Secondo il folklore bosniaco il Lampir è un morto che ritorna dalla tomba dopo essere stato posseduto da uno spirito maligno (a dire di alcuni si tratterebbe di un Jinn), tra i sette e i quaranta giorni dopo il decesso.
La forza demoniaca che ridà vita al suo corpo lo spinge fuori dalla tomba, per dare la caccia ai viventi, in cerca di sangue. Le prime vittime del Lampir, come è tipico di molte specie di vampiri, saranno i suoi famigliari.
Di solito viene descritto come una creatura “senza ossa”, il cui corpo si gonfia man mano che si nutre di sangue. Spesso l’aspetto del Lampir è spaventoso, perché una volta uscito dal sepolcro non si preoccupa certo di cambiarsi d’abito o di darsi una ripulita. Così molti di questi vampiri hanno capelli e unghie lunghi, occhi grandi e sporgenti, e vestono i capi indossati durante la sepoltura (oppure dei semplici sudari, che a stento coprono la loro nudità).
Alcuni Lampir – la variante dei cosiddetti Lepir – sono in grado di trasformarsi in farfalle. È grazie a questa forma che abbandonano la tomba.
Col nome Lepir viene infatti identificata una vera farfalla che vive nei Balcani.
Gli altri Lampir possono invece assumere forme di vari animali: gatti, cani, cavalli, pipistrelli, ratti. La loro forma preferita è però quella di capra. Mutandosi in questo animale i vampiri si mischiano con i greggi, avvicinandosi così alle comunità de viventi.
Come già detto, di solito le infestazioni di Lampir iniziano con la persecuzione dei suoi cari. La storia popolare bosniaca è piena di agghiaccianti racconti di ritornanti che, notte dopo notte, assediano le case dei loro famigliari, setacciando il terreno in cerca di un punto debole in cui entrare (presumibilmente proprio grazie al loro potere di senza-ossa).
In altri casi si raccontano aneddoti di Lampir che vagabondano per le vie del villaggio o paese in cui intendono cacciare, infestando pozzi e cibo con la terra delle loro tombe, che sarebbe in grado di trasformare in vampiri chi la mangia.
Difendersi da un Lampir non è semplice. Due dei rimedi più comuni – aglio e biancospino – sono del tutto inutili contro di loro.
I simboli consacrati funzionano solo se in vita il Lampir aveva una forte fede. Bisogna anche tenere conto che, nella natia Bosnia, molti abitanti sono musulmani, non cristiani. Usare quindi una croce per respingere il vampiro sarebbe uno spreco di tempo (magari si potrebbe provare a scacciarlo con un Corano, non ho ho notizie in merito).
Allo stesso modo non è chiaro se l’argento sia in qualche modo efficace contro di loro, così come i paletti. Il fuoco, fortunatamente, è invece in grado di danneggiarli e di ucciderli.
Quello che vi ho presentato è un ritratto fedele della creatura che ho scelto come villain del mio romanzo breve Il Testamento di Gionata Hutter, che ho scoperto essere uno degli ebook più apprezzati dai miei lettori.
Il mio vampiro ha dei tratti in comune con queste creature (non a caso viene identificato proprio come Lampir), ma ne ho interpretato poteri e caratteristiche a seconda delle mie esigenze narrative.
La storia, pur avendo attinenze con la terra natia dei Lampir, è ambientata nel Lodigiano, nel paese immaginario di Orlavia.
Orlavia che avrà un cameo anche in Milano Tsunami, e che probabilmente tornerà anche in futuro a essere al centro degli eventi di un mio nuovo racconto.
Lunga vita al Maestro!

Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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Sembra uno di quei mostri che non vorresti incontrare da nessuna parte
Wurdalak!
L’argomento si avvicina pericolosamente ad uno degli episodi de “I 3 Volti della Paura” del grande Mario Bava…
Pace Profonda nell’Onda che Corre
Sì, sì, le atmosfere (inquietanti) sono quelle.