L’artista si deve schierare?

Questo post nasce dopo aver letto l’articolo di Michele Monina Canne, marchette e niente opposizione: questa ormai è la musica italiana. Condividendolo sulla mia bacheca Facebook ho ricevuto commenti di natura variegata, spesso antitetica. C’è chi non sopporta l’affermazione “L’Arte si deve occupare di cose importanti”, ma anche chi sostiene l’esatto contrario, ovvero che è proprio questo che deve fare l’Arte.
Dove sta la verità, ammesso che esista qualcosa del genere?
Come sapete questo blog supporta da tempo la natura “nobile” dell’intrattenimento puro. Ho sempre trovato stucchevole e furbetta la deriva di parte degli autori italiani del fantastico, che deve forzatamente dare una lettura elevata a ciò che scrive. Questi autori lo fanno perché, se si definissero dei “semplici” autori di horror, di fantascienza o di fantasy, nove italiani su dieci non li prenderebbero sul serio.

Purtroppo questo esercizio di maniera riesce soltanto nell’esaltare l’aspetto posticcio, demagogico e talvolta poco sincero di romanzi e racconti nati in questo modo.
C’è una casa editrice italiana specializzata in fantascienza – per esempio – che sceglie copertine asettiche e sinossi con sfumature sociologiche. Cioè fa di tutto, ma proprio di tutto, per apparire diversa da quello che è. Perché se si presentasse per una CE specializzata nella cosiddetta speculative fiction molti non la prenderebbero in considerazione. O almeno così credono le persone che l’hanno fondata.
Sbagliando, probabilmente.
(No, non vi dirò di quale casa editrice si tratta.)

Intrattenere il lettore con delle storie di fantasia è un obiettivo difficile da raggiungere ma è, come abbiamo già detto, molto nobile.
La mente umana ha bisogno di fantasia, di distrazioni, di mondi immaginari.
Può poi capitare che romanzi, racconti, così come fumetti, film e canzoni contengano anche un “messaggio”, o un doppio livello di lettura/interpretazione.
Personalmente preferisco i prodotti in cui questo messaggio filtra in modo spontaneo, amalgamandosi con l’aspetto puramente d’intrattenimento del prodotto in questione. Forse è più facile realizzare una cosa del genere in un romanzo o in un film, piuttosto che in una canzone, che dura soltanto 4-5 minuti.
Il fatto che l’autore (o il regista) non spiattelli la sua presunta superiorità morale e ideologica in faccia al lettore/spettatore è sempre un punto a suo favore. Meglio, molto meglio, se il suo punto di vista traspare in ciò che racconta.
In tutto questo vorrei però ribadire che anche l’intrattenimento puro ha una sua completa, assoluta dignità.

 

Per contro ciascuno di noi ha una sensibilità, un “credo”, idee su vita, politica, civiltà.
In un momento storico come il nostro, in cui l’ignoranza sta salendo prepotentemente al potere, è sacrosanto che chi ancora crede che si possa realizzare un futuro migliore lo racconti come meglio sa fare.
Per un autore il metodo privilegiato è la scrittura, per un regista il cinema, per un fotografo le foto, per un cantante la musica, e via dicendo.

Al di là dello schieramento a cui apparteniamo – o verso cui proviamo più affinità – penso che il grande nemico sia proprio la già citata ignoranza.
L’ignoranza crassa di chi crede che oscuri burocrati lavorino segretamente per renderci tutti più poveri, che scienziati cattivi parteggino per aborto ed eutanasia allo scopo di annullare la specie umana. L’ignoranza beota di chi pensa che la “Natura” discrimini davvero gli omosessuali. L’ignoranza compiaciuta di chi pretende di occuparsi del “volere del popolo”, magari su materie che non possono essere sottoposte a un referendum su Facebook. Questioni quali la salute, i vaccini, per esempio. L’ignoranza di chi crede – e oramai sono in tanti – che studiare sia una forma di furbizia per chi non ha voglia di lavorare, e che il vero sapere sia quello “della strada”.

L’artista ha l’obbligo morale di schierarsi sempre dalla parte della ragione, se non addirittura del vero.

Per contro il nostro paese vive un momento in cui il tifo politico selvaggio e becero sta monopolizzando e inglobando ogni cosa. Sui social network ogni discussione sta diventando salvinocentrica, e la colpa è di entrambe le parti (lo dico pur essendo uno di quelli che non lesina sarcasmo contro il nostro amato vicepremier).
Mai come ora ogni altra discussione sta perdendo di interesse. L’immaginazione, l’intrattenimento, la creatività hanno sempre meno appeal, agli occhi dell’italiano medio. L’articolo di Monina sembra invece sottolineare il fenomeno opposto, ma in realtà le due cose hanno dei punti di tangenza.
I cantanti non si occupano di politica, attirando a loro un pubblico tendenzialmente molto giovane, che di conseguenza non viene coinvolto in alcun modo in certe discussioni. La musica italiana non fa opposizione, non si schiera. La musica italiana cazzeggia, tra l’altro applicando degli storytelling di livello talmente basso che oggi le canzoni degli 883 sembrano versi di Petrarca.
Per contro il pubblico più adulto tende a politicizzare ogni cosa, ignorando qualunque cosa non si presti a questo giochino semplice.
Lo scenario è quindi spaccato: cresciamo una nuova generazione disinteressata a ciò che sta avvenendo nel Paese (e non è un cambiamento da poco, questa volta), mentre chi ha già più di vent’anni è perso in un limbo in cui tutto è rissa, oppure non conta nulla, senza sfumature d’altro tipo.
È una strada molto pericolosa, lungo la quale ci sono ancora alcune uscite possibili.
Solo che, una dopo l’altra, le stiamo perdendo tutte.


Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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4 commenti

  1. Caro Ale,
    lo spunto è davvero interessante, anche se il tema è di per sé datato.
    Su quale sia il ruolo dell’Artista, e quale debba essere il suo impegno sociale, si dibatte da lungo tempo: una soluzione che metta d’accordo tutti ancora non li si è trovata.
    Scrittori e cantanti, con forme diverse, dovrebbero avere una storia da raccontare. Devono, inoltre, anche preoccuparsi che sia una storia “vendibile”, nel senso di apprezzabile dal pubblico, altrimenti non mangiano. Non mi pare siano moralmente (?) obbligati a schierarsi da nessuna parte, a parlare di politica, o ancor peggio a “stare della parte della ragione, se non addirittura del vero”. Essi possono sostenere un’idea, ma dubito che abbiano trovato la Verità.
    In quest’ottica, l’articolo che hai condiviso lo trovo in qualche modo subdolo, perché è evidente che Monina (già apprezzato blogger del Fatto Quotidiano) non si lamenta mica perché i cantanti non fanno politica tout court. No no, lui si duole che non facciano opposizione, controcultura, ossia in ultima analisi che non propugnino le sue idee. Monina è indignato per via di Salvini: come osano i cantanti non partecipare alla medesima indignazione? Hai visto bravi gli americani contro il Malvagio Trump? Dove sono finiti quei bei cantanti della sinistra antagonista, tipo Guccini?
    Data la premessa, denunciare la mancanza di contenuti – sotto gli occhi di tutti – è solo mettere una foglia di fico al vero punto. Ipotizzo: se un qualsiasi cantante facesse un pezzo pro-populismo, Monina non sarebbe comunque contento (tipo https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12/17/ghetto-geasy-chi-e-il-rapper-albanese-che-inneggia-a-berlusconi/3266476/). Fare politica sì, ma dalla parte giusta. Insomma, più che per il fatto di essere inconsistenti, pare che i cantanti in voga gli stiano sul gozzo perché non hanno i suoi stessi nemici politici. Il che è del tutto legittimo, ma è anche tipico di quella spocchia – diventata ormai anch’essa luogo comune – da “intellettuale de sinistra”, che rispetta la libertà di pensiero a condizione di aver prima spiegato agli altri cosa devono pensare. Mai sfiorato per un istante dall’idea di non avere Ragione. Tanto gli stupidi – gli analfabeti funzionali, come ora va di moda – son sempre gli altri.
    Veniamo a noi.
    Io me li leggo tutti i tuoi racconti e sai cosa? Il loro profilo “educativo” – se proprio ne dobbiamo trovare uno, e in effetti non dobbiamo – non risiede nel fatto che si sia ampiamente capito che non sopporti il M5S (questo da un pezzo e praticamente ormai una bottarella a Grillo la dai in tutti i tuoi lavori) e che Salvini faccia sovente la figura del pusillanime/idiota/opportunista (il cameo in Tomato Moth). Tutto questo è stucchevole e ricorda il Camilleri della “legge Cozzi-Pini”. Il loro valore pedagogico, se mi passi il termine, è che sono scritti bene, in un bell’italiano, contengono idee narrative intelligenti e suggeriscono spunti di riflessione (a tal proposito, suggerisco a chi ancora non l’ha letto di procurarsi Gorgoneion, sono soldi spesi saggiamente). Ciò spinge chi legge a pensare prima di parlare e a formarsi un’idea della realtà che vada oltre gli slogan urlati su social. O, se non altro, ad esprimersi in una lingua comprensibile.
    Estrema sintesi: a me delle tue idee politiche non potrebbe fregare di meno, e comunque non voterò un partito o ne combatterò un altro perché lo dice quello scrittore o quel cantante. E se lo facessi sarei un mentecatto. E se uno scrittore o un cantante si immagina di fare il capopopolo presume un po’ troppo da se stesso: è già un ottimo risultato fare buoni libri/canzoni, ci riescono in pochi.
    Che se poi i rapper e i trapper volessero davvero essere anticonformisti, dovrebbero fare canzoni su quant’è bello leggere. Chissà se Monina apprezzerebbe…

    Ciao

    MV

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