non vedete in giro un addetto alla caldaia a carbone di un treno a vapore?
Ecco.

C’è poi la questione dei consumatori, che non sono fessi.
In periodo di lenta recessione economica, una persona normale tende a risparmiare. Se può – per dire – evitare di pagare 70 euro una tratta che va dall’aeroporto al centro città, lo fa. Se Uber, o un servizio simile, ti offre un’alternativa a prezzo dimezzato, rimanendo in perfetta legalità, il consumatore sceglierà sempre più spesso questa opzione.
Il resto sono chiacchiere da bar.

Tuttavia il futuro dovrebbe essere affrontato con ottimismo, magari preparandosi a coglierne le opportunità, più che a combatterlo.
Nuove realtà creano nuovi posti di lavoro. Anzi, spesso si tratta di vere e proprie microrealtà.
Altrove – in USA, UK, Australia, Francia etc – si leggono da anni storie di persone che hanno creato le loro piccole start-up, sfruttando proprio i mercati emergenti, le nuove esigenze dei consumatori.
Qui da noi tutto ciò appare totalmente utopico.
Buona parte delle colpe, va detto, è da imputare a una burocrazia lenta, farraginosa, vecchia e (soprattutto) appesantita da un peso fiscale enorme. Questo per rispondere a chi attacca le nuove realtà (Uber etc) proprio dal punto di vista delle tasse, accusandole di pagare le imposte all’estero.
Io la trovo una scelta logica: quale imprenditore sano di mente, avendo un’alternativa più vantaggiosa, pagherebbe le tasse in Italia?
Tra l’altro è un problema che colpisce anche i settori della cultura e dell’intrattenimento, tanto per restare su tematiche affini a questo blog.

Perché credete che il calcio italiano, per anni ai vertici mondiali in quanto a vittorie di club, sia da tempo in una specie di limbo grigio e anonimo?
Tassazione alta, incapacità di attirare investitori esteri (l’impossibilità di costruire uno stadio a Roma è emblematica), scarsa predisposizione a lavorare su mercati internazionali (il problema della lingua non è secondario, purtroppo).

Vogliamo restare nel piccolo? Vogliamo parlare di ebook?
Da quando mi occupo di editoria digitale non vedo altro che grandi case editrici italiane propense a fare cartello per azzoppare gli ebook. Il primo metodo scelto – la prima strategia – è stata quella di imporre dei prezzi altissimi agli ebook stessi, in controtendenza col resto del mondo occidentale. Se devo scegliere tra un ebook Mondadori a 12 euro e la versione cartacea a 16, opterò per la seconda. Ma è chiaro che si tratta di una strategia commerciale insana.
Ora le case editrici sono passati alla fase 2, ovvero a imporre un damnatio memoriae a tutti gli autori indie, di cui nessuna rivista o webzine di settore parla mai. Non è un gran mistero che queste realtà, webzine e compagnia bella, siano proprio di proprietà di pochi, grandi editori.
Questo ostracismo avviene perché gli autori indie stanno rosicchiando una fetta sempre più grande di mercato, attirando soprattutto quei “lettori forti” delusi dall’editoria tradizionale.

Piccole e grandi guerre contro il futuro.
Il risultato ottenuto finora è un clima di tensione sociale e di assoluta sfiducia nei confronti di un Paese il cui nemico, ora più che mai, è soprattutto interno.

bruciare-libri


(Articolo di Alex Girola – Seguimi su Twitter)

Segui la pagina Facebook di Plutonia Experiment

Segui il canale Telegram di Plutonia

10 commenti

  1. la sensazione, sgradevolissima, è che si è avuto la conferma che in Italia basta alzare la voce, berciare slogan e agitare il pugno contro i politici per far ritornare al mittente la bozza delle riforme. Ora non che voglia uno stato autoritario, ma che almeno abbia l’autorevolezza e serietà per prendere e imporre decisioni per il bene comune.
    il segnale che passa è che basta usare un po’ di violenza e dar spazio ai più esagitati, per mantenere il proprio status

  2. sottoscrivo ogni parola. Siamo un paese che ha il terrore del futuro, non capisce il presente e si è già dimenticato del passato, di cui ricorda solo il minimo che serve per alimentare ingiustificate nostalgie.

