Giusto ieri pubblicavo questo post sul profilo Instagram di Quantum Social, dove mi occupo di comunicazione, creatività, social media coaching etc (se vi va seguitemi anche lì, ok?)
Il discorso è abbastanza chiaro già dalla didascalia del post stesso, ma aggiungiamo qualche elemento alla discussione, vi va?
Io ero uno di quelli che, due mesi fa, si diceva convinto che dalla pandemia molti di noi sarebbero usciti migliori. Ovviamente mi sbagliavo (anche questo l’ho ammesso su Quantum Social… va a finire che diventerà il mio pubblico confessionale).
Siamo da pochi giorni nella fase 2.5 e il livello di egoismo sembra aver superato i numeri del contagio da Covid.
Non faccio riferimento soltanto ai servizi dei media su tizi a caso che si ammucchiano a fare aperitivi. Potrebbero anche essere dei reportage esagerati, con una precisa finalità comunicativa, anche se io credo, assai più pragmaticamente, che la gente sia tornata a fottersene.
Parlo di tutta una serie di piccoli segnali che mi arrivano a cascata.
In parte ribadisco quanto detto nel post che ho incorporato in questo articolo. Vedo una rapidissima mancanza di riconoscenza per chi, per circa 80 giorni, ha tenuto alta la guardia, cercando di rammentare al prossimo la pericolosità del virus e i modi in cui esso si diffonde.
Non parlo necessariamente di infermieri e medici, che hanno fatto un lavoro enorme, bensì di ciascuno di noi. Di chi ha cercato di fare informazione/prevenzione in modo costruttivo, e che ora di sente dire “hai rotto le palle, il pericolo è passato, basta con questo allarmismo inutile.”
Ma i segnali – dicevo – sono molto più piccoli.
Per esempio in questi giorni sto ricevendo pressioni assurde e costanti per svolgere mansioni (di lavoro e di faccende familiari) assolutamente secondarie, ma che improvvisamente sembrano avere un’importanza capitale.
Mansioni che riguardano il contatto prolungato con altre persone, e che per il momento eviterei, non essere affatto prioritarie. Ma, a quanto pare, la mia è solo “sindrome della capanna” (o come cacchio la chiamano). Un alibi semplice con cui additare chiunque non abbia chiuso gli occhi, facendo finta che tutto ciò che abbiamo vissuto di recente sia stato solo un brutto racconto horror.
Ciascuno poi è tornato a occuparsi di cose che davvero ci mancavano durante il lockdown: buttare cartacce per strada (ora anche guanti e mascherine), affollare locali all’ora dell’aperitivo, speculare su ogni genere di merce, fare campagna elettorale da bar, progettare rivalse contro una qualsiasi categoria di nemici immaginari, eccetera eccetera.
Insomma: non è cambiato nulla.
Eppure potrebbe cambiare qualcosa a breve: in peggio.
Vedo molta gente incarognita, magari perché è in cassa integrazione, perché ha i figli o i vecchi tra le palle, ed effettivamente sono cose che ti sconvolgono la vita. Per la cronaca io faccio parte della seconda categoria.
Eppure sono categorie che non si comprendono a vicenda. Chi si lamenta di avere i figli a casa guarda storto chi ha l’ardire di parlare della difficile gestione degli anziani, e viceversa.
Vedo anche che il prezzo della vita sta lievitando, e che presto molti servizi diventeranno elitari. Sì, sì, riapriamo i cinema, i teatri, apriamo le spiagge al 30% delle loro capacità, poi però incazziamoci, perché i costi per accedere a queste opportunità saranno molto salati. Ma poi avrà senso lamentarsi di non poter andare due settimane in riviera romagnola, quando oramai si fa fatica a comprare un pacchetto di guanti usa e getta, visto che tutti ci speculano su? Senza dimenticare di come cambierà il nostro accesso ai controlli di routine medica, ora che i tempi per qualunque visita si sono dilungati.
Avremo maggiori divari e un numero crescente di persone con dei problemi di stress, ansia e di esaurimento nervoso. Le incazzature per giusta causa si confonderanno con quelle di imbecilli che sostengono “battaglie” idiote, come quelle contro l’uso della mascherina (vi assicuro che esiste davvero).
Prevedo una lunga e difficile estate, e questa volta la colpa del virus sarà secondaria.
Poi magari mi sbaglierò. Del resto, come ho già detto, è capitato e capiterà spesso.
Prima di tutto sono felice di leggere un bel articolo lungo qui sul Blog. Quello che mi spaventa molto è che per il nostro comportamento sconsiderato si debba chiudere di nuovo tutto. Vivo in un paesotto nell’interland romano dove ci si conosce molto di più delle grandi metropoli e vedo la situazione di molti amici commercianti.
Un bar che per sbancare il lunario stava aperto 7 giorni su 7 dalle 7.00 alle 23.00 adesso cerca di riprendersi dopo due mesi abbondanti di chiusura forzata.
Io e mia mia moglie siamo della categoria genitori con figlio sclerato a casa e vorremmo poter uscire o mandarlo dai nonni ma NON si può. Non si può perché sfortunatamente non è finita.
Esatto: non è finita, eppure almeno una persona su due si comporta come se già lo fosse. Io non me ne capacito, davvero.