  3. Sono d’accordo con te e aggiungo che a volte mi dico, con amarezza, che basterebbe un po’ più di serietà da parte di questa classe politica per accompagnare in modo meno traumatico alcuni cambiamenti ormai inevitabili. Poi mi ricordo di chi sto parlando. Questi qua non si pongono neppure il problema della banda larga, dell’informatizzazione di base della popolazione italiana (ancora insufficiente) per non parlare del problema degli investimenti su ricerca e innovazione. Sperare che posseggano una visione d’insieme è chiedere troppo.

  4. Quello che a me terrorizza, e non lo scrivo per fare effetto, è l’incapacità della classe dirigente di capire le novità. Nel senso di afferrarne i concetti base. L’esempio di Uber è da copertina; l’azienda arriva in Italia, mette in linea la propria piattaforma e comincia a lavorare. Tutto nell’ambito di una normativa che ha dei buchi dove potrebbe passare un TIR in controsterzo. La risposta? Emendamenti ridicoli per forma e concezione, provvedimenti contradditori e una serie di balle raccontate sui media. La magistratura civile e penale è stata tirata in ballo, nella speranza che a forza di sentenze si potesse arrivare a qualche norma all’italiana, salvo sostanzialmente riconoscere a Uber la possibilità di lavorare. L’Agenzia delle Entrate? Non pervenuta. Il Ministero dell’Interno? Citofonare a RAI3 per una puntata speciale di “Chi l’ha visto”.
    Il problema non è Uber. Non risiede neppure nella fiscalità incerta in cui si muove. Il problema è dato da un settore mal regolato e pessimamente gestito, dove chi ha acquisito a caro prezzo una licenza (e già qui si dovrebbe aprire una discussione) o chi fa parte di una cooperativa che ha in appalto servizi del genere (altra parentesi da aprire, ma lasciamo stare) si ribella a un operatore che gli fa una concorrenza definita sleale. Come faccia ad essere sleale una concorrenza che allo stesso è ammessa sul mercato, non è dato sapere. In compenso, i tassisti hanno appena fatto scioperi violando tutte le norme del settore. Quindi si vuole essere protetti dalla legge e si viola la legge allo stesso tempo. Nel frattempo, durante quegli scioperi, l’utenza più evoluta faceva fare affari ad Uber.

  5. Per non ripetere lo stesso commento più volte, vi ringrazio tutti quanti in una sola volta.
    Ho le vostre stesse perplessità, sia sulla cecità del nostro governo in merito alla regolamentazione di un futuro che è oramai presente, che riguardo al modo folle in cui l’attuale esecutivo ha ceduto alle istanze violente dei tassisti (e relativi infiltrati).
    Ma questa è solo la punta dell’iceberg, ovviamente.
    Qui ogni nuovo fenomeno economico viene visto come minaccia dello status quo. Ovviamente non si va molto lontano, ragionando così.

  6. Ciao Alex, sono un lurker di lungo corso sul tuo blog e seguo con vivo interesse il tuo lavoro. Di solito sono molto schivo ed evito di esprimere la mia opinione ma questa volta ritengo necessario dire la mia. Premetto che non ho alcun intento polemico o denigratorio ed il mio intervento è dettato solo dal mio amore per la verità. Mi scuso in anticipo se il mio commento risulterà prolisso e petulante ma non posso accettare che nel 2017 si forniscano informazioni false quando basta una rapida ricerca sul Web per smentirle, nonostante questo sia un blog e non una testata giornalistica. Io ti stimo come scrittore e penso che i tuoi lettori si meritano di conoscere i fatti reali della vicenda di Davide. Avverto eventuali lettori che da qui in poi seguirà un vero e proprio muro di testo, quindi deboli di cuore e impazienti cronici astenevi per cortesia.

    Anche se sono passate tre settimane, sulla blogosfera nessuno si è preso il tempo di verificare le affermazioni di Davide o le tue, tipico comportamento da italiani menefreghisti. Io sono un disoccupato cronico, appassionato della ltteratura di genere ed ho acquisito una discreta conoscenza nell’ambito del copyright (ho intrattenuto una proficua corrispondenza con la biblioteca digitale Hathitrust per sbloccare volumi di pubblico dominio). La segnalazione a carico di Davide è basata su una palese violazione del diritto d’autore. Le traduzioni sono state sospese da Davide per evitare problemi legali e perché ritiene più redditizio e conveniente scrivere qualcosa di suo piuttosto che adattare il lavoro altrui. Le opere di Clark Ashton Smith appartengono al suo figliastro, ancora vivente, e ad una nota casa editrice statunitense, celebre per le edizioni dedicate a H. P. Lovecraft. L’ignota casa editrice italiana, che ha fatto la segnalazione, ha agito con buonsenso e l’account Kindle di Davide è stato bloccato solo per qualche ora. Data la gravità della violazione, deve ritenersi fortunato. Una casa editrice americana in una situazione simile avrebbe contattato senza indugio i suoi consulenti legali con conseguenze nefaste per il povero autore indie. Comunque basta leggere per bene i post di Davide degli ultimi due mesi per rendersi conto che era consapevole della pericolosità della sua iniziativa.

    Il 14 gennaio scrive: “la cosa interessante, ora, è che gran parte dell’opera di Smith è di dominio pubblico – e se ne può trovare la quasi totalità, in originale, sull’archivio The Eldritch Dark.” “La storia (La bestia di Averoigne) vide finalmente la luce nel maggio del 1933” “le due versioni… le ho tradotte entrambe, ci ho messo assieme le due sinossi originali di Smith… e una copertina che riproduce l’originale illustrazione di Weird Tales.” “Mio fratello mi aveva proposto l’idea di offrire un abbonamento – una cifra fissa per cinquanta racconti tradotti” “una volta tradotta una decina di titoli si possono fare delle raccolte” “Dopo alcuni momenti al cardiopalma per la questione copyright (incredibile quanto solerti siano i guardiani nazionali dei diritti d’autore, in certi casi, vero ? ”

    Il 25 gennaio scrive: “Il fabbricante di gargoyle, storia ambientata in Averoigne e pubblicata su Weird Tales nell’estate del 1932.” Il 10 febbraio scrive: “L’isola dei torturatori, comparso originariamente sul numero di marzo 1933 di Weird Tales”

    In un’intervista del 13 febbraio sul blog di Fabio Crespi: “- Che metodo stai utilizzando per scegliere le storie di Smith che riproponi ? ” ” Ho cominciato con le storie per le quali ero assolutamente certo che i diritti fossero scaduti, e che quindi fossero di dominio pubblico (la questione del copyright di Smith è abbastanza complicata).”

    Il 14 febbraio scrive: “La Doppia Ombra è un racconto decisamente minore, … di sicuro Clark Ashton Smith se lo autopubblicò nel 1933, insieme a quelli che considerava i suoi racconti migliori.”

    Il 24 febbraio scrive: “I cinque ebook delle mie traduzioni di Clark Ashton Smith sono stati segnalati ad Amazon, da un utente italiano, come in aperta infrazione di copyright. Cosa alquanto curiosa, considerando che i racconti sono dichiaratamente di dominio pubblico e indicati come tali da fonti facilmente accessibili, e le mie traduzioni, essendo un lavoro originale eseguito ex novo, sono di mia proprietà … sono più che ragionevolmente certo di essere nel giusto, ma poiché è sempre possibile una svista, ed essendo io in buona fede, sarei ben felice di sapere dove ho sbagliato, e quali dettagli ho trascurato.” Dai commenti al suo post: “L’ipotesi più probabile – e più ragionevole – è che chi fa la segnalazione sia in possesso di informazioni che io non ho. Sono appunto in attesa di un contatto per sapere dove ho sbagliato. ” “Sono in attesa di notizie dagli eredi di CAS.” “Se di infrazione si tratta, è infrazione indipendentemente dalla piattaforma – e mi risulta infatti che altre traduzioni, non mie, di lavori di CAS siano state segnalate in questi giorni su piattaforme diverse da Amazon. Non è una questione di piattaforma, è palesemente una questione di diritti, e spero di venirne a capo quanto prima – anche solo per sapere perché devo cancellare le mie traduzioni.”
    L’utente Carlo Catozzi, avvocato, suggerisce che è stata applicata la normativa italiana sul diritto d’autore. Davide si giustifica citando la Convenzione di Berna del 1886 e una durata massima dei diritti di 50 anni. Il Catozzi con pazienza spiega che questo trattato stabilisce una durata minima ed i paesi firmatari possono estenderla a piacere (l’Italia nel 1995, come altri membri della UE, ha esteso la durata a 70 anni dopo la morte dell’autore, nel 1998 gli USA hanno fatto la stessa cosa).
    Davide conclude così: “Stando così le cose, non c’è più nulla da dire – posso tranquillamente cancellare i file sapendo, per lo meno, dove ho sbagliato. ” “Come appare evidente dagli ultimi commenti, per un mio fraintendimento della legge si tratta di edizioni illegali, sono illegali tanto su Amazon che altrove. Sto contattando l’assistenza Amazon in questo momento per vedere di cancellarli del tutto dal loro server. ” Risulta evidente che Davide ha deciso consapevolmente di correre un grosso rischio per ottenere un facile guadagno. La solidarietà tra colleghi è comprensibile ma la sua posizione è indifendibile.

    Ora fornirò delle info inconfutabili che potrebbero essere utili a chi volesse tentare un’impresa simile. The Beast of Averoigne, prima versione del 18 giugno 1932, pubblicata postuma su The Eldritch Dark nel 2006, copyright fino al 2077; seconda versione pubblicata nel maggio 1933 su Weird Tales volume 21 numero 5, ristampata in Lost Worlds della Arkham House nel 1944, copyright rinnovato il 25 gennaio 1961 dalla Blanchard Press, ristampa Neville Spearman nel 1971, ristampa Panther nel 1974, copyright fino al 2029 (2040 per Arkham House); logline e outline pubblicate in Strange Shadows – The Uncollected Fiction and Essays of Clark Ashton Smith della Greenwood Press nel 1989, copyright fino al 2085. The Maker of Gargoyles, pubblicato nell’agosto 1932 su Weird Tales volume 20 numero 2, copyright rinnovato il 18 gennaio 1960 dalla Steinberg Press, ristampato in Tales of Science and Sorcery della Arkham House nel 1964, copyright fino al 2028. The Empire of the Necromancers, pubblicato nel settembre 1932 su Weird Tales volume 20 numero 3, ristampato in Lost Worlds della Arkham House nel 1944, copyright rinnovato il 18 gennaio 1960 dalla Steinberg Press, ristampato in Zothique della Ballantine nel 1970, copyright fino al 2028 (2040 per Arkham House); logline e outline pubblicate in Strange Shadows – The Uncollected Fiction and Essays of Clark Ashton Smith della Greenwood Press nel 1989, copyright fino al 2085. The Isle of the Torturers, pubblicato nel marzo 1933 su Weird Tales volume 21 numero 3, ristampato in Lost Worlds della Arkham House nel 1944, copyright rinnovato il 25 gennaio 1961 dalla Blanchard Press, ristampato in Zothique della Ballantine nel 1970, copyright fino al 2029 (2040 per Arkham House). The Double Shadow, pubblicato in The Double Shadow and Other Fantasies della Auburn Journal Press nel 1933, ristampato nel febbraio 1939 su Weird Tales volume 33 numero 2, ristampato in Out of Space and Time della Arkham House nel 1942, ristampato in Poseidonis della Ballantine nel 1973, copyright Arkham House fino al 2038.

    Su The Eldritch Dark la pagina About the ED contiene questa avvertenza: Notes on Copyright: Most of theses items are copyrighted by the various authors, artists and companies where listed with the works when possible. They are used here with permission in most cases but any work will be removed if so requested by those copyright holders. Anything copyrighted prior to 1923 is in the public domain. The author of these pages encourages readers to purchase every piece of in print Clark Ashton Smith you can find. Anything with out an author, artist and company listed is copyrighted to The Eldritch Dark (Boyd Pearson) This includes the sites style and format.Permission has been granted for the non-profit use of Clark Ashton Smith material onThe Eldritch Dark website by – CASiana (the Estate of Clark Ashton Smith) and Arkham House.

    Il 10 novembre 1954 Clark Ashton Smith sposò Carolyn Jones Dorman, madre di tre figli adolescenti; quando morì nel sonno il 14 agosto 1961, la moglie proseguì con la Arkham House la pubblicazione delle sue opere fino al 1978 quando scomparve stroncata da un tumore .Il 14 maggio 1979 il figlio maggiore, il prof.William A. Dorman, docente di giornalismo e scienze politiche alla California State University di Sacramento, California, costituisce la CASiana Literary Enterprises ed assume la carica di direttore. Stipula un’intesa con la Arkham House di Sauk City, Wisconsin, affinché i suoi interessi siano tutelati dal loro agente. Questa casa editrice venne fondata da Donald Wandrei ed August Derleth nel 1939 per ristampare le opere di Lovecraft. Dopo la morte di Derleth il 4 luglio 1971, gli successe la figlia April. Nel 1973 Wandrei intenta causa perché gli viene negata la sua parte di copyright lovecraftiani ed il contenzioso durerà fino al 1986. Nonostante la sua scomparsa l’anno dopo, la sua vittoria porterà le opere di Lovecraft nel pubblico dominio. Nel 1994 Joshua A. Bilmes costituisce la JABberwocky Literary Agency. Il suo talento lo porta molto presto ad acquisire clienti importanti nell’ambito della narrativa fantasy e sci-fi. April Derleth e William Dorman decidono di assumerlo per gestire il patrimonio letterario di CAS. Il 21 marzo 2011 scompare April e la guida della compagnia passa ai figli Danielle Jacobs e Damon Derleth. Gli eredi non sono all’altezza della situazione, dei due editor superstiti, Robert E. Weinberg (proprietario dei copyright di Weird Tales dal 1975 al 2009, poi ceduti alla Viacom) scompare il 25 settembre 2016, George A. Vanderburgh invece decide di dedicarsi a tempo pieno alla sua editrice la Battered Silicon Dispatch Box di Flesherton, Ontario. Al momento la Arkham House risulta dormiente o piuttosto morente. Il magazine Weird Tales venne pubblicato dal marzo 1923 al settembre 1954. Quando la compagnia gerente fallì tutti gli asset vennero comprati ad un’asta giudiziaria dalla Steinberg Press. Quest’ultima cedette parte del suo patrimonio alla Color Printing Corporation il 12 luglio 1956, il resto venne acquistato nel giugno 1959 dalla Blanchard Press. L’anno successivo il famoso editore Leo Margulies ricostitui l’intero patrimonio di Weird Tales ma il mercato non era pronto per il ritorno del magazine. Quattro numeri comparvero tra il 1973 e il 1974, quando le ristampe delle storie di Conan il Barbaro riaccesero l’interesse per il genere pulp, ma non ebbero successo. Scomparso Margulies l’anno successivo, la vedova vendette tutto a Robert Weinberg.

    A proposito della legislazione statunitense sul diritto d’autore, ecco una breve sintesi: Le opere pubblicate prima del 1923 sono di pubblico dominio; tra il 1923 e il 1963 sono libere da diritti quelle col copyright non rinnovato, altrimenti sono protette per 95 anni dalla prima pubblicazione; stessa protezione tra il 1964 e il 1977; dal 1978 in poi il copyright dura 70 anni come in Italia. Per le opere postume create prima del 1978 ma stampate nel periodo 1978-2002 il termine è il 2048 oppure 70 anni dopo la scomparsa dell’autore, con preferenza per la protezione più longeva.

    Per concludere qualche link per conoscere le sventure di altri volenterosi delusi cercando di rendere onore alle opere di Clark Ashton Smith: http://www.jacksonkuhl.com/blog/tag/clark-ashton-smith/ http://www.jacksonkuhl.com/blog/tag/clark-ashton-smith/page/2/ http://grognardia.blogspot.nl/2010/05/clark-ashton-smith-game.html https://www.mobileread.com/forums/showthread.php?t=12172 (leggete tutte e 4 le pagine) Morale della favola: se volete lavorare con la Arkham House dovete essere disposti a fare un investimento considerevole, quindi se non siete un editore con una compagnia alle spalle lasciate perdere.
    Ultimissima nota, io nutro grande ammirazione per chi sceglie di fare lo scrittore e come ogni professione degna di questo nome va rispettata ed onorata come si deve quindi chi non si impegna a seguire le regole necessarie per essere professionale dovrebbe porsi delle domande e trovare delle risposte, ricordandosi che i lettori non sono stupidi.

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.